Costume

“Ludovicu”: la vita di un uomo non illustre nelle foto di Mariano Siletti

30 Gennaio 2016

Ho conosciuto Mariano Silletti casualmente, a una cena tra amici. Il Museo d’Arte Moderna di Matera a Palazzo Lanfranchi aveva ospitato, fino a poco prima, la sua mostra fotografica. In quei giorni quasi non si parlava d’altro in città. L’interesse del pubblico per questo progetto fotografico e per la qualità del lavoro era stato tale che si era provveduto a prorogare la chiusura della mostra. E io, in una casa nei sassi di Matera, una fortunata sera di dicembre, l’ho incontrato.

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Insomma, “parlami di questo lavoro” gli dico. Aveva con sé una copia della pubblicazione – una sorta di catalogo – a tiratura limitata. La mia è la numero 088/300. Ludovicu è il titolo fissato a caratteri bianchi, discreti ed eleganti, sul rigido campo nero.

Il volumetto in questione è un oggetto prezioso, bello. Riconosco subito il suo valore e mi assicuro di avere la mani immacolate. Osservo questo perfetto prodotto tipografico. Lo rigiro. Lo maneggio come se avessi tra le mani una cinquecentina. È bello. E come tutte le cose belle, anche delicato. Vuole cura e attenzione.

Mi decido finalmente a voltare la copertina accompagnandola. Me lo ricordo bene. Arriva subito quella pagina bianca che, sola, accoglie il peso di parole sottili. Scompare Ludovicu ed è in dicembre, con un freddo arrivato d’improvviso. Ora tutto rallenta. Come due innamorati che si guardano negli occhi a un sospiro di distanza, scrutandosi bene nelle pupille per cercare l’immagine che c’è oltre. C’eravamo io e lui, Ludovicu. Il chiacchierio degli amici era ormai lontanissimo. Quasi sparito era anche l’autore di quelle immagini. Era presente come racconto. C’era tutto l’immaginario, non c’era più l’oggetto.
Scompare Ludovicu ed è in dicembre, con un freddo arrivato d’improvviso.

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Ludovicu è il nome di un uomo di mezza età di origine rumena adottato, insieme alla moglie, dalle terre lucane e scomparso improvvisamente un giorno di un dicembre. È lui il protagonista di questa storia. Una storia che ha visi scavati dalle rughe, da una vita di campagna, di fatiche e preoccupazioni, di povertà. Una storia di immigrazione, una storia dei sud e delle periferie del mondo. Un gruppo di carabinieri è incaricato di seguire le indagini per il ritrovamento dell’uomo. Mariano Silletti, carabiniere di professione, è dichiaratamente il responsabile della documentazione fotografica che accompagna queste ricerche.

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L’esplorazione sul territorio che il gruppo di carabinieri deve affrontare per ritrovare l’uomo malato di Alzheimer li porta a scrutarle proprio da vicino queste vite misere. La sofferenza di Veronica, l’anziana moglie. Gli abiti di Ludovicu. Le pareti porose, umide e scrostate. Il pianto disperato di una donna ormai sola che del marito, da un momento all’altro, ha perso ogni traccia.

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Le istantanee di Mariano aprono questo percorso che è fatto di sofferenza e speranza non più solo per i familiari e gli amici. Ora ad essere direttamente coinvolte sono anche queste figure in divisa che sentono l’obbligo morale, prima che professionale, di restituire alla donna quegli occhi e quelle mani. Cresce, pagina dopo pagina, l’ansia di ritrovare Ludovicu.

Dentro questi casolari abbandonati ci sono altre storie, come fosse un romanzo con più capitoli. Altri rumeni intenti a nascondersi sembrano intrecciare il cammino di Ludovicu e il nostro. Ci sfioriamo, ognuno con le proprie miserie. Poi ricominciamo le nostre rispettive ricerche. Sono le parole di questo carabiniere chiamato ad occuparsi della documentazione fotografica di quella che nasce come un’ordinaria indagine su una persona scomparsa. Dalle pareti di una caserma Mariano esce e questa storia ce la riporta come un gioiello di poesia.

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La qualità delle fotografie, sempre meravigliosamente alta, ha spessori diversi: nitida e indugiante sui dettagli quando vuole avvicinarci a Veronica e alla sua disperazione, ce la fa osservare da un piano alto perché noi riusciamo a immaginarcela nella sua minima presenza nel mondo; sfuocati gli uomini incrociati sulla vie di campagna, illuminato solo nel volto dai fari della macchina uno di loro; mosse e difficoltose le immagini delle strade sterrate; ferma, sempre ferma e nitida torna Veronica, come una Madonna alla quale, ora, è concesso il colore e un sipario celestiale.

Tutto si svolge tra gli interni della casa dell’anziana coppia, nel centro di Montescaglioso, vicino Matera, e le campagne circostanti.

Gli esterni sono cupi. Le ricerche si svolgono in pieno inverno, quando la luce del giorno fa presto a scappare via, lasciando il posto alle linee verticali dei lampioni accesi, ai riflessi dei finestrini bagnati dalla pioggia, a strade di campagna dissestate e illuminate dai soli fari dell’auto. Si muore di freddo e solitudine a girare queste pagine.

Mariano Silletti l’ho conosciuto una sera di dicembre. Faceva lo stesso freddo di quando Ludovicu è scomparso ma l’inaspettata sensibilità, la preziosa poetica di questo carabiniere fotografo mi ha scaldata allora e continua a farlo ogni volta che, passando per il corridoio della mia casa in Emilia, incrocio con lo sguardo Ludovicu sulla libreria.

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