Filosofia
I “furti” di Gramsci
Pensierino su Gramsci nel giorno del suo 80° anniversario di morte (27 aprile 1937).
Ho letto Gramsci con attenzione, come molti, credo, della mia generazione. (Giovani anni ’70). Poi me ne sono distaccato, ma ci ritorno spesso, non cercando più l’ideologo maestro di pensiero, tutt’altro. Se lo rileggo lo faccio con molto spirito critico e mi limito ad ammirare un autore maestro di stile, di strepitoso italiano saggistico. Ma lo riprendo anche per un’altra ragione più bizzarra: perché mi piace lo stile “frammentario”, che nel caso di Gramsci o di Benjamin (entrambi non portarono a termine le loro opere, rimaste sotto forma di appunti sparsi) fu dovuto a cause di forza maggiore.
Con una certa meraviglia ho scoperto che molti concetti gramsciani adottano frasi-chiave prese in prestito da altri autori.
Per esempio, la famosa espressione “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”, non è di Gramsci, come tutti ripetiamo, bensì di Romain Rolland, ed è stato egli stesso a precisarlo, ovviamente. Gramsci è la testimonianza più viva del passaggio dei termini, delle parole d’ordine, delle frasi ad effetto da una testa all’altra; consuetudine pacifica tra i pensatori – tantopiù tra intellettuali che “pensano collettivo” – cui non si sottrasse lo stesso Marx. Precisazioni erudite, preziose e ridicole, mi potrebbero indurre a ricordare a tal proposito che il termine “comunismo” fu inventato nell’ambito della pubblicistica francese del ‘700, non si sa bene se da Cabet o da Retif de la Bretonne (che inventò anche il termine pornografia, hélas!). “Da ciascuno secondo le proprie capacità a ciascuno secondo i propri bisogni” era di Saint-Simon.”Proletari di tutto il mondo unitevi” della Lega dei comunisti. “Dittatura del proletariato” di Auguste Blanqui. Non di Marx.
Analogamente il pensatore sardo faceva volentieri ricorso a elementi lessicali e concettuali prelevati dai libri che gli passavano tra le mani. Era una formidabile “spugna”. È impressionante riscontrare un breve repertorio di frasi “rubate” dal grande intellettuale italiano. “Blocco storico”, è di Georges Sorel; “riforma intellettuale e morale” è di Ernest Renan; “conquista regia” è di Alfredo Oriani; “rivoluzione passiva” è di Vincenzo Cuoco; il sintagma “nazional-popolare” è di Ruggero Bonghi. Per essere completa la mia noterella mi tocca citare da dove ho prelevato io questa breve rassegna. Dal saggio di Raul Mordenti contenuto nella “Letteratura italiana” (diretta da Asor Rosa): Sui ‘Quaderni del carcere’ di A. Gramsci (Einaudi, 1996).
Non c’è però in questo saggio di Mordenti un altro piccolo “furto” di Gramsci, ed è quello di indicare con “filosofia della prassi” il marxismo. Gramsci usava questa locuzione per schermare i propri scritti agli occhi indiscreti della censura carceraria. La locuzione “filosofia della prassi” è infatti di Rodolfo Mondolfo e nasce, come ricorda Norberto Bobbio in “Profilo ideologico del Novecento”, con incorporato un piccolo infortunio di traduzione di Mondolfo stesso. Nel frammento n° 3 delle “Glosse a Feuerbach” Marx contestava la dottrina materialista prevalente nel Settecento (e poi nel positivismo), secondo cui è l’ambiente a dettare le condizioni all’uomo e a segnare il suo destino storico. Marx argomentava invece che era vero proprio il contrario: che era l’uomo il vero soggetto della storia e che era lui a dettare le condizioni all’ambiente con il fare, con la prassi appunto.
Mondolfo scriveva: “Il coincidere del variar dell’ambiente e dell’attività umana può essere concepito e inteso razionalmente soltanto come prassi rovesciata”. Perché rovesciata? Mondolfo traduceva così «umwälzende Praxis» che, dice Bobbio, avrebbe dovuto essere reso, se mai, con “prassi rovesciante”, non “rovesciata” che non farebbe capire bene il senso della frase. È la prassi dell’uomo che rovescia il rapporto apparentemente subordinato dell’uomo rispetto all’ambiente. Da qui la necessità proprio di una “filosofia della prassi”.
Locuzione che passa in Gramsci ma senza il fraintendimento lessicale e concettuale di Mondolfo.
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