Filosofia

#VENTUNO_V: SOLO IL MERCATO CI PUO’ SALVARE?

21 Dicembre 2014

Lorenzo Castellani Partiamo dalle origini, il mercato è quell’accordo con cui gli individui soddisfano bisogni a cui non sono in grado di provvedere da soli attraverso lo scambio di beni prodotti dalla divisione del lavoro. La base del mercato è la libera determinazione dei prezzi prodotta dal meccanismo sopra descritto. È così che nella libertà delle scelte e nel successo di queste, ciascuno può soddisfare una enorme quantità di bisogni a seconda delle proprie capacità e fortune. Quanto c’è ancora di originario nella versione odierna del libero mercato dove i meccanismi, pur rimanendo centrati sul sistema base, si sono molto sofisticati ed intrecciati con finanza, regolazione e settore pubblico?

Michele Silenzi Il mercato è certamente tutto questo ma è anche qualcosa di più. Il mercato è il nostro ecosistema. L’orizzonte di funzionamento e di coordinamento delle nostra società contemporanee. In un mondo in cui gli Stati, come dicevamo la scorsa settimana, tendono a perdere naturalmente una buona parte delle loro funzioni, una perdita non legata ad alcuna volontà specifica ma endemica all’evoluzione delle istituzioni, il mercato emerge sempre di più come il naturale catalizzatore delle relazioni tra gli individui. Individui che vivono separati ma sempre uno accanto all’altro, sebbene a distanza di decine di migliaia di chilometri, perché hanno bisogno l’uno dell’altro. Il mercato li mette in comunicazione. Il mercato emerge come il bisogno di relazioni degli individui. Il mercato è un nuovo modo di stare insieme, di condividere. È una nuova comunità. Il mercato non è creato da qualcuno, il mercato non è una cosa. Il mercato è il nome che diamo al libero bisogno che abbiamo degli altri. È spaventoso come tutte le cose stupefacenti, come tutto ciò che è sorprendente. Quindi si cerca di arginarlo. E come si prova a fermarlo, a impedirgli di esistere? Ovviamente attraverso una smodata regolazione organizzata dai governi che si sentono scavalcati e vinti da questa grande forza di liberazione.

LC E qui passiamo da Adam Smith alla crisi finanziaria scoppiata nel 2007. La vulgata tradizionale vuole che la crisi sia colpa del mercato o, meglio, del cosiddetto neoliberismo. È davvero così? Il mercato resta un libero scambio di informazioni tra individui volti a determinare il prezzo dei beni commerciati, proprio come sottintendevi tu. Il fallimento è parte del mercato stesso, anzi, ne costituisce una parte vitale per cui chi non incastra più domanda e offerta viene naturalmente sanzionato. Pertanto è assurdo parlare di fallimento del libero mercato, ciò che è stato sbagliato nei primi anni 2000 sono state le regole che hanno impedito al mercato di funzionare correttamente secondo il suo equilibrio naturale. Certo però che le crisi aprono sempre scenari spaventosi in cui sono in gioco le vite delle persone e allora la questione controcorrente mi sembra la seguente: si può uscire da una crisi finanziaria ed economica con più mercato e meno regolazione?

MS Il processo di tentativi ed errori è il modo in cui funziona il mercato. E non è un caso che è anche il modo in cui funzionano la vita e le nostre azioni. Tutte le decisioni che prendiamo, tutto ciò che facciamo procede per tentativi ed errori, è così che impariamo ad agire e a conoscere il mondo. E così fa anche il mercato che è un sistema, anzi, un ecosistema ancora molto giovane e che è sempre in via di perfezionamento. Il processo del mercato commette un’enorme quantità di errori, ma sono errori involontari verso quello che è un suo miglioramento generale. E’ un meccanismo di coordinamento di tutte le decisioni e di tutti gli interessi talmente enorme che nessuna singola istituzione (uno Stato, una banca centrale, etc…) per quanto grande potrebbe mai gestire. Intervenendo in questo processo che è il mercato si creano delle deviazioni che impediscono il meccanismo di coordinamento tra i suoi attori che è il ruolo principale del mercato. Giustamente citi la crisi del 2007, che è poi la crisi che ha dato il via a tutta la crisi sistemica che ancora attraversiamo. Chi è il principale responsabile di quella crisi? I banchieri avidi e cattivi? No, o almeno solo in seconda battuta. La causa principale di quella crisi è stato l’interventismo economico del governo americano sulla politica di allocazione dei mutui.

LC Tuttavia oggi le ragioni del mercato incontrano un problema complesso, con uno Stato così invasivo sia in termini di servizi erogati che di regolazione come si può tornare indietro? Come si può, visti i deficit prodotti dalla democrazia che abbiamo analizzato, far indietreggiare le frontiere dello Stato? Oggi sembrerebbe più semplice cercare di far funzionare lo Stato piuttosto che farlo ritirare. L’unica strada è una infusione culturale ai limiti del politicamente corretto che restauri la preminenza dell’individuo, della società e quindi della libera contrattazione all’interno di questa, una propulsione tale da liberarsi dalle catene burocratiche, regolatorie e coercitive create dallo Stato contemporaneo. Non credo esistano alternative alla cultura politica e la sua più ampia possibile diffusione.

MS Probabilmente è proprio così. Per aprire spazio per il mercato è necessario uno Stato che si ritiri. Ma come giustamente dici, uno Stato in regime di democrazia liberale che vive tutte le difficoltà della sua stessa amministrazione, di cui abbiamo già parlato, è quantomeno difficile che riesca a farlo. Soltanto chi è forte riesce a limitarsi e oggi la maggior degli Stati occidentali sono estremamente deboli, immobilizzati da una opinione pubblica superstiziosa e da un debito soffocante, due aspetti che sembrano lontani e che invece si alimentano a vicenda e spesso dipendono l’uno dall’altro. Il paradosso è che solo governanti davvero autorevoli sono in grado di limitare il raggio di azione del loro stesso governo, limitarne il potere. Una soluzione a tutto questo non so se ci sia perché in fin dei conti la cultura politica è frutto del suo tempo e, visto che parliamo di mercato, risponde alla domanda che le persone ne fanno. Ognuno ha i governanti che si merita.

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