Fumetti

La giusta mezura. Relazioni precarie secondo Flavia Biondi

21 Giugno 2018

Ci hanno insegnato questo: ti innamori, sei la luce dei suoi occhi…finisci per arrenderti ai baci perugina e a tutto il resto. Non ci hanno detto niente di quello che c’è dopo. Un buco. Un vuoto delle parti. La pagina seguente sono i comici in tv che prendono in giro la moglie che gli rompe le palle. Le chiacchiere da bar su quella stronza che ti aspetta a casa. Le lamentele con le amiche su lui che non pulisce mai. I figli, l’amante, il divorzio. Rifarsi una vita. Ma che c’era nel mezzo? Come si è passati dal prima al poi? Dov’è che l’amore sbaglia e diventa sopportazione? Là nel mezzo c’è l’umanità, la nostra limitatezza nell’essere solo persone. C’è la storia vera, il capitolo per cui serve uno sforzo per trovare l’ispirazione.

Mia e Manuel, trent’anni, l’università alle spalle e lavoretti di fortuna per sopravvivere e provare a inventare un futuro in cui i sogni non vengano messi da parte. Mia è un’artista, ma fa la commessa in un negozio, Manuel lavora in un ristorante e – appena può – scrive. Vivono in un appartamento nel centro di Bologna insieme ad alcuni coinquilini. Una storia “solita e banale come tante” avrebbe detto Guccini, di quelle che non meritano certo un premio per la loro originalità. Tanti hanno già descritto la condizione dei giovani precari, tanti si sono cimentati nel racconto di un’intera generazione sospesa fra un’eterna adolescenza e il mondo adulto. Flavia Biondi però, autrice della graphic novel, La giusta Mezura (Bao, 2017) fa un passo in più e ci descrive, con una sensibilità priva di qualsiasi spirito ostentatamente engagé, gli “effetti collaterali” della vita precaria.

Cosa succede alle amicizie, alle relazioni, alle ambizioni e ai sogni quando mancano le basi sulle quali poggiare i propri passi? Succede che si vive una battuta d’arresto e il rischio concreto di finire intrappolati in un eterno presente. Al centro del racconto la relazione fra Mia e Manuel, innamorati ma stanchi, ognuno a suo modo: lui di attendere il passaggio all’età adulta (una casa tutta per loro, magari il matrimonio, la famiglia), lei di una routine rassegnata e soffocante nella quale non trova più stimoli. Vite con il freno a mano tirato che, poco alla volta, incomincia logorare il motore. La crisi non tarda ad arrivare, ma l’autrice non attribuisce ai problemi materiali la colpa di tutti i mali come, allo stesso tempo, non si esime dall’individuare nelle aspettative e reciproche ambizioni dei due protagonisti il germe della crisi. Mia cerca una sensazione nuova, vitale, di spinta, che non riesce a trovare in quel gorgo di insoddisfazione in cui sente di essere stata trascinata e la cerca nei luoghi sbagliati, fuggendo dalle vere domande che dovrebbe porsi: chi voglio essere? Cosa voglio fare? Quali sono i miei desideri?

Manuel di contro pensa di avere tutto sotto controllo e vive, dal suo punto di vista in modo responsabile, fra lavoro e ambizione letteraria, ignorando (o non dando loro la giusta importanza) i segnali di crisi che arrivano dalla sua compagna. I due sembrano cercare disperatamente una regola che li guidi nell’evoluzione del loro rapporto ma, come per tutte le cose fondamentali della vita, non sembrano poterla trovare già scritta.

Flavia Biondi, con un tratto originale e una cura grafica che arriva al minimo dettaglio, descrive questo percorso e lo fa raccontando una città – Bologna – nei suoi angoli, in una dichiarazione d’amore che tocca ogni muro, ogni angolo di strada. La città è il terzo protagonista della storia, un luogo che, a suo modo, è anch’esso alla ricerca di un equilibrio fra la vita ordinaria di centro urbano e il mondo, perennemente giovane e sospeso, quasi esclusivamente potenziale, della vita universitaria. L’invito finale è rivolto a noi tutti lettori: trovare la giusta mezura, individuare il punto di equilibrio che ci possa permettere di essere noi stessi e, allo stesso tempo, sopravvivere in un’epoca che è bella, ma spietata.

F. Biondi, La giusta mezura, Bao, 2017, pp. 158.

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