Letteratura

A. Ernaux, “L’evento”: “guardare le cose fino in fondo”

28 Marzo 2025

“Guardare le cose fino in fondo” si legge in esergo all’Evento del premio Nobel A. Ernaux. È una citazione della scrittrice giapponese Yūko Tsushima e riassume il senso dell’intero romanzo, che ha come tema di fondo il coraggio della protagonista, una giovane studentessa francese, di andare fino in fondo, assumendosi la responsabilità di una decisione difficile: scegliere di abortire in un 1963 in cui per la Francia l’aborto è un crimine, e decidere dunque di affrontare l’odissea della clandestinità, di un’operazione che potrebbe comportare complicazioni settiche per mancanza di igiene e di precauzioni sanitarie. Ma è in gioco soprattutto il coraggio di “guardare fino in fondo” nei meandri della memoria per recuperare le emozioni vissute, fissarle nella scrittura e trovare le parole giuste per raccontare “qualcosa di indicibile e di una certa bellezza” (p.22), per tradurre cioè quel senso di dolore misto a fierezza che si prova “nell’essersi spinti fin dove gli altri non oserebbero mai andare” (p.105): l’aborto e la scrittura, sincera fino alla crudezza, dell’esperienza affrontata.

L’evento infatti è quello traumatico della gioventù, la decisione di abortire sfidando i divieti della legge e in piena solitudine senza supporto né della famiglia, che per mentalità e cultura non avrebbe  mai approvato  l’aborto, né del fidanzato, piuttosto indifferente al dramma che travolge la sua donna. La vicenda viene attentamente ricostruita: il dolore del corpo, gli ostacoli rappresentati dai medici, dai sacerdoti, dal giudizio sociale, dal classismo che divide il mondo tra dominanti che hanno il potere di condannare e dominati, schiacciati dalla cultura del privilegio che isola, emargina, offende e “continua a gerarchizzare il mondo … a separare come a colpi di manganello i medici dagli operai e dalle donne che abortiscono” (p.96). La condizione di “ragazza incinta” prima del matrimonio – alla stregua dell’alcolizzato – è percepita dalla società come emblema della miseria e del fallimento sociale, nota la scrittrice.

E alla donna che abortisce i medici non danno spiegazioni, la donna che abortisce viene persino ingannata: il ginecologo arriva a prescriverle iniezioni antiabortive in modo ingannevole e senza il consenso della paziente che vuole invece tutt’altro. Perciò alla donna che vuole abortire non resta che la clandestinità, alla ricerca di una “fabbricante d’angeli”, una mammana che per soldi sia disposta a inserire una sonda nel ventre, a provocare un travaglio anticipato e l’espulsione forzata del feto.

Per soldi, certo, come per soldi gli scafisti  traghettano i disperati verso l’illusione di una vita migliore. La protagonista, clandestina come loro, si sente simile ai rifugiati in cerca di una nuova possibilità, vittima di una legge cieca da tutti passivamente accettata e trasgredita invece solo da chi in fondo riesce a guardare oltre: le mammane che comunque mettono a disposizione la loro esperienza per attutire la disperazione di donne senza più via d’uscita e rifiutate dagli ospedali. E pur riconoscendo la venalità della “fabbricante d’angeli” che l’ha aiutata a liberarsi del feto, A. Ernaux le attribuisce un merito enorme: “mi ha gettata nel mondo” (p.109). Le ha restituito, cioè, la libertà della scelta, quella di una seconda chance, quella della progettualità con cui è necessario affrontare l’esistenza, e soprattutto l’ha liberata dal giudizio di condanna della madre. Un ruolo determinante è svolto poi da O., l’amica dello studentato. Sebbene cattolica e borghese, offre tuttavia il suo aiuto alla protagonista, astenendosi da giudizi moralisti e ipocriti e dimostrando così che solo nella solidarietà c’è la vera chiave del progresso civile, quando la legge non è all’altezza della dignità umana.

C’è un particolare che colpisce: la vicenda si svolge a Rouen, una delle città fondamentali che fa da sfondo alla storia di Madame Bovary. Non è solo la geografia a unire la protagonista dell’Evento e l’eroina flaubertiana, bensì anche lo stigma sociale di cui sono entrambe vittime. Emma è l’adultera; la studentessa del romanzo di A. Ernoux è la fuorilegge secondo le norme del tempo. Se per Emma Rouen è il sogno, certo insufficiente a salvarla da sé stessa, per la donna che abortisce e che è vittima di una distopica odissea, invece Rouen è solo “una foresta di pietre grigie”, riflesso di uno stato d’animo di smarrimento e angoscia.

“Guardare le cose fino in fondo”  significa questo: scavare nell’abisso emotivo vissuto durante questo allucinante percorso, guardare in fondo alla realtà e soprattutto guardare in fondo alle possibilità della scrittura. L’autrice rielabora gli appunti presi in un’agenda e in un diario durante i giorni infernali in cui la studentessa si preparava all’aborto, raccoglie e esamina tutte le prove necessarie alla ricostruzione dei fatti. Il suo è un lavoro documentario. È infatti attentissima alla dimensione corporea: “cacca”, “feto”, “sangue” sono le parole usate per definire nel modo più fedele possibile l’esperienza descritta e che la accomuna a legioni di donne. Quella di A. Ernaux è una testimonianza sulle difficoltà oggettive di portare a termine la decisione dell’aborto, sulla cecità delle leggi e sul valore dell’humanitas, la sola forza che salva.

Questo memoriale è un impegno morale a rendere l’evento personale dell’aborto scelto dalla protagonista, “un evento indimenticabile” (p.24) per la storia delle donne: un percorso complicato e sfiancante – fisicamente e psicologicamente – ma che la studentessa affronta in modo sfidante fino alla riappropriazione di sé come donna che ha la capacità di autodeterminarsi.

L’evento va oltre l’autobiografismo o la scrittura memorialistica. L’autrice stessa lo definisce come la trascrittura di una “esperienza umana totale” (p.110), l’espressione del dovere di rendere conto delle cose accadute e della loro risonanza interiore. L’evento è un romanzo sartriano perché il riferimento al dramma A porte chiuse sembra tradurre quel senso asfittico dell’esistenza che la donna sperimenta nell’ostilità di chi pur deputato ad aiutare – come i medici – di fatto si sottrae. “L’inferno sono gli altri”, allora, non è solo un aforisma, diventa vita vissuta. L’evento è sartiano perché è una complessa indagine su che cosa sia e che cosa comporti la libertà: il dovere della scelta che si fonda sempre su rinunce, perché il sinonimo più proprio di libertà è responsabilità, una parola che porta con sé il pondus, il peso, il fardello, il prezzo – alto – di qualsiasi scelta.

 L’aborto è il trauma individuale che si inserisce nel dramma collettivo: l’esperienza del passaggio dalla vita alla morte in un epocale 1963, l’anno dell’assassinio di Kennedy e, contemporaneamente, dell’espulsione di un feto nel bagno di uno studentato femminile, “una scena senza nome, la vita e la morte nello stesso tempo”.

 In fondo, le vicende individuali e quelle collettive s’intersecano tra un prima e un dopo, in un preciso punto di collisione: il colpo d’arma da fuoco che a Dallas uccide JFK e il  fiotto d’acqua che zampilla dal ventre della donna “come lo scoppio di una granata” (p.89), nell’attimo in cui la protagonista si libera del feto.

Un prima e un dopo.

Nel mezzo, la violenza del cambiamento e il coraggio di raccontare.

 Annie Ernaux, L’evento, L’orma editore, Roma, 2019

Cfr.: https://laprofonditadellecose.blogspot.com/2025/03/guardare-le-cose-fino-in-fondo-si-legge.html

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