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William Gibson, «il futuro è già avvenuto, ma non è ancora arrivato dappertutto»
Tanto tempo fa scrissi un post intitolato ‘Cose casa’, riferendomi in particolare a William Gibson e al suo libro ‘Guerreros’. Sono passati 10 anni e la penso sempre nello stesso modo, perché Gibson con la sua immaginazione selvaggia ma lucidissima è in grado come allora di attrarmi prima e trascinarmi poi nelle sue storie.
Con Agency, secondo libro della trilogia del Jackpot, il buon William torna decisamente alla fantascienza e lo fa con una storia davvero molto complessa e articolata animata come al solito da molti personaggi e raccontata con un taglio quasi cinematografico.
Il nocciolo della storia riguarda il jackpot, una ‘apocalisse lenta’ che guarda caso inizia con una serie di pandemie [!!] e un misterioso server che ha la capacità di mettere in contatto epoche diverse. ‘Inverso’, il primo libro di questo ciclo di cui Agency è il secondo, vedeva i suoi protagonisti incontrarsi virtualmente in tempi diversi per risolvere situazioni potenzialmente esplosive.
Gibson reinventa i viaggi nel tempo, argomento ormai trito e ritrito, adattandoli a una tecnologia e soprattutto bypassando del tutto i vari paradossi temporali: ciò che accade nell’epoca precedente non ha effetto sull’epoca successiva perché a ogni mutamento provocato dal futuro corrisponde una nuova linea temporale, una nuova ‘frazione’. Un gioco, letteralmente parlando, con cui i ricchi del futuro si baloccano.
Sì: molto complicato, molto Gibson, molto bello.
La sua capacità di fare aderire una narrazione fantascientifica con la realtà che ci circonda nell’attuale è, a volte, terrorizzante: da ‘Neuromante’ in poi ha predetto tante di quelle cose da far venire i brividi.
Pochi scrittori viventi possiedono la stessa aura di cui gode Gibson perché nessun altro come lui ha il potere misterioso di farti percepire la contemporaneità. Non solo perché sa raccontare la complessità del mondo contemporaneo. Ma perché riesce a catturare la contemporaneità degli eventi, il fatto che tutto sembra accadere nello stesso momento. I suoi libri ricreano in forma letteraria lo shock cognitivo in cui siamo costantemente immersi: quel disturbo post-traumatico a cui diamo il nome di presente.
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