Filosofia
Utopie moderne e oscurantismo
Davide Morelli, ieri, si è espresso con un suo intervento qui, su Speaker’s Corner, riguardo alla possibilità di una società di atei, concludendo che, dopo l’assassinio di Dio che Nietzsche ha commesso nella Gaia Scienza (e meno male!), il fanciullo non si è evoluto e non è andato oltre la vecchia morale.
Mi permetto di dissentire. Noi siamo andati ben oltre la vecchia morale e abbiamo costruito un mondo più giusto, pur non perfetto, di quello che c’era prima, quando tutto era in balia del furore religioso. Anche se può non sembrare così, vista la quantità di guerre e d’ingiustizie, di problemi coloniali e postcoloniali che ancora affliggono il mondo. Ma se, in molti paesi del mondo, le donne votano e possono protestare per uno stupro e averne ragione in tribunale, questo è sicuramente un mondo migliore.
Codesto furore religioso, peraltro, persiste in società che non hanno ancora elaborato il lutto divino. Non se ne sono accorti, nessuno li ha informati, e credono che il loro dio sia vivo e vegeto, che si chiami Yahweh o Allah importa poco. È la divinità il problema.
Addirittura Morelli, alla fine del suo intervento afferma:
“Nonostante la presenza di molte religioni ci sono tante guerre e tanti crimini. Immaginiamoci cosa succederebbe senza la religione! Persino gli illuministi erano deisti. Ci sono scienziati miscredenti che poi alla fine sono panteisti. O si crede in Dio o si crede nel proprio io. Terzo escluso!” E qui, potrebbe avere ragione: vincer sé stessi è la maggior vittoria.
Da psicologo, Morelli sa che tutto è un atto di volontà, anche dio lo è, non per sé ma perché viene fatto esistere dall’uomo. E che la paura della punizione divina è una distorsione patologica. Prima aveva affermato:
“Margherita Hack, scienziata atea, sosteneva che se gli uomini si comportavano male non era per colpa della fede ma della mancanza di sensibilità. Ma questa sensibilità da dove viene fuori? Molto spesso da un’educazione e un’etica che sono intrinsecamente religiose! Anche chi sospende il giudizio e non crede ha inconsciamente paura di una punizione divina ultraterrena: è per questa ragione spesso che non si comporta male.”
E:
“Ma ancora una volta qual è il più potente freno inibitorio per non comportarsi male? Il senso di colpa, il rimorso! E l’unico modo per avere il senso di colpa è ricevere un’educazione religiosa.”
Il nocciolo della questione è lì. Il senso di colpa è uno strumento del potere, che per secoli se non per millenni è stato supportato dalla religione, almeno in Occidente fino alla ghigliottina del 1789, per far sentire colpevole l’uomo della strada e rovinargli la vita.
Io, e molti altri, il senso di colpa l’abbiamo elaborato, senza bisogno di aiuti ostetrici, e sotterrato, adesso sarà concime.
L’indottrinamento sin dalla più tenera età, cosa che accade in maniera preponderante nelle scuole islamiche e in quelle ebraiche, attualmente, e meno nelle scuole laiche occidentali, inculca la favola biblica della creazione pretendendo che gli sgamatissimi giovani d’oggi ci credano. Come no. Molti di loro credono alle panzane di Chiara Ferragni e alle sue beneficenze.
Non paghi della ghigliottina, i preti, soprattutto cattolici, hanno continuato per un bel po’ e continuano ancora oggi, con scarso successo, non agitando più ormai diavoloni e fiamme eterne perché verrebbero presi a pernacchie, ma insinuando sempre il senso del peccato, della colpa, e si vede perfino nelle uscite infelicissime di Bergoglio sulle frociaggini varie, sull’eutanasia, sull’aborto e così via.
Anacronismi purtroppo ancora presenti tra le sottane ecclesiastiche.
Qualche sprovveduto che ci crede, tra i giovani, c’è sempre, soprattutto se proviene da famiglie osservanti assai problematiche, ma in maggioranza, almeno da noi, i giovani hanno porto tanti saluti al serpente parlante e alla mela della pseudosapienza.
No, Morelli, non è il senso di colpa che serve per comportarsi bene. È il rispetto della dignità di sé stessi. E, per avere una propria dignità che si possa chiamar così, bisogna buttare alle ortiche i libri sacri e il senso di colpa e studiare il prossimo in relazione a sé stessi. E non è nemmeno il cristiano ama il prossimo tuo come te stesso, perché io non devo necessariamente amare il mio prossimo, mi è lecito anche detestarlo se è un deficiente e non compio alcun peccato mortale se lo faccio. Sarebbe meglio, però, comprendere le sue intenzioni e muoversi in una direzione di tolleranza e rispetto, quando possibile, e, qualora non lo fosse, prepararsi alla difesa della dignità. Lo scrivevo nel mio ultimo intervento sul paradosso della tolleranza.
Una nota. Il senso di colpa non viene, oggi, esclusivamente dalla religione. Il potere fornisce sensi di colpa a bizzeffe, modellati su quello religioso, ma senza punizioni divine come spauracchio. Ovviamente il potere basato sulla menzogna: vediamo le campagne elettorali di tutti questi smandrappati che pretendono un posto al sole, baciando rosari e dando la colpa dei nostri problemi (ma sarebbe meglio dire dei suoi problemi psicopatologici) a chi non c’entra proprio, come i migranti, facendo come il Lupo e l’Agnello di Esopo. Capitani e generali oggi molto in voga ci affondano le proprie ideologie da bar dell’angolo.
Vediamo anche come i vari Trump e Putin, per non parlare dei mullah iraniani, demonizzino l’avversario, attribuendogli colpe attraverso le quali vorrebbero indicare che loro sono quelli che agiscono secondo ragione.
Una delle religioni che hanno come vessillo il senso di colpa è il consumismo: se non possiedi questo o quel ciarpame che il testimonial o l’influencer dicono che è necessario avere per essere, sei un colpevole. Ma qui si aprirebbero altre considerazioni che ho già affrontato in passato e che mi annoia ricordare sempre.
Io mi comporto bene, non rubo, non stupro nessuno, faccio del bene quando posso, soprattutto a me stesso e a chi non ce la fa, non sperpero il mio denaro per minchiate alla moda, non cadendo preda dei sensi di colpa che mi vengono lanciati come frecce avvelenate da ogni pulpito (sono immunizzato, fatevene una ragione), non desidero la roba d’altri e ho onorato il padre e la madre perché sono stati due genitori esemplari.
Ho conosciuto e conosco dei genitori terribili che avrebbero dovuto essere interdetti per come hanno rovinato la vita propria e dei figli e ho assistito a come non siano stati onorati da questi ultimi, i quali dopo sensi di colpa tremendi, se ne sono liberati, con tutto quello che ne consegue. Si raccoglie ciò che si è seminato.
No, il senso di colpa, da psicologo, dovrebbe sapere che è la fonte di tutti i mali. Non è inculcandolo che si ottiene la soluzione. Il nuovo senso di colpa ultradivino alla moda è la rovina climatica del pianeta dovuta all’uomo e ai suoi peti, per esempio. Altra patologia da cui prendere le distanze immediatamente.
È la consapevolezza, piuttosto, il traguardo da raggiungere, la consapevolezza di sé e del mondo che ci circonda, perfettibile, naturalmente, anche perché ogni epoca ha le sue consuetudini, le sue conquiste, i suoi progressi. E la lotta sull’oscurantismo non si fa con un deismo generalizzato e con nuove e spesso insulse tavole della legge bensì col rispetto. Di sé stessi, innanzi tutto, e della propria dignità.
Quindi, sì, benvenuta una società atea e consapevole, sebbene sia un’utopia per via della presenza ingombrante e maggioritaria degli ottentotti di Berchet. E, per favore, riguardo a questi ultimi, risparmiatemi lo sprezzo antirazzista del politicamente corretto perché altrimenti esplodo.
Gentile Massimo Crispi,
la ringrazio per la lettura del mio articolo e per la sua risposta. Lei a mio avviso si è soffermato troppo sul senso di colpa: il mio articolo non trattava esclusivamente di esso, ma, casomai, ne trattava in modo marginale. Ma veniamo al senso di colpa che in lei ha suscitato tanto interesse. Nietzsche in “Genealogia della morale” scrive che i tre mezzi principali per far rispettare una morale sono il senso di colpa (meccanismo psicologico), la vergogna (meccanismo psicosociale), la pena (quindi il carcere o la condanna penale). Da che mondo è mondo ogni etica è un’imposizione e ha una sua violenza psicosociale (come minimo). Ogni educazione e con essa ogni trasmissione di valori come minimo fa uso del condizionamento operante (rinforzi positivi e negativi, semplificando premi e punizioni). Comunque il mio articolo era più complesso e il senso di colpa era una piccola parte. Sono però perfettamente d’accordo con lei che alcune persone sono attanagliate dai sensi di colpa e che l’educazione cattolica (in gran parte la morale sessuale cattolica) ha fatto dei danni psicologici. Però dovremmo aspettare cinquant’anni per sapere se il porno di massa, il consumismo sessuale, la libertà sessuale, posti quasi come valori fondanti della gioventù, faranno più o meno danni della repressione cattolica dei tempi andati. E per dirla alla Guccini noi non ci saremo. Comunque la ringrazio per il suo bell’articolo, che comunque è più complesso e articolato e io ne ho estrapolato solo una parte (ma è quella che mi ha più colpito). Cordiali saluti. Buona giornata.
Grazie della sua risposta, Morelli.
Una società atea non implica il consumismo sessuale e il porno di massa come valori fondanti. Una società atea, come scrivevo, dovrebbe avere innanzitutto il rispetto della propria dignità e la propria dignità passa certamente anche dalla libertà sessuale, che è ben altra cosa dei limiti del consumismo e del porno. Libertà è un termine che contiene molti significati e molti valori che possono anche essere travisati e stravolti, interpretati in senso illiberale, come fanno molti conservatori, che pretenderebbero la libertà d’insultare anziché di rispettare, vedi il generale da operetta che siede a Bruxelles.
Non credo che dovremo aspettare tanto. I danni che il consumismo ha fatto si sono già visti e si continuano a vedere, le giovani generazioni sono devastate ma non per la mancanza di senso di colpa bensì dalla sconoscenza del rispetto di sé stessi e degli altri, con un ego ipertrofico che, se prima era mortificato dalla religione, con tutti i danni che ne conseguivano, oggi sembra essere sfuggito di mano a chi avrebbe voluto esaltarlo per spronarlo al consumo.
Nietzsche sembra un po’ superato dagli eventi, diciamo, sono successe parecchie cose, nel frattempo, e forse bisogna guardare a pensatori un po’ più recenti.
Da ciò che mi capita di osservare noto che nemmeno la vergogna sia un sentimento che oggi si prova per rendersi conto degli sbagli intrapresi, basti guardare le classi politiche di tutto il mondo dove nessuno ha più vergogna di dire la prima minchiata che passa per il capo, senza il minimo scrupolo.
La pena, poi, è qualcosa che viene comminata a piacere, senza più alcun riferimento a un codice, viene data attraverso i social, per alzata di like, la funzione della magistratura, a livello di percezione generale, è messa in dubbio, nel nostro paese come nella patria della democrazia d’oltremare. Emeriti cialtroni come Elon Musk e Donald Trump possono permettersi di cambiare la realtà come vogliono, impuniti.
Per questo Nietzsche è démodé, parla una lingua (post)romantica inadeguata alla nostra modernità, che invece è molto più fluida e mistificata da intelligenze artificiali e imbecillità naturalissime.
Penso che il problema principale sia come difendersi, appunto, dall’imbecillità e quindi dall’irrazionalità. Di certo l’AI complica le cose.
Cordialmente e a presto