Letteratura
Affetto fraterno
Luigi Pirandello, il più grande drammaturgo del novecento, nacque per caso in terra di “Girgenti”. I genitori, Stefano e Caterina-Ricci Gramitto, nell’imminenza della nascita, per sfuggire ad una epidemia di colera che infestava i centri abitati, si erano infatti trasferiti da Porto Empedocle, dove la coppia abitava, nella casetta in contrada Caos, territorio di Agrigento, di proprietà dei Ricci-Gramitto.
Nonostante questo trasferimento, e nonostante la madre appartenesse ad un’antica famiglia agrigentina, la cittadina marinara rimase, però, sempre un riferimento forte nella vita dello scrittore. La sorella dello scrittore aveva sposato il facoltoso commerciante empedoclino ingegnere Alfonso Agrò, e il fratello, professor Innocenzo, ha abitato nella cittadina marinara.
Non è, ancora, un caso che Stefano Pirandello e la sua famiglia, dopo il disastro economico che li coinvolse, trovasse aiuto e rifugio nel palazzo che ancor oggi fa bella mostra di sé nella strada principale di Porto Empedocle proprietà del genero Alfonso Agrò.
Quanto racconto è un fatto reale e, in qualche modo, mi riguarda perché ne è stato protagonista mio suocero Alfonso Tripodi nipote di quell’Alfonso Agrò, di cui si è detto sopra. Vado ai fatti che risalgono alla fine degli anni venti.
In un giorno di primavera inoltrata, uso un incipit poetico che riecheggia quello di una poesia dello scrittore, Pirandello raggiunge in incognito Porto Empedocle e si recava a Palazzo Cappadona dove l’attendeva il commendatore Gerlando Cappadona, l’uomo più facoltoso della cittadina marinara e nonno di mio suocero.
Il commendatore Cappadona che era a conoscenza del suo arrivo lo accolse sulla soglia della prima rampa di scale del palazzo con accanto il nipotino, appunto mio suocero, che gli stringe la mano.
Un breve scambio di saluti, l’abbraccio fraterno fra due vecchi conoscenti, una carezza al bambino e un istante di perplessità che sembra fissare come un fotogramma della scena. Per capire quando accadeva, è necessario però fare un passo indietro.
Come si è detto, a Porto Empedocle continuava ad abitare, il professor Innocenzo Pirandello, persona ammodo ma per nulla succube, come invece lo erano in molti, della personalità del fratello scrittore. Più volte i due avevano litigato anche per questioni di famiglia ed erano già due anni da quando avevano troncato ogni rapporto. Un tempo troppo lungo per non trovare una soluzione.
Il commendatore Cappadona, notoriamente uomo di pace, che conosceva quelle vicende anche perché Innocenzo, suo inquilino, qualche volta incidentalmente gliene aveva fatto cenno, rischiando di farsi dire “si faccia i fatti suoi”, s’impose il compito di intervenire … quella storia, a suo giudizio sconveniente, non poteva continuare. Ed allora, essendo a conoscenza della stima di cui lo scrittore lo onorava, decise di contattarlo per mettere, come si dice, la “buona”.
Quell’iniziativa, al di là delle aspettative, trovò un Pirandello particolarmente disponibile, fatto che lo confortò nel proseguire, nonostante la pregiudiziale di Innocenzo che pretendeva, come condizione imprescindibile per la ripresa dei rapporti, che fosse il fratello a portargli il ramoscello d’ulivo di pace. “Come fu o come non fu”, non ho carte ne documentazione in merito a parte le poche cose che mio suocero ricordava, il grande drammaturgo si acconciò ad accettare la condizione impostagli, confermando che, alla prima occasione che si fosse trovato in Sicilia, avrebbe fatto tappa a Porto Empedocle per abbracciare il fratello.
Quel giorno alla fine arrivò.
Torniamo dunque al fotogramma. Il nostro scrittore adombrato dal dubbio si trovò, dunque, sulle scale davanti al Cappadona. Sicuramente nella sua mente l’orgoglio era tornato a far capolino, tanto da essere tentato di fare marcia indietro. “Per quale ragione, infatti, avrebbe dovuto fare proprio lui il primo passo ?”. Ma il commendatore Cappadona che aveva colto “l’antifona”, non gliene diede il tempo allungò, infatti il braccio e lo spinse su per le scale fino al portone dietro il quale, trepidante, lo aspettava Innocenzo.
Tutto si concluse in pochi attimi, la porta si spalancò e Innocenzo si trovò di fronte il fratello, sottobraccio al commendatore Cappadona che stringeva la mano al nipotino. Una scenetta dolcissima. I due fratelli, messo da parte ogni rancore, si abbracciarono amorevolmente e la storia, come nella migliore tradizione delle antiche favole, si concluse in bellezza.
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