Fotografia
Daido Moriyama, a Modena la mostra del fotografo che si ispira a Kerouac
Può un’immagine evocare qualcosa di sublime e di spregevole insieme? Può lo stesso occhio raccontare l’evanescenza e il decadentismo, la suggestione e il disinganno? La risposta è alla Fondazione Fotografia Modena, al Foro Boario, dove è in mostra, tra gli altri, fino all’8 maggio, Daido Moriyama, fotografo di Osaka che vive e lavora a Tokyo. È un Moriyama singolare quello proposto: niente bianco e nero graffiante e nebuloso, tipico delle immagini che l’hanno reso famoso, ma istantanee a colori. La luce è quella del tramonto, delle luci delle città di notte, delle stanze da letto o delle insegne policrome di locali e sexy shop. Sulle pareti si susseguono – come a ricreare sequenze di vita (sguardi, gesti, passi, mani, occhi, bocche, cosce, seni) – 130 fotografie realizzate tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, periodo cruciale per la formazione di Moriyama.
La ricerca di questo fotografo è ossessiva. Ha a che fare con la smania di raccontare quello che nessuna parola riuscirebbe a cristallizzare e quindi con la quintessenza della fotografia stessa: fermare con un bagliore quello che all’inchiostro sfuggirebbe per un fatto di tempistica. Moriyama non rielabora emozioni, piuttosto insegue gli attimi e si concentra su quello che non riesce a capire: il mistero e l’indecenza, il candore e la sporcizia, il piacere e la lontananza, la bellezza e la provocazione estrema, la contemplazione e l’ironia, lo scandalo e l’ovvietà.
Quando Moriyama realizza questi scatti, il Giappone vive il suo boom economico, dopo lo sfacelo della Seconda Guerra Mondiale. I giovani sono frenetici, smaniosi, anche sull’onda di quello che accade negli Stati Uniti e in Europa. Moriyama è sempre in strada, neanche fosse un randagio. Ma è proprio così che lui si sente: ramingo. D’altronde le fotografie si scattano con le gambe, macinando chilometri, imbattendosi nelle persone, nei fatti. Moriyama si lascia andare: si perde e poi riemerge, mentre le metropoli offrono tutti i diversivi possibili. Un vero fotografo di strada, narratore di usi e costumi, osservatore schivo e uomo amatissimo.
Di strada parla il romanzo che ha influenzato fortemente l’espressività e la vision di questo artista: è On the road di Jack Kerouac, riferimento della beat generation e fonte perpetua di ispirazione e di senso per Moriyama, il cui lavoro è giunto fino alla Tate Modern di Londra, al SFMOMA di San Francisco, al Metropolitan Museum di New York, al Fotomuseum di Winterthur e al Museum of Contemporary Art di Vigo, in Spagna. La fotografia di Moriyama non è perfetta: niente a che vedere con i tecnicismi, con la precisione estrema. È un’esperienza emozionale, si guarda e si ascolta. Si abbraccia e si respinge. Io non l’ho dimenticata.
Le info sulla mostra sono qui
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