Fumetti
“Sunny”, l’opera luminosa di Taiyo Matsumoto
La Sunny è l’automobile dei sogni. O meglio, è l’automobile con la quale è possibile sognare, solcare gli spazi infiniti dell’immaginazione, attraversare i mondi che una mente giovane e fervida può continuamente creare e abitare. Lo sanno molto bene il ribelle Haruo, il taciturno e riflessivo Sei e la dolce Megumu, bambini ai quali è stata sottratta la possibilità di vivere assieme ai propri cari e quindi costretti, per forza di cose, ad abitare in un orfanotrofio.
Lo sa bene anche Taiyo Matsumoto, che con il suo Sunny (seinen manga pubblicato in Giappone dal 2010 al 2014 e in Italia edito dalla J-Pop) ritrae con maestria e sensibilità la vita di questi giovanissimi esseri viventi, costretti a confrontarsi ogni giorno con quesiti ai quali, spesso, non è possibile rispondere: che cos’è la morte? Che cos’è la vita? Perché ci si ammala? Perché si viene abbandonati? Il vortice emotivo creato dal giapponese è spesso lasciato sedimentare dallo scorrere spietato del tempo, dal confronto continuo con la realtà che si manifesta di fronte agli occhi dei ragazzi.
Ma la cosa che più mette in risalto l’enorme valore di Sunny è senza dubbio alcuno la grande capacità con la quale si confrontano gli spazi angusti – ma in fondo pieni di affetto ed empatia – dell’orfanotrofio con quelli enormi, freddi e senza anima dei luoghi urbani, come a voler dire che la difficoltà nell’affrontare ciò che non sentiamo intimo stia semplicemente nel rapporto spietato tra l’anonimia delle superfici e la loro annichilente estensione.
Fa riflettere Sunny, fa pensare e ripensare a come ci siamo comportati quando eravamo piccoli, a come abbiamo affrontato la nostra infanzia, a quante cose ci sono state imposte e a quante ci sono state donate. Sunny fa comprendere come sia importante l’educazione, la formazione e la possibilità di sentirsi, almeno una volta nella vita, veramente bambini, nonostante il mistero che circonda e sempre circonderà questa meravigliosa parola.
Perché Daniel Pennac aveva poeticamente ragione: “I bambini sono degli enigmi luminosi”.
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