Filosofia

Un libro per portare chiarezza: “La sinistra di destra”

24 Ottobre 2019

“La sinistra di destra” di Mauro Vanetti, presentato a Milano all’Arci L’impegno, offre l’occasione per affrontare un tema che nonostante la rilevanza rimane quasi sottinteso, almeno nella scena mediatica nazionale. Quali aspetti politici effettivamente sono da ricondurre a sinistra in questa epoca di fervente cambiamento politico? Cos’è davvero ciò che comunemente è chiamata sinistra? Nelle bocche della maggior parte delle persone è il centro-sinistra a essere inteso come sinistra tout court. Soprattutto ora che si è separata in Italia Viva la costola destrorsa, si sarebbe portati a pensare che Zingaretti guidi il PD recuperando una certa tendenza social democratica.

Non è così per l’autore, il PD rimane nonostante le sue radici, anzi proprio per quelle, la vecchia sinistra della destra. Di destra inteso in senso marxista, cioè capitalista. E forse dovrebbe essere l’accezione comune, come potrebbe mai esserci un partito che propone il progresso economico, il superamento dello sfruttamento e non essere di sinistra? Eppure accade il contrario, mette in guardia Vanetti. C’è una parte di sinistra o sedicente tale, come nel caso del “pensiero” di Diego Fusaro, che tratta aspetti riconducibili al superamento del capitalismo, ma al contempo ripropone argomenti di destra. Come la scarsa attenzione per la questione femminile, oppure richiami alla perduta sovranità della patria, cioè al nazionalismo, o ancora è contraria all’immigrazione per vari arzigogoli logici. È anche questa sinistra di destra, quella nuova.

Il PD è facile comprendere come rientri in questa categoria; è preponderante il suo aspetto liberale e liberista, adeguato alle prospettive economiche europee come a quelle atlantiche. La questione della donna è affrontata sul piano formale, e con prospettiva individualista che esulta per una donna alla Commissione Europea, ma non critica o non si pone il problema che questa sia eletta nel partito della Merkel. Oppure sugli immigrati si rende fautore dei lager libici. Minniti fu iscritto al PC e ora fa parte della destra. Quella di sinistra, ma nemmeno troppo se si pensa alla sua legge. È quasi buffo, ma nel PD ciò che rimane della sinistra sono i trascorsi di quelli che poi hanno fatto le leggi più a destra: Minniti certo, e già prima Ferrero e Napolitano sempre sull’immigrazione, ma non dimentichiamo anche le privatizzazioni di Bersani. Se si riflette un attimo si ricorda come anche il Partito Socialista di Craxi di socialista avesse ben poco. Per varie ragioni sistemiche che passano dal crollo del bipolarismo mondiale alla globalizzazione, il PD è diventato il riferimento della nuova classe dirigente, completamente scollegato dalla divisioni in classi sociali del popolo.

A sinistra il moderatore della presentazione, Stefano Santangelo e alla sua destra l’autore del libro, Mauro Vanetti

Per la sinistra che ha posizioni destrorse invece il discorso passa per zone meno definite. Si può forse parlare di rossobrunismo, una parola ormai in voga. A volte si cerca di definire aspetti marxisti in una chiave nazionalistica. Si parla di sovranismo di sinistra, che non è altro che opportunismo camuffato da nazionalismo. Oppure posizioni ambigue sulle donne, che paradossalmente si appoggiano su una retorica liberale della donna (o anche della comunità LGBT ma qua il tema si fa più complesso), per cui queste hanno ormai le stesse opportunità e quindi ogni pretesa di uguaglianza sostanziale, cioè di trattamento parificato in campo lavorativo viene prima miscelata con i diritti civili e poi bollata negativamente con il sedicente termine di sinistra fucsia, o per capirci accentramento borghese. Nel frattempo, ricorda Vanetti, le donne guadagnano il 40% in meno nella propria vita rispetto ad un uomo; si dimentica oltre a questo che sono proprio i partiti socialisti e le donne socialiste che fin dall’800 chiedevano voto, diritti e uguaglianza, prima di ogni altra corrente politica. Però per la nuova sinistra di destra ogni pretesa di uguaglianza, che con uno strano avviluppo è esterna alla lettura di classe, diventa una cospirazione capitalista.

Se abbiamo attraversato una fase sul finire del ‘900 in cui i partiti si chiamavano socialisti e poi non lo erano, e con il contrattacco del capitalismo e la conseguente fase neoliberista dell’economia sono venuti meno anche questi richiami velleitari, la fase populista ha rimescolato le carte ulteriormente. Si è generata nuova confusione, si osservano proposte di destra da partiti comunisti come quello di Marco Rizzo o aperture più a sinistra del PD stesso come le rivendicazione keynesiane da parte dei populismi di destra come lega o 5stelle. Non si tratta di dire la vera sinistra è altra cosa, per Vanetti in realtà non sappiamo più distinguere cosa è di sinistra e cosa no per un disorientamento programmatico, un scarsa memoria storica. Ma anche perché in quella che Bernard Manin chiamerebbe democrazia del pubblico, l’elettore medio è profilato come il più centrista possibile e quindi lo scadere delle argomentazioni verso la moderazione ha favorito la marcia verso destra dei partiti d massa, sottraendo spazio e sfrondando le posizioni più estreme (o semplicemente di sinistra, come l’anticapitalismo). Questo è accaduto più in Italia che all’estero. Così siamo spaesati e confondiamo l’assenza di una rappresentanza parlamentare che aderisca a idee di sinistra con la mancanza di queste idee, adattandoci a quel che c’è e rischiando così di ritrovarci su posizioni che nulla hanno dell’ideologia a cui ci si sente di appartenere. Per fortuna arriva questo libro a fare ordine con uno stile gioviale quanto il suo autore, e che nonostante l’analisi severa risulta perfettamente digeribile, almeno per chi non scoprirà che stava guardando a destra pensando che fosse sinistra.

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