Letteratura
“a chi smeraldi e a chi rane”, l’ultimo libro di Bianca Pitzorno per Bompiani
La scrittrice sarda torna il libreria con una meravigliosa autobiografia romanzata dedicata all’irrinunciabile rapporto con gli animali che ha caratterizzato la sua vita. Un libro che scorre veloce così come le bolle di emozioni in cui trasporta il lettore, a contatto con la spensieratezza della sua parte bambina e il disincanto dei giorni adulti
Si intitola “a chi smeraldi e a chi rane. Autobiografia dei miei (troppi) animali“, l’ultimo libro di Bianca Pitzorno, edito da Bompiani (264 pag.), in libreria dall’11 ottobre. La scrittrice sarda di nascita, ma che vive a Milano, è autrice di oltre 70 libri, tra saggi e romanzi, sia per bambini che adulti, con più di due milioni di copie vendute e tradotti in tantissimi Paesi.
Un legame profondo, quasi inconsapevole, con il mondo animale, quello di Bianca Pitzorno che, tra tartarughe, topini, cani ed altri animali che si incontrano nelle campagne sarde del Dopoguerra, vive la sua infanzia animata da curiosità e tenerezza. In una Terra aspra ma assolata, intrisa di mare e verità, anche la più incomprensibile. E così, ecco la piccola Bianca, a passeggio in piazza, in compagnia di un germano reale, di nome Quaquarone, o tra i banchi di scuola, con Andrea, una paziente tartaruga, o riscaldando sotto l’ascella un uovo di canarino, in trepidante attesa con la speranza di vederne nascere un pulcino.
Ancora, gli anni dell’università a Cagliari, ed il trasferimento a Milano, dove non ci sono più topi e pipistrelli a condividere le sue giornate, ma gatti mirabolanti e il verde smeraldo delle rane. L’autrice viaggia molto, nei posti più e meno lontani, dove incontra vipere francesi, galline eritree e coccodrilli cubani.
Un universo denso di empatia, colorato, costellato da codici di comunicazione capaci di mettere perfettamente in relazione persone e animali che, la scrittrice considera a tutti gli effetti abitanti preziosi del Creato. Le storie dei “suoi” animali si intrecciano a doppio filo con le sue vicende personali, che la vedono crescere ed attraversare i bivi dell’esistenza, con incedere elegante, semplice e scevro da sovrastrutture o maschere. Spaccati di vita autentica, si dipanano intorno alla protagonista ed ai suoi affetti più importanti.
La tela delle emozioni è tessuta ad arte in queste pagine, inducendo il lettore a riflettere senza fatica, a maturare considerazioni profonde sul rispetto della libertà di qualsiasi essere vivente, senza pretendere di stravolgerla, conformarla elle nostre esigenze del momento, al nostro egoismo o pregiudizio. Una libertà che se sposata completamente, si declina in qualsiasi opera compiamo, in qualsiasi relazione viviamo, pur nelle sue contraddizioni. Il tono “favolistico” ma estremamente serio, riesce a creare bellezza con le parole, con le immagini delle storie nella storia. I nomi di pappagalli, gatti, e tanti altri animali dei fondali marini e non, appartengono per davvero al bagaglio umano che Bianca Pitzorno custodisce in modo affascinante, facendo sognare chi legge.
“Dalla mia prima tartaruga all’ultima, il mondo è cambiato moltissimo. É cambiata anche la società italiana. Sono cambiate le famiglie, i rapporti tra i figli, i genitori e gli altri parenti, le relazioni tra le classi sociali…Ogni animale che appare in queste pagine evoca un panorama più o meno vasto di abitudini e di rapporti tra gli umani che lo circondano. Raccontando di ognuno di loro racconto implicitamente di me, della mia famiglia, dei miei amici, del mio lavoro, dei luoghi dove ho vissuto o viaggiato, del mio cambiare col trascorrere degli anni. Moltissime cose in me sono cambiate, ma non il considerare me stessa strettamente imparentata con tutti gli esemplari del mondo animale, al quale anche io sento di appartenere“, scrive Bianca Pitzorno nella prefazione.
Un modo di narrare così immediato e morbido che lascia accomodarsi a proprio agio chi vuole esplorare e stupirsi della perfezione della natura, rispetto alla nostra idea fuorviante di perfezione e di come tutto vada ad incastrarsi, poi, in un ciclo vitale difficile da arrestare, o peggio, da modificare unilateralmente. Un libro, questo, in cui, l’autrice scrive a chiare lettere la parola “reciprocità” nel suo significato essenziale, da non dimenticare. Mai
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