Filosofia
l’estinzione dello scarto e il recupero della memoria
“Antonella mi svegliò la mattina, su ordine di mamma:la ricotta con il siero – la zabbina- e la quagliata, portate da Luigi di capo mattino, si stava raffreddando”. (Simonetta Agnello HornBy)
È impossibile da concepire la morte, ma ancora di più quando riguarda bambini piccoli o addirittura non nati, penoso pensare che non assaporeranno il gusto della vita al di là del grembo materno, come nel caso del bimbo morto con la sua mamma coinvolta nell’esplosione delle palazzine a Ravanusa.
Chi è religioso trova conforto nel pensare che le anime pure saranno tra le braccia del Creatore, e chi non crede quale spiegazione può dare dinanzi a fatti così incresciosi? In che luogo risiedono le anime quando si staccano dai loro corpi.
Foscolo parla di corrispondenza di amorosi sensi, di un continuare a vivere sottoterra nella mente dei cari. I Sepolcri furono composti nel 1806, in seguito ad uno dei numerosi ed accesi dibattiti sorti in seguito all’applicazione dell’editto di Saint Cloud, emanato due anni prima per volere di Napoleone, con il quale si stabiliva definitivamente che i cimiteri, per motivi di igiene pubblica, dovessero sorgere al di fuori dei centri abitati. Fu un cambiamento epocale, perché fino ad allora le comunità erano abituate a seppellire i propri cari nelle aree adiacenti alle chiese, all’interno di paesi e città; l’obbligo di doverli trasferire fuori dalle aree urbane fu da molti percepito come una profanazione, una inaccettabile mancanza di rispetto, un vero e proprio strappo al comune sentimento di pietà per i trapassati.
Sebbene sono trascorsi più di duecento anni da un atto che segnò la nascita dei cimiteri moderni, leggere i versi di Foscolo ci porta anche a ragionare sull’intensità del sentimento che da sempre spinge l’uomo ad onorare i defunti e da cui nasce l’esigenza di luogo dove le spoglie dei propri cari possano essere accolte e custodite con dignità, per percepire più fortemente che altrove la presenza, il contatto, addirittura il dialogo con coloro che non sono più fisicamente insieme a noi.
Se per alcuni i cimiteri sono luogo in cui si perpetua l’intimità col defunto, per altri sono luoghi vuoti che disertano regolarmente. E allora cosa resta, cosa avanza?
All’avanzo viene solitamente attribuito un senso di negatività, ci fa pensare ad una società miserabile che vive di rimasugli, riutilizzando ciò che la società ha rifiutato, e che dorme tra rifiuti. Sulla mensa dei poveri a pranzo, si stava attenti a lasciare nei piatti un po’ di cibo che si sarebbe riutilizzato a cena, solitamente il cibo si riduceva a minestre leggere e un po’ di lardo, o un caffellatte accompagnato da pezzi di pane. La stessa minestra sempre più allungata veniva riproposta giorno dopo giorno.
In “La strada per Wigan Pier”, il pane e il burro è il pasto principale, ciò che viene servito a colazione, mentre a cena il pane è accompagnato al lardo.
In “Le ceneri di Angela” di Frank McCourt, Angela, una giovane donna che ha ceduto all’istinto trovandosi sposata con un poco di buono alcolizzato che si beve tutti i soldi della scarsa paga senza la forza di prendersi cura dei numerosi figli, li alimenta con tè e marmellata.Un giorno, girando per la città, Frank, riconosce sua madre che davanti alla parrocchia aspetta di prendere gli avanzi del cibo dei preti.
Nel “Pasto frugale di Picasso”, un uomo e una donna magri, con volti affilati, le spalle spigolose, si scambiano sguardi lontani, assenti. Lui appoggia le mani ossute sulla spalla e sul braccio di lei, ma manca un vero contatto: i due non si guardano. Sul tavolo un piatto vuoto, due bicchieri, una bottiglia, qualche pezzo di pane.
Ai tempi dei nostri genitori, l’avanzo costituiva la base per la preparazione di altri cibi, i maccheroni avanzati diventavano frittate, nelle frittate andava a finire qualsiasi tipo di avanzo. Oggi è cambiato il nostro rapporto col cibo, con lo spazio e con il tempo. Persino i cani e i gatti, abituati a cibo specializzato, disdegnano gli avanzi. Non si consuma più il pasto per il piacere di condividerlo, ma per alimentarsi. Il vassoio utilizzato nelle mense aziendali, si è diffuso anche nei fast food, luogo in cui si cucina e si mangia velocemente, si persegue la rotazione rapida , un consumatore o un dipendente attendono che si lasci il posto a un altro consumatore frettoloso. Il vassoio è l’archetipo dell’individualismo e della solitudine della nostra epoca, basti pensare che in ospedale il cibo ai malati viene offerto sul vassoio: ciascuno deve disporre della razione che gli è assegnata, è scomparsa l’idea di servirsi da un piatto comune. La mitica scena di Miseria e Nobiltà dove tutti quelli presenti dinanzi ad un tavolo potevano attingere dalla zuppiera sembra appartenere ad un ‘epoca remotissima. Con il Covid, poi, la paura del contagio ha predisposto l’uso della scatola con un numero preciso di pasti da poter consumare.
Si è ristretto il tempo trascorso a tavola con la famiglia, oggi la tavola non è più un luogo di ritrovo, tutti corrono, la mancanza di tempo ci porta a sacrificare quello dedicato al cibo. Trovare il tempo da dedicare alla cucina è una scelta, come è una scelta praticare lo sport o uno svago di tipo culturale, Tendiamo a non sacrificare ciò che individuiamo come un valore. Viviamo in un tempo in cui si è perso il gusto del recupero, della trasformazione, ci sbarazziamo dei cibi come dismettiamo gli abiti che non ci piacciono più o che sono fuori moda. Per raggiungere l’eccellenza ci sono piatti che richiedono un tempo prolungato come nel caso dello stufato, del lesso, della choucroute, oggi i grandi chef ricorrono a pochi elementi saporiti e li guarniscono di mousse, creme, zabaioni.
Dove è finito, il resto, lo scarto? Oggi sembra dimenticato, estinto, a differenza dei cimiteri che raccontano un incidente che non riguarda le opere più insigni dell’umanità.
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