Fotografia
COVID LATAM, 18 fotografi raccontano il virus in America Latina
Come stanno vivendo la pandemia nelle altre parti del mondo? E soprattutto come è possibile raccontare quello che accade in un altro continente, dove istituzioni, tecnologia e libertà di espressione sono totalmente differenti dai nostri? Oggi vi parlo dell’interessante progetto COVID LATAM, un’iniziativa di 18 fotografi di 13 paesi diversi dell’America Latina: 9 fotografe + 9 fotografi + 1 virus = 19 Covid.
L’idea è molto semplice, è quella di mostrare come l’avanzare del Coronavirus abbia cambiato la vita di una regione “difficile” per sua stessa condizione geopolitica, in cui le fotografie vanno a documentare quello che scorre nel contesto sociale, spesso ruvido e disseminato da grandi discriminazioni e povertà. Sebastian Gil Miranda, fotografo argentino, tra i fondatori del progetto, aveva già tentato di raccontare i Mondiali di calcio del 2014 in Brasile da una prospettiva sociale e umanitaria ed ha pensato che la crisi causata dal Coronavirus potesse essere una nuova opportunità per ripetere l’esperimento artistico e sociale. “Riteniamo che questo sia un momento storico che – afferma Miranda – sebbene sia estremamente complesso e presenti molte situazioni critiche in tutto il mondo, rappresenti anche una grande opportunità per fermarsi, riflettere e cercare di generare profondi cambiamenti. Ogni regione ha le sue peculiarità, in America Latina la particolarità è la povertà, assieme alle difficili condizioni economiche in cui vivono le persone”.
9 uomini e 9 donne, “Il progetto è l’esempio di ciò che vogliamo essere e fare – aggiunge il fotografo argentino -, per noi il cambiamento non è solo dal punto di vista sociale, l’uguaglianza di genere è fondamentale e partiamo da lì per lavorare insieme contro questo virus, concependolo come una metafora della società stessa”.
Il profilo instagram di COVID LATAM è una narrazione molto potente, intima e nostaglica di ciò che accade nelle diverse città dell’America Latina avvolta dalla pandemia, in cui la situazione è ancor più aggravata dalla disuguaglianza sociale, dalla miseria delle periferie delle città e dai governi non propriamente adatti a gestire una pandemia.
Un altro dei fotografi che hanno preso parte al progetto è Federico Ríos, colombiano, che ha avuto modo di spostarsi da Bogotà – dove ha effettuato l’isolamento preventivo – a Medellin. A El Tiempo racconta come l’iniziativa sia stata quella di “Riunire una famiglia di fotografi con preoccupazioni molto simili, per cercare di capire cosa sta succedendo con il virus e come tutto ciò sta colpendo l’America Latina”. Sia Miranda che Ríos ci tengono a precisare che quello che si propongono è un “fotogiornalismo indipendente”: “Non abbiamo una linea editoriale alle spalle, ma solo le nostre motivazioni e preoccupazioni. Siamo una famiglia di 18 fotografi che rappresentano milioni di abitanti tra cui indigeni, afro e migranti”.
Secondo i nuovi dati OMS l’America Latina è il nuovo focolaio a livello mondiale del Covid-19. Recentemente Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, ha deciso di oscurare dati su contagi e decessi, ma nei paesi limitrofi le cose non vanno meglio. Il Perù, ad esempio, ha registrato un record di oltre 4000 contagi in 24 ore. Purtroppo non si sa quale sarà l’andamento dei prossimi giorni e si teme che il fenomeno possa addirittura accentuarsi, aggravando ancora di più il futuro politico, economico e sociale. Alicia Barcena, segretaria della Commissione economica per l’America Latina (Cepal), organismo Onu, ha sostenuto durante un seminario realizzato per i 50 anni del ‘Banco de desarrollo de America latina’ (Caf), che per questa crisi “ci aspettiamo un arretramento economico per la regione di almeno 13 anni”. Il dramma è, ha poi detto, che “i Paesi latinoamericani dedicano alla sanità meno del 2% del Pil” e dovranno affrontare un periodo di recessione con oltre 200 milioni di poveri, la chiusura di 2,6 milioni di imprese, un boom della disoccupazione e gravi problemi di sostenibilità del debito pubblico.
“Ogni paese affronta la crisi COVID-19 in modi differenti – sostiene Miranda – e questo rende completamente diverso anche l’avanzamento del virus. In Argentina ci sono standard di isolamento rigidi mentre in Brasile la protezione è stata sempre molto scarsa (i numeri attuali fanno la differenza ndr.) e questo significa che il nostro archivio è anche influenzato dalle decisioni dei diversi governi e dagli effetti che questi hanno avuto nei diversi paesi”.
Fabiola Ferrero è un’altra giornalista e fotografa venezuelana, che ha vissuto l’isolamento a Bogotà e ha preso parte al progetto COVID LATAM: “In Colombia poche persone hanno potuto uscire per vedere cosa stava realmente accadendo nelle loro città, per questo è importante che i fotografi si alzino e scendano in strada a ritrarre il lato più umano della pandemia e fare in modo che quella che abbiamo davanti non sia una crisi di soli numeri”. Ferrero ha lavorato per anni a cavallo tra Venezuela e Colombia e per puro caso si è trovata a Bogotà mentre stava facendo un reportage sui migranti venezuelani, a El Tiempo spiega come il nuovo gruppo di lavoro di cui fa parte sia “essenziale per sensibilizzare ed empatizzare specialmente con coloro che sono a casa e non hanno alcun contatto con ciò che sta accadendo all’esterno. Con Instagram è possibili uscire da se stessi, dalla propria bolla, capire che questa crisi colpisce tanto chi sta a casa sul divano quanto chi non ha da mangiare, chi ha perso il lavoro o chi ha un membro della famiglia rimasto infettato dal virus”.
Johis Alarcón è un fotografo che arriva dall’Ecuador. Secondo lui il progetto è importante per creare una narrazione alternativa dell’America Latina, diversa da quella di tutti i giorni: “Spero che il nostro lavoro possa costruire una narrazione etica di ciò che sta accadendo in ognuno dei nostri territorio e che, in un certo senso, questa storia possa rendere visibile le diseguaglianze, su cui ancora più di prima è necessario intervenire”.
COVID LATAM però non vuole essere solamente un testamento sull’oscurità creata dal virus, i 18 fotografi vogliono anche mostrare la luce in fondo al tunnel: “Col nostro lavoro vogliamo anche contribuire a migliorare la stuazione nelle diverse popolazioni. Se ben utilizzata la fotografia è un potenziale elemento di cambiamento sociale, ci consente di aprire gli occhi e genera consapevolezza, invitandoci a diffondere la speranza. Siamo in un momento tragico, ma pensiamo che sia questa la vita, la possibilità di resistere e migliorare”, afferma Miranda.
Possiamo definire il loro lavoro come un “reportage di guerra”? Secondo il collettivo si tratta di un accostamento equivoco: “La guerra è sostenuta da una volontà umana, qualcuno prende la decisione di uccidere qualcun’altro. Il Coronavirus invece non dipende da alcun essere umano, possiamo decidere di prendere precauzioni ma non di garantire che siano efficaci. È una situazione alla quale dobbiamo rispondere insieme. Ciò di cui abbiamo bisogno è la solidarietà, per prendere le distanze dall’eroismo, che si tratti di un medico, un fotografo, un ufficiale di polizia, per sostenere coloro i quali non hanno un tetto o che stanno morendo di fame”, afferma Ríos, “nessuno ha la possibilità di fermare il Coronavirus con lo schiocco delle dita”.
Ed è così che dal 24 marzo, giorno dopo giorno, questi 18 fotoreporter prendono le loro macchine fotografiche, indossano guanti e maschere e scattano foto ai loro amici, alle loro famiglie, alle lunghe file di persone che aspettano di acquistare il cibo, al traffico congestionato, alle proteste e ai pazienti in uno stadio avanzato della malattia, cui fanno troppo spesso seguito sepolutre solitarie e strazianti.
INTERVISTE tratte da ElTiempo.com
COVID LATAM è un progetto di: Federico Rios Escobar, Tamara Merino, Rodrigo Abd, Fabiola Ferrero, Joao Piña, Gloriana Ximendaz, Pablo Piovano, Matilde Campodónico, Ale Cegarra, Ana Carolina Fernandes, Victor Moriyama, Andrea Hernandéz, Daniele Volpe, Johis Alarcón, Iván Valencia, Sara Aliaga, Sebastian Gil Miranda ed Eliana Aponte.
I paesi coperti da COVID LATAM sono: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Guatemala, Messico, Perù, Uruguay e Venezuela.
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