Filosofia

«L’espulsione dell’Altro» di Han svela la nostra misera vita di Uguali

14 Agosto 2017

“Contro cosa dovrebbe rivolgersi la resistenza? Non c’è più nessun Altro da cui aspettarsi una repressione. Il tempo in cui c’era l’Altro è passato. L’Altro come mistero, come seduzione, come Eros, come desiderio. L’Altro come inferno, come dolore, scompare. La negatività dell’Altro cede il posto alla positività dell’Uguale”. Il filosofo coreano Byung – Chul Han racconta quello che siamo diventati: consumatori di serie televisive rimpinzati come bestie con la visione del sempre nuovo Uguale senza limitazione temporale; accumulatori di big data che rendono superfluo il pensiero perché ci affidiamo senza alcuna esitazione all”é così’; turisti che non fanno più alcuna esperienza che implica trasformazione e dolore e perció restano uguali a se stessi perché viaggiano nell’Uguale. Malati non per divieti e proibizioni, ma per ipercomunicazione digitale – in rete cerchiamo solo l’Uguale con la nostra stessa opinione –   e per iperconsumo, permissività e affermazione.
Come ci siamo ridotti così? Han, docente di FIlosofia alla Universitat der Künste di Berlino e considerato uno dei più interessanti pensatori contemporanei, rielabora Martin Heidegger  a partire dalla sua idea di non neutralità della tecnica e ce lo sbatte contro in tutta la sua maestosa implacabilità. “A causa della sua positività, la violenza dell’Uguale si presenta come crescita, ma da un certo punto in poi, la produzione non è più produttiva, l’informazione non è più informativa bensì deformativa, la comunicazione non è più comunicativa bensì cumulativa”.

Ma è sempre la rilettura dell’autore di ‘Essere e Tempo’ a indicarci una via di scampo, aspra e forse non praticabile per le nostre anime levigate. “È solo nell’angoscia che si dischiude per l’Esserci la possibilità di poter accedere al suo proprio poter – essere” e l’angoscia “è in stretta relazione con la morte, che significa non la semplice fine dell’essere ma un modo di essere, la possibilità per eccellenza di essere se stessi. Oggi invece la morte significa semplicemente la fine della produzione che si è elevata a totalità divenendo l’unica forma di vita. L’isteria della salute è in ultima analisi l’isteria della produzione”. A salvare “il distratto uomo – radar   che si disperde all’esterno” puó essere solo il “pensiero” che ama l’abisso e puó liberarci dallo “stordimento dell’Uguale”.  Per Han dobbiamo cercare “l’angoscia verticale,  che si sveglia di fronte al totalmente Altro, all’inquietante, al nulla” opposta a quella “laterale di fallire, di prendere una decisione sbagliata , resa sempre più grande dal continuo paragonarsi agli altri”.
L’angoscia che ci guarisce è anche nella poesia, nell’ultima scena della ‘Dolce Vita’ in cui  una compagnia di viveur  va all’alba sul mare a vedere tirar su una razza gigantesca. La cinepresa mostra in primo piano il grande occhio della razza e Marcello mormora tra sè e sè: “E questo insiste a guardare”. Eccolo lo sguardo dell’Altro che abbiamo espulso.

Manuela D’Alessandro

L’espulsione dell’Altro, Byung-Chul Han, 108 pagine, ed. Nottetempo, 13 euro 

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