Filosofia

Popsophia, Riccardo Dal Ferro: “Uguaglianza possibile estendendo la conoscenza”

3 Luglio 2020

Popsophia”, il Festival della Filosofia del Contemporaneo sarà il primo a livello nazionale con il pubblico dal vivo. Pesaro, una delle città più colpite dall’emergenza sanitaria, si fa così capofila della ripartenza con quattro giornate all’insegna della cultura. Il tema di questa decima edizione, dedicata al maestro del cinema Federico Fellini in occasione del centenario della sua nascita, sarà il Realismo Visionario, solo rivolgendo uno sguardo visionario sulla realtà riusciremo infatti immaginare nuove possibilità.

Numerosi gli ospiti che parteciperanno. Tra questi il pop-filosofo Riccardo Dal Ferro che, nella giornata di ieri, è intervenuto sul tema della diseguaglianza a partire dalla visione del film The Platform. Gli abbiamo posto tre domande:

1) “L’unico vero realista è il visionario”, diceva Federico Fellini. Che società e che futuro ci aspettano dopo il Covid?

Chiunque si lanci in facili profezie, siano esse ottimiste o disfattiste, rischia di venir smentito in modo spettacolare. Noi non abbiamo idea di come reagirà la collettività a ciò che abbiamo appena vissuto, semplicemente perché non l’abbiamo mai vissuto in questo modo. Nei secoli precedenti, ogni vita di essere umano poteva contare su almeno due o tre epidemie più o meno gravi. Ciò permetteva in primo luogo di mantenere memoria delle reazioni e delle problematiche, in secondo luogo di tramandare più facilmente il sapere acquisito di generazione in generazione. Lo stato di benessere relativo che abbiamo invece vissuto dal secondo Dopoguerra ci dimostra che non sono state mantenute né la memoria delle precedenti epidemie, se non tra gli specialisti, né l’atteggiamento utile per affrontarle. Io non ho idea di cosa accadrà domani perché non ho memoria del luogo in cui ci troviamo e se a questo aggiungiamo il fatto che il mondo che ci circonda è diversissimo da tutti quelli passati, capiamo perché le profezie, oggi più che mai, sono deleterie. Posso dirti cosa spero che accada: spero che manterremo memoria di quel che è accaduto e che riusciremo a tramandare i saperi, i comportamenti e gli atteggiamenti corretti (i pochi che abbiamo manifestato in questo frangente) al fine di essere più pronti la prossima volta. Ecco l’unica profezia che mi sento di fare (e la faccio perché corroborata da studi scientifici): accadrà di nuovo. Magari non tra 5, non tra 10, ma tra 20 o 50 anni. Ricordiamoci quel che è successo e saremo un po’ più pronti. 

– Nell’immaginario comune la filosofia è un concetto legato all’antichità. Ha mio avviso ha perso molto valore con l’avvento della società liquida e individualista. Eppure, in questo festival si parla di “Filosofia del Contemporaneo”. Che significa?

La Filosofia ha da sempre a che fare con l’individuo e con il cambiamento. La domanda nasce da un fraintendimento di ciò che la filosofia fa e il luogo da dove nasce. La “collettività” non fa filosofia, la “società” non produce pensiero filosofico: esso nasce dal singolo che si confronta con la propria caducità, con la propria condizione fragile e transitoria, con i propri problemi senza risposta. Oggi, come nell’Antichità, il filosofo è letteralmente l’individuo che si renda conto di stare in un mondo caotico e complicato e che si accorge di avere un solo strumento per dare un minimo di ordine a quel trambusto che è l’esistenza: il pensiero. Quindi, nessuna liquidità sociale e nessun “individualismo” può mostrare il declino della filosofia. Semmai è il contrario: laddove perdiamo l’individuo in virtù dell’identità e dell’appartenenza, dove si perde il valore della singolarità dispersa nella comunità, là ecco che la filosofia viene meno. Finché siamo individui che col pensiero affrontano il mondo saremo ancora come Anassimandro. 

– Durante il Festival, hai affrontato – attraverso una lettura filosofica del film The Platform – il tema della diseguaglianza. Da filosofo come percepisce la realtà italiana su questo tema? In questi giorni le diseguaglianze di genere sono oggetto di un particolare dibattito: come interpreta questo fenomeno? Nel nostro Paese le donne sono realmente emancipate e sullo stesso livello degli uomini?

Siamo disuguali, ma lo siamo di meno rispetto al passato e (speriamo) di più rispetto al futuro. Siamo disuguali in Italia, ma lo siamo di meno rispetto ad altri luoghi e di più rispetto alla maggior parte del mondo. Possiamo quindi fare ancora molto di meglio, anche se esiste un sostrato naturale di disuguaglianza per il semplice fatto che all’interno di una collettività si produrranno sempre eccellenze che spiccheranno e deficienze che verranno sommerse: è un atto di selezione che non riusciremo mai ad eliminare del tutto, ma la cultura serve a smussare gli spigoli di questo processo altrimenti crudele e insopportabile. Credo che il problema attuale sia tentare di raggiungere l’uguaglianza a colpi di leggi, regole e convenzioni, quando in realtà l’uguaglianza si livella grazie alla libertà di pensiero e di espressione. Oggigiorno, troppo spesso tentiamo di raggiungere l’uguaglianza, in ogni senso, non accrescendo la partecipazione di tutti e dando a chiunque la possibilità di giocarsi il proprio talento nel mondo, ma livellando al ribasso le possibilità, la libertà e le capacità. Non si raggiunge uguaglianza sopprimendo la competizione, eliminando le valutazioni, disarmando i criteri di confronto. Si raggiunge l’uguaglianza accrescendo le capacità e le competenze di quante più persone possibile, ascoltando i loro talenti e desideri e accordandoli ad un contratto sociale funzionante. In un mondo le cui sfide valicano la comprensione del singolo (Intelligenza Artificiale, Ambiente, corsa tecnologica) serve maggiore libertà di azione per avere maggiore uguaglianza e troppo spesso si fa la strada esattamente contraria. 

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