Letteratura
28 maggio 1974
I
La piazza in stile veneziano
del millecinquecento; torretta
con le ore, antiche e ferme:
le dieci
di una tiepida mattina
a primavera.
La piazza, le bandiere, tanta gente.
La gente, le bandiere.
Dal palco
le parole. Di lotta,
resistenza. Poi canzoni.
La gente tanta gente
tutta stretta.
Guardiamo la ragazza
in prima fila,
fissiamo nella mente
il suo sorriso. Ci crede,
lei ci crede, è lì
per questo.
Coscienza del suo gesto,
fiducia nella storia,
In piedi, al posto giusto:
è lì che aspetta.
II
Tre statue, nella piazza,
più una loggia.
La statua della fede
raccoglieva in passato
rabbie e denunce
di fogli cittadini.
La loggia offriva
protezione al potere.
Di lato, libertà.
Autorità, di fronte.
Oggi è lo stesso.
Statua parlante
ma loggia muta.
Non si risponde
a chi chiede ragione.
III
Poi c’è un cestino
per i rifiuti.
Innocuo e mite,
di ferro vecchio.
Ci infileranno
qualcosa dentro:
malta nel secchio
o polvere da sparo
(tritolo e dinamite).
Non è una cava
da far saltare,
non è trincea
da sbrandellare.
Pochi minuti.
Corpi per terra
il sangue il fumo
lava di guerra.
IV
Un nuovo ordine.
Ordine nuovo.
Nuova obbedienza
da strutturare.
Siamo soldati.
Siamo servizi.
Siamo pagati
per trucidare.
V
Tutto quel rosso
tutto quel fumo.
Idranti e pioggia
a ripulire:
tracce di morte,
tracce di colpe.
Urla e sirene,
pianti e catene.
Divise a muro
per transennare
la loggia intera:
ma chi è scappato
sta già al sicuro.
VI
Di quel sorriso
in prima fila
non c’è più
impronta.
Quello che conta
è sconfessare
la connivenza
del Nostro Stato.
Hanno deciso:
frutto bacato
di estremi opposti,
sola violenza
da condannare.
VII
Testimoni tribunali
omissioni
piste false.
Otto morti.
Di feriti,
un centinaio.
Danni fisici
e morali:
il tributo
all’amnesia.
Cinquant’anni
di impostura.
Uno scandalo
che dura,
squassa la
democrazia.
Da Quanto di storia, Marco Saya edizioni, Milano 2023
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