Fumetti

Je suis Vernacoliere

15 Gennaio 2015

Molto si è scritto su Charlie Hebdo, sulle reazioni a caldo ed a freddo dei social media, sull’hashtag Je suis Charlie, sul suo uso proprio e improprio, eppure poco si è parlato della satira in Italia.
Il Male o il Vernacoliere non reggono certo il confronto con le invenzioni di Wolinsky e compagnia, con il loro spirito anarchico e libertario che sarebbe limitativo definire laico e che piuttosto incarna la completa assenza di interesse per la rozza schematizzazione, per le pose stabilite e una intelligenza sopra la media, pienamente confermata anche nel numero uscito dopo la strage.
La satira italiana, invece, di solito è dalla parte del potere anche quando cerca di opporsi allo stesso: è una satira moraleggiante che facilmente diventa giudicante, poliziottesca, una satira che diventa immediatamente contropotere con i suoi santuari obbligati e i suoi riti stracchi.

Di tutto questo ovviamente non accenna Michele Serra nel suo omaggio postumo a Charlie Hebdo, Serra che era direttore dell’unico giornale satirico di autentico successo mai esistito in Italia. Cuore, il settimanale di resistenza umana, ebbe il suo picco di tiratura durante gli anni precedenti Tangentopoli e probabilmente non fu una coincidenza, era nato come proseguimento autonomo dell’esperienza di Tango, supplemento satirico dell’Unità, aveva titoli che funzionavano, rubriche divertenti, trovate a tratti geniali.
Mio fratello lo portò a casa ed io ne divenni subito un lettore fedele, anzi un lettore fanatico, collezionavo tutti i numeri e sono ancora riposti in qualche cassetto a casa dei miei.

Ogni tanto in allegato c’erano degli opuscoli detti “contro”: contro la Fiat, contro il Papa, contro l’Italia, non pensavo che con gli anni io sarei rimasto contro mentre loro diventavano sempre più neutrali e inoffensivi. Un’estate, era il 1993, sono perfino andato alla festa di Cuore ad Imola, avevano organizzato un campeggio, c’erano dibattiti e spettacoli, ogni sera sul tardi un tizio cantava brani di Guccini e De Gregori mescolate ai Nomadi, agli Intillimani, a Fossati ed a tutto il cantautorato possibile.
Niente Battiato, niente Diaframma, niente new wave.
Avrei dovuto cominciare a insospettirmi.

Il piano bar di sinistra univa padri e figli. Padri docenti di lettere moderne con occhiali dalle montature orrende e barbe spruzzate di bianco e figli che pensavano solo a masturbarsi, contenti di trovarsi assieme a ragazze con la nomea di darla via prima.
Avrei voluto provarci con le coetanee del campeggio ma loro non mi guardavano, erano interessate ai capelli lunghi e ai dredd con pantaloni larghi dall’aria vagamente sudamericana.
Ogni giorno al tramonto galleggiava sul fiume un pupazzo con uno dei potenti dell’epoca; passarono Andreotti, Craxi, Cossiga, il più odiato da tutti era Craxi perché era arrogante e amava la bella vita e questa cosa all’epoca nessuno poteva sopportarlo.

Andreotti e Cossiga li hanno continuati ad intervistare ancora per anni su vecchie faccende irrisolte o su come fosse bella l’Italia all’epoca del boom quando tutti sognavano la automobiline Fiat, la nostalgia canaglia che riempie la bocca di certi programmi televisivi di seconda serata.
In programmi solo apparentemente differenti è ospite fisso Vauro, uno dei vignettisti di punta di Cuore, oltre che fautore della nuova esperienza del Male, assieme al suo amico nemico Vincino, anarchico, controcorrente, collaboratore di giornali di destra e per questo tacciato di tradimento da molti suoi colleghi.
Vauro, Altan, Elle Kappa, Disegni, a parte pochissime eccezioni (lo straordinario Mannelli ad esempio) ho rinnegato tutti o loro hanno rinnegato cose in cui credevano, o forse è stato solo un malinteso, forse non erano così diversi da adesso.

In fondo, alla festa di Cuore i dibattiti erano moderati da Fabio Fazio che all’epoca era solo un mediocre imitatore e l’anno seguente sarebbe diventato improvvisamente celebre causa azzeccato format (Quelli che il calcio…), oppure Patrizio Roversi che da ex lupo solitario cominciava la sua progressiva trasformazione nell’agnello dei Turisti per caso, trasmissione quasi paradigmatica di una certa visione del viaggiatore progressista veicolata dalla Terza Rete e di cui Licia Colò si sarebbe rivelata altro insuperabile alfiere.
Passione per l’etnico e tolleranza distribuita come curry, superficialità mascherata con osservazioni culturali dubbie, gruppi di danze popolari pronti ad esibirsi in studio come scimmiette ammaestrate post colonialiste.

Ora Roversi lo vedo ritratto su alcune fotografie in metro mentre travestito da Cristoforo Colombo, con cappello e mantello addosso, pubblicizza senza orrore di se stesso un’assicurazione viaggio, assieme alla sua consorte.
Michele Serra, oltre ad essersi riciclato come autore televisivo e scrittore, sentenzia ogni santo giorno ovvietà di buonissimo senso su Repubblica, sta sempre dalla parte della ragione, ha un contratto solido con Feltrinelli e probabilmente un abbonamento Sky Full HD e due figli che studiano inglese fin dall’età prescolare.
Ecco, forse nelle carriere della stragrande maggioranza dei redattori e vignettisti di Cuore, quasi tutti finiti nell’imbuto democratico lottizzatore che si vantavano di combattere, c’è il senso del declino di una sinistra che non è riuscita ad essere né di lotta né di governo.

 

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