Fotografia
A colazione con Petunia Ollister e le sue “Colazioni d’autore”
Ci sono libri che sanno di occhi stropicciati appena svegli, di quelle intuizioni che ti colpiscono alle prime luci del mattino, di quei sogni lasciati a metà o sognati male per colpa della sveglia e di quelle idee che erano bellissime la notte prima ma, col nuovo giorno, ci fanno sorridere delle nostre piccole fantasie. Poi ci sono libri che ci danno un assaggio di tutto questo. Bookbreakfast è uno di questi. Un volume che coniuga lettura e letteratura con fotografia e piccoli oggetti legati alla colazione: le tovagliette all’americana, tazze, cucchiaini, biscotti, fette di torta, panini dolci e salati… Il risveglio sa di casa e ci invita a prendere il giusto tempo per “entrare” nel mondo. Non sono recensioni quelle di Stefania, non sono nemmeno semplici citazioni: sono assaggi e, come avviene in ogni buona degustazione, ci invitano a sperimentare, a conoscere, a leggere (o assaggiare) qualcosa di più. La colazione diventa correlativo oggettivo della letteratura, alla quale ci avvicina con tutta la semplicità del pasto che, più di tutti, sa di casa.
Ho parlato di questo libro, della sua genesi e di colazioni con l’autrice, Stefania Soma, in arte petunia Ollister. Una chiacchierata che ha il sapore della colazione domenicale…
Bookbreakfast. Prima di diventare Colazione d’autore è un progetto Instagram. Può sembrare una domanda banale – e forse la è – ma da cosa è nata l’idea? E perché hai scelto la colazione e non, ad esempio, il pranzo, la merenda, la cena?
Perché il caso ha voluto così.
Ho fatto per quindici anni la conservatrice dei beni culturali, fotografici prima, librari poi, ho lavorato moltissimo per il settore editoriale fino a quando il gruppo editoriale per cui lavoravo è stato venduto a un gruppo editoriale più grosso. Mi sono trovata senza il mio impegno di lavoro più oneroso in termini di tempo. Ho iniziato a non dover più uscire a ore improbabili, a poter tornare a far colazione con calma. E l’illuminazione è arrivata una mattina mentre sfogliavo un libro della graphic designer Lauren Hom, con la copertina casualmente dello stesso colore della tazza da cui stavo bevendo il mio caffè americano. Avevo anche una bella fetta di pane fatto con il lievito madre e mi è venuta voglia di raccontare il momento della prima colazione, un pasto trascurato e bistrattato dai più. Sono salita in piedi sulla mia scaletta a tre gradini e ho fotografato tutto dall’alto. Pubblicare su Instagram è stato tutt’uno.
Cibo e libri. Un accostamento a cui, negli ultimi anni, ci siamo abituati (le tante librerie enoteche delle nostre città, ma prima ancora gli angoli bookcrossing nei bar, i caffè letterari…). L’accostamento, per quanto sembri contemporaneo, ha radici antiche (pensiamo ai caffè di Milano di fine Settecento o, molto più banalmente, al fatto che i circoli di lettura siano spesso sorti a stretto contatto con una “mescita” in senso ampio…)
Leggere, bere, mangiare: sembra quasi una tendenza coniugare bisogni primari. Pensi ci sia un nesso fra queste esperienze quotidiane? E cosa lega la lettura, i libri, a un contesto di socialità “ritirata” che, ad esempio, non ritroviamo nei teatri (che pure spesso sono dotati di bar e foyer) o nei cinema, nelle sale concerto?
Se ci pensiamo ci sono dei paralleli tra leggere e mangiare: in entrambi i casi si introduce qualcosa nel proprio corpo, che si tratti di mente o stomaco, per me la differenza è poca. In entrambi i casi si tratta di gesti che provocano piacere, di cui in molti casi ci si trova a condivide l’esperienza: spesso, se richiesto, consiglio un buon libro o un buon piatto, più o meno con lo stesso entusiasmo.
E poi il cibo è un bene culturale tanto quanto un libro, seppur legato a un consumo a breve termine. La storia di piatti, prodotti, coltivazioni, distillati, vini ha un enorme valore storico, sociologico e antropologico.
A teatro, al cinema e nelle sale da concerto si va per un consumo culturale diverso, che per qualche ora totalizza i sensi.
Colazione d’autore è anche, soprattutto, uno spazio di consigli di lettura. Quale rapporto esiste – se esiste – fra lettura, letteratura e social media? Per entrare più nel merito, pensi che, in un’epoca che da molti è definita di crisi per la lettura in Italia (i dati Istat ci dicono che il 60% degli italiani non ha letto nemmeno un libro nel corso del 2016) i social network possano essere un volano per riattivare l’interesse e la curiosità dei potenziali lettori?
I social network sono una parte della realtà in cui impieghiamo molto del nostro tempo, lavorativo e non. Quando ho iniziato a fare le fotografie ai libri sulla tavola della colazione il riscontro è stato immediato, le persone facevano gli screenshot dei miei consigli disintermediati di lettura e poi li archiviavano per andare a comprare o prendere in biblioteca quei libri. In molti mi hanno detto che ho fatto loro tornare la voglia di leggere, di tornare in libreria dopo anni. L’immagine è fondamentale, serve per attrarre l’attenzione nel corso degli otto secondi che l’utente dedica a un contenuto sulla sua timeline. Subito dopo passa alla lettura della citazione, che scelgo sempre con molta cura, e se quella coglie nel segno il libro diventa oggetto di curiosità.
Instagram poi è il social network dei più giovani – mi hanno confermato che Facebook è ‘roba da vecchi’ – quindi sto ritraendo molti i graphic novel, un ottimo genere per iniziare i più giovani alla lettura.
Veniamo alla fotografia. Esistono molti profili social dedicati alla lettura. Tu hai scelto un canale specifico, Instagram, e hai declinato con una particolare linea estetica – studiata e coerente – la tua narrazione per immagini. Qual è il tuo rapporto con la fotografia e quale percorso ti ha portata a scegliere lo stile che hai fatto tuo? Pensi ci sia un nesso fra sensibilità visiva, qualcuno la chiamerebbe impronta fotografica, e quella sottile concentrazione necessaria anche per le letture più frivole?
Alzo subito le mani in segno di resa: non sono una fotografa e non mi reputo tale. Per anni però mi sono occupata di fotografia, di conservazione, soggettazione e catalogazione d’immagini. Ho studiato teoria della composizione fotografica e usavo l’equivalente degli ‘hashtag’ per rendere reperibili le immagini in un catalogo digitale.
Il mio stile fotografico è quanto di più semplice possa esistere, una ripresa perfettamente verticale di una porzione quadrata, semmai è lo styling degli oggetti e la loro affinità cromatica ad essere il mio tratto peculiare, insieme all’uso delle luci naturali. Non c’è nessuna scelta ragionata, è solo gusto estetico.
Credo che il visivo poco abbia a che fare con la parola scritta, mi trovo a frequentare un mondo di scrittori e professionisti della parola che poco s’intendono di produzione di contenuti grafici e fotografici.
In fondo la letteratura, così come la fotografia, rappresenta un filtro protettivo rispetto alla realtà, che ci permette di analizzarla sotto una lente d’ingrandimento restando però – pur con tutte le eventuali messe in discussione che può generare un atto artistico/creativo – al “sicuro”. Pensi che anche i social network, che nella tua esperienza sono stati strumento d’espressione pubblica, ma anche base di partenza per la creazione di un “prodotto” (mi si passi il termine), molto tradizionale come un libro, possano avere questa funzione?
I social network erano un’enorme possibilità di analisi del reale fino a qualche anno fa. Ora la creazione di filter bubble sempre più specifiche ha limitato di molto il nostro potere d’osservazione, paradossalmente ci ha confinato, nonostante la crescita esponenziale dei numeri.
Su Facebook infatti mi ostino a tenere un profilo personale aperto, con tutti i post pubblici e commentabili da chiunque. Idem per Instagram, il mio profilo non è bussiness. Non sono interessata alle sponsorizzazioni e ai numeri. Mi diverto a fare foto perché le persone le aspettano, perché sono curiose di sapere cosa mi invento. C’è molto poco calcolo e molta incoscienza, me ne rendo conto. Ma tutte le cose migliori che abbia fatto erano prive di qualsiasi pianificazione. Quindi continuo così.
Il libro è arrivato. Un editore, Slow Food, mi ha cercato, mi ha voluto, ha vinto le mie resistenze e mi ha dato il supporto per fare un prodotto – per me non c’è nessun problema a chiamare anche così il libro, un soggetto dalle moltissime anime -. Ne sono contenta, soddisfatta e lo sto portando in giro per l’Italia con gran piacere, soprattutto perché mi da la possibilità d’incontrare fisicamente tante persone che mi seguono e che conosco sui social network da tempo.
Chiudiamo con una domanda leggera. Nelle tue immagini appaiono tovagliette “all’americana” sempre diverse, tazze, bicchieri, biscotti, torte e panini. Un esperto di alimentazione ti farebbe i complimenti per la giusta attenzione che dedichi alla colazione, ma cosa rappresenta per te la colazione?
La colazione è un momento essenziale della mia vita fin da piccola. Mia madre apparecchia ancor oggi la tavola la sera prima, in modo da entrare in cucina al mattino e avere l’impressione che qualcuno abbia pensato a lei. Per me la colazione è sempre stata il pasto in cui potevo farmi i fatti miei a tavola, nonostante la mia ingombrante famiglia. Ci sono affezionata per questioni esistenziali e non posso farne a meno per rifornire il mio corpo di quel che ha bisogno per mettersi in moto. La faccio due, anche tre volte, ogni mattina. Prima una moka da tre, poi un altro caffè e qualcosa di sostanzioso. E magari capita anche di passare al bar in tarda mattinata, dove prendere il mio immancabile americano decaffeinato – altrimenti che sente la mia insonnia? – e qualcosa di salato.
Sono una collezionista di cose per la casa fin da anni non sospetti: ho sempre comprato tazze, piatti e bicchieri spaiati. Mi piace così. Invece per le tovaglie c’è un trucco: sono scampoli, altrimenti avrei bisogno di una stanza solo per ricoverarle tutte.
Petunia Ollister, nom de plume di Stefania Soma, ex conservatrice dei beni culturali attualmente dedicata alla bassa manovalanza nell’industria culturale e alla promozione online della lettura in chiave pop.
Qui potete trovare il suo libro Colazioni d’autore
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