Filosofia
Nostalgia, storia di un sentimento che dà speranza
Basta poco a rievocare ricordi e incontri passati: qualche immagine, un profumo, le note di una canzone social dedicate a giochi, canzoni o pubblicità tipiche di un partico le note di una canzone, ed è subito nostalgia. Un sentimento eterno, imparentato con la malinconia, che però oggi la ricerca rivaluta, ricordandoci che può servire a superare momenti difficili e a recuperare il nostro senso di idoneità. Oltre ad aiurtarci a socializzare, particolarmente nell’era della nostalgia 2.0. che si sviluppa attraverso siti o pagine social dedicate a giochi, canzoni o pubblicità tipiche di un particolare decennio. A farlo notare è e la filosofa Lucrezia Ercoli, autrice di un saggio sul tema intitolato “Yesterday Filosofia della Nostalgia” che analizza il fenomeno dal punto sociale, psicologico e anche economico. Un libro nato nel lockdown, un momento in cui il rimpianto per il passato è emerso con particolare chiarezza “ma la nostalgia è una caratteristica umana cui non si può comunque sfuggire, anche se si accentua nei momenti di crisi, quando c’è una spaccatura collettiva, un cambiamento”, ricorda Ercoli. Non è un caso che la nostalgia è molto presente anche alla soglia dell’età adulta, oltre che nei momenti di disorientamento, come la pandemia, in cui ci guardiamo indietro per reintegrare quanto avvenuto nella nostra storia. Nonostante le origini classiche risalenti al greco, dolore del ritorno, fu uno studente di medicina d Basilea, Johannes Hafer, il primo a scrivere una tesi intitolata “Dissertazione medica sulla nostalgia” le sofferenze dei mercenari svizzeri al servizio del re di Francia, costretti a stare a lungo lontani dalle loro montagne. Un fenomeno che sembrava circoscritto a quel paese, tanto che per un certo periodo si è parlato anche di mal di suisse.
Se oggi però vediamo la nostalgia come un’emozione affine alla malinconia, all’epoca se ne descrivevano i sintomi fisici apparentemente scatenati dai canti tradizionali dei guardiani di vacche tanto che all’epoca sembra che agli Svizzeri in servizio all’estero fosse proibito di cantare o suonare queste melodie, per evitare conseguenze. Teniamo in considerazione che la distinzione tra sofferenze fisiche e psicologiche non hanno più rilevanza, oggi consideriamo corpo e mente un tutt’uno, e succede spesso che i sintomi fisici si servono del corpo per esprimere ciò che è difficile esprimere a parole.
L’idea della nostalgia però è molto più antica del termine che usiamo per definirla, intanto perché è impossibile affrontare questo tema senza pensare a Ulisse, che incarna l’ambivalenza di un sentimento al tempo spesso piacevole struggente. Ulisse vuole tornare a Itaca ma, in effetti, rimanda sempre il suo rientro, ed è proprio questo che rende fascinoso questo eroe.
Il ricordo di un’età dell’oro da rimpiangere è poi presente in moltissime culture, con tutte le sue ambiguità, non dobbiamo dimenticare che quella che per qualcuno è l’età dell’oro può essere per altri un presente non gradito. Nel film “Midnight in Paris”, in cui il protagonista si trova immerso nella Parigi degli anni venti, un’epoca che vede piena di fascino in contrasto con l’esistenza prosaica che conduce nella realtà, tanto da stupirsi quando scopre che la fanciulla incontrata lì, per cui gli anni venti sono la realtà quotidiana, rimpiange invece un’altra età dell’oro, la Belle Époque.
In effetti, in ogni epoca si è sempre fatto riferimento con nostalgia ai tempi andati, spesso ricostruiti e riproposti in modo fittizi: come gli anni cinquanta di Happy Days, che mostrano un’America felice e sicura ignorandone le contraddizioni, “tanto che per descrivere serie come Happy Days o film come American Graffiti si parla di cinquantezza, più che di anni cinquanta”, spiega la Ercoli. “Le fiction non ci propongono la realtà, ma gli anni cinquanta che ci piacerebbero, un mondo felice dove ritrovare la propria identità, e che ci conforta dinanzi ad un presente che non corrisponde alle nostre aspettative”. Tanto che oggi l’operazione nostalgia arriva a proporre come passato felice gli anni novanta, o meglio l’immagine che ci piace averne.
La vera domanda, forse, non è dove o a quale epoca vorremmo tornare, ma a cosa. Spesso pensiamo di rimpiangere il luogo delle origini, il paese natale, quando in realtà si rimpiange quello che eravamo allora. La nostalgia ha una valenza positiva perché costringe un andirivieni tra passato e presente, attraverso memorie retroattive o après coup.
La memoria può fare scherzi, e portarci a rimpiangere anche esperienze che all’epoca non avevamo apprezzato. Ricorda la Ercoli: “La nostalgia non è un meccanismo oggettivo, è selettiva e ci espone a cambiamenti dell’immaginazione”. Molte opere d’arte nascono dalla nostalgia, dalla ricerca di un ricordo, inevitabile pensare alle madelaine di Proust, ma soprattutto la musica – come il canto dei vaccari che ha contribuito a generare il termine- ha un ruolo fondamentale nel far emergere ricordi nostalgici. “La musica è per definizione l’arte del tempo” afferma Ercoli, che ha cominciato la sua ricerca sul tema partendo dal rapporto di Rousseau con la musica. “Pensiamo per esempio al valore simbolico del walkman, delle cassette che si riavvolgono per riascoltarle”. Oggi poi viviamo la nostalgia nell’era della riproducibilità tecnica, se una volta questi ricordi erano personali, legati alla nostra unicità, oggi le immagini i suoni, sono riprodotti e condivisi in modo da far diventare nostri anche i ricordi che non abbiamo vissuti, si genera una corrispondenza tra individuale e collettivo: un fenomeno che viene sfruttato dal marketing producendo un supermercato della memoria, dove andiamo a comprare ricordi. Basti pensare al successo della trasmissioni che ripropongono canzoni e spezzoni televisivi del passato, apprezzati anche chi all’epoca non era ancora nato, o alle decine di pagine e gruppi sociali dedicati a quelli che erano giovani negli anni sessanta, settanta, ottanta. In questo modo i media svolgono un ruolo fondamentale nel costruire una nostalgia generazionale che si condivide con chi ha visto quel cartone animato o ascoltato quel tormentone: poche cose generano altrettanta vicinanza tra sconosciuti come il ricordo di un Carosello visto nell’infanzia. “Un fenomeno che i social sfruttano contribuendo ad abbreviare il tempo della nostalgia, basti pensare a come Facebook ci riproponga quotidianamente ricordi anche recenti”.
Se un eccesso di nostalgia può essere nocivo perché si corre il rischio di precludersi la possibilità di vivere il presente, pensiamo alla malinconia indotta dalla fine dell’estate, all’incapacità di godere i bei momenti per la consapevolezza che finiranno presto c’è anche il rovescio della medaglia. Infatti, dietro all’apparente frivolezza del fenomeno nostalgia, e al suo sfruttamento mediatico, capita, non di rado, che ci sono emozioni vere. Pensiamo ai migranti: la nostalgia li aiuta a mantenere la continuità tra presente, passato e futuro e questa è una risorsa rispetto all’attitudine di chi rifiuta totalmente la propria cultura per abbracciare il nuovo, oppure si chiude nei ricordi senza dialogare.
C’è però il rischio di farsi prendere la mano elogiando i bei tempi andati senza renderci conto dei problemi che allora esistevano, come le disparità sociali, o il cibo genuino, ma disponibile solo per una minima quota della popolazione. “Quando prende questa deriva, la nostalgia collettiva può focalizzarsi su un momento storico in cui eravamo , pensiamo a come l’immagine dell’impero britannico ha contribuito alla Brexit, o all’idea putiniana della Grande Russia, possiamo trovare un elemento populista nel rimpianto per il passato, ma bisogna distinguere tra nostalgia regressiva e nostalgia che ci aiuta a rinsaldare la nostra identità”, ricorda Ercoli.
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