Fumetti
Sul concetto di libertà: da “Je suis Charlie” a #corrieresciacallo
Il Corriere della Sera ha derubato alcuni tra i più noti fumettisti italiani. Che è successo? Qualcuno è entrato in casa loro e ha portato via le loro tavole. Ora il frutto della rapina è disponibile per tutti: un instant book che raccoglie le vignette libere e spontanee in solidarietà di Charlie Hebdo al prezzo di 4,90 euro (più quello del quotidiano).
Quanto raccontato fin qui non è successo davvero. Non letteralmente. Ma il principio alla base dell’iniziativa non è più o meno lo stesso?
I fatti: dopo la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo molti fumettisti e vignettisti hanno voluto rendere omaggio alle vittime. Prima di tutto uomini, poi colleghi, amici, maestri. Un’ondata di solidarietà che si è manifestata, spontaneamente, sul web. Anche in Italia è successa la stessa cosa, e così abbiamo visto levarsi le matite di Roberto Recchioni, Leo Ortolani, Milo Manara, Giuseppe Palumbo, Paolo Bacilieri, Sio, Gipi, Manuele Fior, Don Alemanno, tra gli altri, per ricordare chi non c’è più e quanto sia importante e fondamentale la libertà di espressione, in ogni sua forma. Poi l’iniziativa del Corriere, “Je suis Charlie. Tutte le matite in difesa della libertà di stampa“. Come si legge nell’articolo che presenta il progetto: “Quando la direzione del Corriere della Sera ha deciso di compiere un gesto concreto per aiutare la rivista Charlie Hebdo , ricordare tutte le vittime dei terroristi – non solo i disegnatori, ma anche gli agenti di polizia e gli avventori del supermercato kosher – e, nello stesso tempo, testimoniare la vocazione del nostro giornale contrario a qualunque fanatismo, è venuto naturale pensare alla pubblicazione di queste vignette spontanee in un libro (in edicola oggi a Milano e da domani, 15 gennaio, nel resto d’Italia) il cui ricavato sarebbe stato destinato al settimanale francese”. Fin qui niente da recriminare. L’idea è bella, e il fatto di raccogliere dei fondi a sostegno delle famiglie colpite dal terribile lutto e della redazione di Charlie Hebdo lodevole e condivisibile. Allora perché si è levata forte la protesta di Roberto Recchioni, Giacomo Bevilacqua e Leo Ortolani, solo per citarne alcuni? Perché il Corriere non ha chiesto agli autori di poter utilizzare il loro lavoro. Semplicemente se ne è appropriato.
“Ora, magari sono strano io ma… se decidi di usare una mia immagine postata sul mio blog, o sulla mia pagina FB, o sul mio Instagram, o su qualsiasi altra piattaforma digitale a me intestata, sarebbe cosa gentile chiedermi il permesso di poterlo fare”, spiega Recchioni nella sua lettera aperta al Corriere.
I buoni principi alla base dell’operazione del quotidiano di Via Solferino non sono sufficienti a giustificare un gesto di appropriazione che di fatto li annulla. Libertà di espressione significa anche responsabilità di fronte ad un diritto che è di tutti, ma forse non per tutti. Una scelta meschina quella di una grande testata italiana, che spesso viene citata come sinonimo di autorevolezza, che lascia l’amaro in bocca. A distanza di pochi giorni dalla tragedia di Parigi, in Italia sono state molte le manifestazioni spontanee di solidarietà e le dichiarazioni di grande intelletto e democrazia (come quelle di Gipi ospite a “Le Invasioni Barbariche”), ma anche le polemiche e i tentativi di approfittare della situazione da parte di “sciacalli”, come è stato definito da molti, sui social network, proprio il Corriere della Sera. E viene da pensare che questo non sarà l’ultimo episodio (purtroppo).
Ci sarà chi non riuscirà a comprendere “l’insurrezione” dei fumettisti coinvolti in questa vicenda e chi si scaglierà contro di loro. Proprio a costoro chiedo di riflettere: c’è qualcuno a cui permettereste di appropriarsi di un vostro pensiero o delle vostre parole per usarle come e dove vuole, senza che vi venga chiesto il permesso? Non credo. In ogni caso, è buona regola, quando si sbaglia, scusarsi.
“Sentito quelli del Corriere.
Pare che domani ci sarà un pezzo di scuse sul quotidiano. Se saranno scuse vere e non ci si cercherà di nascondere dietro un dito come è successo fino a questo momento, per me la questione sarà chiusa”, scrive Recchioni sulla sua pagina Facebook. Speriamo.
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