
Letteratura
A. Lattanzi, “Capire il cuore altrui”
«Cosa succede quando ci accorgiamo che la vita non comincerà mai, o che abbiamo perso il momento in cui abbiamo vissuto davvero?». Nella spasmodica ricerca della felicità, tra errori, speranze e delusioni, in Madame Bovary c’è tutta l’umanità.
«La donna è un animale volgare di cui l’uomo ha fatto troppo bello un ideale!»; «le donne hanno sempre bisogno di una causa, di un obiettivo»; «tutto ciò che è veramente alto ed elevato sfugge alle donne»; «c’è vento nella testa delle donne come nel ventre di un contrabbasso».
Frasi del genere sono sufficienti per dimostrare anche ai lettori meno esperti la misoginia di Flaubert ben nota invece critici. Ne parla ampiamente Alessandro Piperno in Aria di famiglia (Mondadori, 2024; per le citazioni precedenti cfr. p.35-36), un romanzo in cui il protagonista – un disilluso docente universitario – viene sottoposto al severo giudizio di una commissione che lo condanna per sessismo, senza voler dare alcun peso al fatto che a scrivere quelle frasi offensive sia stato Flaubert: il docente infatti si è limitato solo a citarle durante una lezione. Una sua ex allieva, pronta a tutto pur di far carriera nel mondo universitario, le ha, però, abilmente strumentalizzate.
«Dunque a questo serviva la commissione a giudicare ex cathedra ciò che Flaubert pensava della vita, delle donne, del sesso, della bellezza? Certo, non era una bella persona. Era un disadattato, un nichilista, un risentito, un uomo del suo tempo: ma era anche un genio, autore di un paio di romanzi immortali, di una manciata di racconti meravigliosi e di un epistolario che per certi versi era bello come la Cappella Sistina. Cosa avrei dovuto fare? Cosa avrebbero fatto loro al mio posto come avrebbero scelto le lettere da leggere e quelle da omettere? Secondo quale logica? Le loro convinzioni politiche? Un astratto senso dell’opportunità?» (p.42).
In questo suo sfogo personale, monologante, il professor Sacerdoti esprime tutto il suo disgusto per l’oscurantismo del mondo accademico.
E proprio a partire dall’accertata misoginia di Flaubert, Antonella Lattanzi scrive Capire il cuore altrui. Emma, Flaubert e altre ossessioni (HarperCollins, 2024), un libro originalissimo nella sua struttura: l’autrice fonde la scrittura soggettiva e privata con quella argomentativa, creando un genere sospeso tra autobiografia e saggistica. Al centro del testo di A. Lattanzi c’è la genialità dello scrittore francese che, paradossalmente, pur odiando le donne, dà vita a una creatura femminile, Emma Bovary, che affronta «la tensione parossistica verso il desiderio assoluto» (p.25) e che coraggiosamente, questo desiderio, lo attraversa, lo vive, lo nutre con le sue letture. Flaubert deride ironicamente, con sottile disprezzo, i romanzi a cui la sua eroina si appassiona, eppure, sottolinea A. Lattanzi, proprio quelle storie di amori e di avventure sono il rifugio e la forza di una ragazza di provincia che vuole un altrove, una chance di felicità, una via di fuga dalla realtà.
Nella lettura come tensione verso la libertà, A. Lattanzi trova un trait d’union con la sua eroina letteraria: «leggo e sono libera di essere felice, di essere chi sono». (p.66). La tesi dell’autrice è che nella lettura non ci sono solo storie, più o meno avvincenti, affascinanti o tragiche, c’è piuttosto la vita che si dispiega in tutte le sue molteplici sfaccettature, e ogni lettore potrà riconoscersi in quel preciso tranche de vie che sente affine alla propria esistenza: «io amo i libri anche per questo. Perché ti rivelano sempre qualcosa di te che non sapevi, o che non avevi le parole per esprimere. Perché leggi e dici: “ecco chi sono io e non lo sapevo”» (p.82).
Attraverso il dichiarato amore per la lettura e per Emma Bovary, la scrittrice dimostra la forza prorompente del desiderio, la rivoluzione del desiderio, a cui Flaubert ha saputo dare voce al di là delle sue stesse convinzioni: la «corsa pazza» di Emma e Lèon in una carrozza a Rouen «racconta, senza mai farlo vedere, il sesso convulso e animalesco che si consuma lì dentro» (p.155). Flaubert «non cita mai esplicitamente qualcosa di scabroso ma grazie al ritmo, grazie alle parole, grazie all’uso sapiente della reticenza, racconta qualcosa di fortemente scabroso» (p.155) e di eversivo: il desiderio di una donna, il desiderio consumato. Sappiamo tutti quale sia stato il destino di pagine così ardite: il passo fu censurato già nella fase della pubblicazione del romanzo a puntate. Non fu sufficiente: Madame Bovary fu poi messo sotto processo.
La grandezza di Flaubert secondo A. Lattanzi sta tutta nell’aver costruito un personaggio femminile completamente proteso verso la libertà, anche se la libertà porta con sé un tragico peso: Emma sceglie di morire con l’arsenico per non scendere a compromessi umilianti, commenta l’autrice. Lasciata sola da tutti e sommersa dai debiti, quando il notaio le propone un accordo disonorevole – cioè di fornirle il denaro, di cui lei ha urgente bisogno, in cambio del suo corpo e dei suoi favori sessuali – Emma mostra tutta la sua dignità: «Vi approfittate spudoratamente della mia disperazione, signore! Sono da compiangere, ma non da vendere. E uscì» (p.156).
Capire il cuore altrui dimostra che Emma Bovary è più che una donna, è l’essere umano come essere desiderante, stretto in un’asfittica contingenza. «Il genere umano non può sopportare troppa realtà», scrive Eliot. Il quesito che A. Lattanzi pone al lettore, e che è sotteso all’intero saggio, è chiaro: «cosa succede quando ci accorgiamo che la vita non comincerà mai, o che abbiamo perso il momento in cui abbiamo vissuto davvero?» (p.82). E nella spasmodica ricerca della felicità, tra errori, speranze e delusioni, in Madame Bovary c’è tutta l’umanità.
La vicenda di Emma Bovary è in fondo la finestra da cui noi guardiamo dentro noi stessi per arrivare a capire che spesso, pur non volendo, siamo noi, con le nostre scelte, i peggiori nemici di noi stessi, per quella insidiosa convinzione – errata, ma persistente – «che gli altri vivano sempre esistenze migliori. O meglio, che gli altri siano migliori di noi. O meglio, che gli altri sappiano come si vive, semplicemente perché sono gli altri» (p.134).
E così, noi, proprio noi, lasciamo – come ha scritto Flaubert della sua Emma – che «la noia, ragno silenzioso», costruisca la sua tela nell’ombra, in ogni angolo del nostro cuore.
Al di là dei giudizi dei critici su Madame Bovary, A. Lattanzi in Capire il cuore altrui dimostra che solo comprendendo a fondo l’altro – nella letteratura come nella vita – è possibile stare al mondo.
Emma, l’adultera, l’amante, l’infedele, la suicida.
Emma, una donna.
Umana, solo umana.
Cfr.: https://laprofonditadellecose.blogspot.com/2025/04/la-donna-e-un-animale-volgare-di-cui.html
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