Filosofia
Le radici cristiane sono un argomento retorico anticristiano?
Tra gli strumenti retorici della destra italiana ed europea in materia anti migratoria si trova di frequente il richiamo alla difesa delle radici cristiane dell’Europa. Lo vediamo nella cronaca quotidiana quanto, talvolta, nello stesso nome di forze e movimenti (come nel caso dei tedeschi di Pegida, i Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente).
Si tratta di un argomento retorico che, in realtà, più che richiamare una comune appartenenza europea, serve a portare con sé una serie di altri richiami. Del resto, cristallizzare il cristianesimo europeo, più che a voler descrivere un’unità e un omogeneità incompatibile coi nazionalismi, ha prima di tutto la funzione di creare una categoria in cui chi ascolta si può riconoscere, un “noi” in cui chiunque, anche se non cristiano, si sente incluso. Un’Europa, insomma, dove la fede cristiana serve a rimandare a una serie di valori che al cristianesimo sono debitori almeno in parte, anche nei loro esiti laici e illuministici. Non avendo le destre interesse a utilizzare il bagaglio valoriale “classico” dell’Europa (stato di diritto, democrazia rappresentativa, sintesi di identità nazionali ecc) devono quindi appropriarsi del cristianesimo, paradossalmente però, per non escludere gli europei non particolarmente religiosi, privandolo dei suoi aspetti più squisitamente dottrinali e rendendolo puro elemento di identificazione popolare.
A chi pronuncia il riferimento all’Europa cristiana sta a cuore più l’Europa che il cristianesimo, i suoi elementi sociali più che religiosi, probabilmente più gli elementi etnici che quelli storici. Carlomagno, più che Gesù di Nazaret. E del resto, come potrebbe essere diverso, avendo a che fare con una religione che già nel suo nome rende chiara la sua provenienza da uno che è nato altrove, rispetto all’Europa?
Ci si potrebbe chiedere, tuttavia, se sia legittima una strategia argomentativa che riduce il cristianesimo a tratto dell’occidente. Non si tratta certo di negare la sua importanza per lo sviluppo culturale, artistico ed etico dell’Occidente, o di negare il legame tra il cristianesimo e l’Europa.
Il punto è notare che proprio il cristianesimo, però, storicamente e culturalmente, connette l’Europa con altri luoghi. Del resto, il punto d’inizio della tradizione giudaico-cristiana è l’ordine ricevuto da Abramo di lasciare la propria terra, e questo dice molto del cristianesimo e del modo in cui vede radici e migrazioni. Vivendo nel solco di questa tradizione, il cristianesimo, tanto cattolico quanto protestante, rende evidente quanto l’Europa sia connessa con l’altro de sé, un altro a volte accettato a volte combattutto, ma indistricabilmente legato. Nazionalsocialisti e pan-germanisti lo avevano capito bene, e infatti nella loro elaborazione teorica e nelle loro riflessioni sulla religione hanno gradualmente abbandonato il cristianesimo per riscoprire il politeismo naturalistico della tradizione nordeuropea.
Identificare Europa e cristianesimo, parlando di radici, rischia di essere fuorviante per la descrizione della storia europea, ma anche per la stessa essenza del cristianesimo. E se fosse, insomma, proprio la mossa retorica di ridurre il cristianesimo a un elemento di identità etnico-politica l’atto anti cristiano?
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