Filosofia
Il tempo diventa poesia
È un miracolo vederti: come se ogni giorno facessimo preparativi per un lungo, affascinante ed entusiasmante viaggio alla ricerca di un luogo esotico, di un ignoto voluto.
E sei contagiosa nella tua incontenibile ed inebriante felicità; trasmetti ineffabile gaiezza, fai scoprire la gioia della vita, la contentezza dell’esistere, fai provare l’emancipazione dal sudore, porti la liberazione dall’avvilente sforzo del lavoro quotidiano.
E distilli candore: l’urlo della maledizione della fatica diventa melodia, si diradano gli sforzi dell’asfissiante coscienza di ossequiare i doveri ,il sogghigno e la derisione di una vita ripetitiva sono rimossi ed appare la tenerezza del tuo complice sguardo che reclama l’attenzione non più furtiva.
Si, sono pronto ad espiare tutte le colpe per un istante di felicità, a dimenticare mille amarezze per un bislacco piacere, a rendere conto dei miei inevitabili errori per un lembo di dolcezza, per una speranza di quietudine che scenda sul mio spirito invocante un confortevole ristoro.
Ridono i tuoi occhi immensi e sognanti e le preoccupazioni insane del mal di vivere, della decomposizione del pensiero,cadono inesorabilmente.
Le atroci verità non scottano più. Le zone buie, l’irrequietezza, il vuoto sono fuori dalla scena. L’ansia divorante, che accompagna ogni mio tremolante gesto e muove e domina ogni mio comportamento esitante ed insicuro, svanisce.
Mi fai provare la vertigine del culto dell’infinito, mi infondi il desiderio e la tensione di proiettarmi a conseguire l’irraggiungibile, ma senza essere imbrigliato in un cammino tortuoso che faccia sentire il travaglio del negativo, la trepidazione più angusta.
Ecco, tu sei la rivelazione che sino ad oggi non c’era: come se il cielo mi avesse reso fortuna, perché tutte le virtù mi sono state donate, solo in ragione della tua sfolgorante presenza, del tuo starci signorile.
Ciò che era fragile, provvisorio, caduco, claudicante, evanescente, diventa all’improvviso certo, ieratico, inconcusso, di ferrea compostezza e qualche certezza incomincia a stagliarsi nel mio accidentato e periglioso cammino.
Il tedio è rimosso, la putredine e la stantia quotidianità, intrisa delle sue banalità ed ovvietà, è spazzata via.
La vita, in fondo, è un continuo cambiare di posizione, come in un letto scomodo, di Procuste, nel quale è impossibile dormire a lungo sullo stesso fianco.
Si accende la speranza alla cui ombra posso rinfrescarmi e riposare, perché viene con te la grazia della leggerezza. Le imposte scure, come la cupezza della tana di una marmotta che rifugge dal freddo, si spalancano completamente e si schiudono all’area tersa ed i maleodoranti miasmi non ristagnano più e si dileguano via.
Capisco allora la leggenda degli dei: a nulla serve vivere senza amore,perché la congiunzione degli esseri, dei corpi per tacciare la mancanza, rimuoverla e ripristinare il mito dell’unità con la forza demoniaca dell’eros, fa conseguire l’immortalità, intesa come voglia di vivere, sforzo inaudito di allontanare la morte, superare i cerchi di fuoco, le rigide antinomie, le contraddizioni inspiegabili : l’essere mio intende prendersi tutta la vita ed il tempo eterno che la sottende.
È sempre un miracolo incontrarti; oggi è possibile, vero e per questo la meraviglia riempie la mia esistenza.
Colgo il senso dell’immortalità, del fausto infinito, il segreto della circolarità che consuma i giorni e le notti; la visione dell’universale fonde le cose nell’indistinto. È l’eternità danzante che non ha paura neppure della durata della pietà. Ora ci sei tu: ed il tempo ha un significato primordiale che porta alla sostanza del vivere: diventa poesia.
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