
Filosofia
Lettera aperta a Mark Zuckerberg (Open letter to Mark Zuckerberg)
È un gesto, non una polemica.
Una riflessione sull’umano che resiste alla compressione algoritmica.
Lettera aperta a Mark Zuckerberg (Open letter to Mark Zuckerberg)
Caro signor Zuckerberg,
non voglio insultarla, né convincerla. Voglio solo raccontarle tre evidenze che riguardano ciò che accade ogni giorno su Facebook. Non si può pubblicare il seno di una donna. Viene rimosso. A meno che quella stessa immagine non sia parte di una sponsorizzazione, di una campagna pagata. Allora tutto è concesso. Il corpo smette di essere corpo e diventa contenuto. È il denaro che sblocca la nudità, non il rispetto. La libertà del corpo è accettabile solo se monetizzata. Il limite non è il pudore. È il prezzo. Ci sono testi che non offendono, non incitano all’odio, non violano nessuna norma. Eppure, vengono rimossi. Perché un algoritmo non capisce. Perché una segnalazione anonima basta. Perché la parola non sponsorizzata pesa meno. La censura non è più un atto. È una funzione. E chi viene silenziato non ha nemmeno qualcuno a cui chiedere il perché. Ci sono video dove si sniffa, o si finge, di “pippare” cocaina. Dove si bestemmia. E l’algoritmo non vede. O finge di non vedere. Perché, se dici la verità in un post, rischi il blocco. Ma se fai spettacolo con la volgarità, tutto passa. È la finzione che viene tollerata. Forse non è l’etica a mancare, ma il senso del bello che è parte integrante del processo di liberazione di ogni uomo. Lei, signor Zuckerberg, non vorrà rispondermi. Me ne farò una ragione. Ma sappia che non è etico.
Fabio Cavallari
Open letter to Mark Zuckerberg
Dear Mr. Zuckerberg,
I’m not writing to insult you, nor to convince you. I just want to share three facts—three things that happen every day on Facebook. A woman’s bare breast can’t be posted. It gets removed. Unless that same image is part of a paid promotion or a sponsored campaign. Then everything is allowed. The body stops being a body and becomes content. It’s money that unlocks nudity, not respect. Bodily freedom is acceptable only when monetized. The limit is not modesty. It’s the price. There are posts that don’t offend, don’t incite hate, don’t break any rules. And yet they are taken down. Because an algorithm doesn’t understand. Because a single anonymous report is enough. Because unsponsored words weigh less. Censorship is no longer an act. It’s a function. And those who are silenced have no one to ask why. There are videos where people snort—or pretend to snort—cocaine. Where people curse and blaspheme. And the algorithm doesn’t see. Or pretends not to. Because if you speak truth in a post, you risk being blocked. But if you put on a vulgar show, it goes through. It’s fiction that gets tolerated. Maybe what’s missing isn’t ethics, but a sense of beauty—a sense that is part of every man’s path to freedom. Mr. Zuckerberg, you won’t want to reply. I’ll live with that. But know this: it’s not ethical.
Fabio Cavallari
Come se a Mr Zuckerberg interessasse qualcosa dell’etica. O si ponesse il problema dell’idiozia di un algoritmo che dovrebbe distinguere ciò ch’è corretto e ciò che no (ma in base a che?). L’algoritmo toglie di mezzo, semplicemente, tutto ciò che potrebbe disturbare il fruitore medio, soprattutto in paesi come gli USA e l’Italia, affollati da moralisti religiosi e non religiosi. Toglie tutti i seni, tutti i peni, tutti i culi, anche quelli inoffensivi, perché comunque tra tutti ci sono quelli che potrebbero eccitare polemiche, querele, denunce, e richiedere dunque soldi per gli avvocati difensori, soldi che Mr Zucker berg non vuole sprecare per queste quisquilie. Così va il mondo.