Filosofia

Green Impasse

13 Agosto 2021

Carissimo cigno nero,

non ti nascondo che sono un po’ ipocondriaca e da qualche mese sto riflettendo sull’opportunità di fare o meno il vaccino. Alla fine avevo deciso di rimandare questa decisione a settembre e di godermi l’estate senza pensieri. Premetto che utilizzo sempre la mascherina e che evito posti affollati, in particolare al chiuso e credo che questo mio atteggiamento responsabile mi abbia difeso dalla infezione pur facendo un lavoro a contatto con le persone anche in corso di piena pandemia. Il decreto legge sul green pass di fatto mi obbliga a vaccinarmi in tempi brevi per motivi di lavoro: sarei costretta a fare tamponi ogni 48 ore e questo ovviamente non è gestibile. Sono molto arrabbiata perché di fatto sono costretta a vaccinarmi senza che ci sia un vero e proprio obbligo: il vaccino non è per legge obbligatorio ma di fatto lo diventa. Vivo questa come una ingiustizia e una privazione della mia libertà di scelta. Vorrei un tuo parere,

Grazie 

D. S.

 

Cara D.S.,

un’ emergenza sanitaria, con cui, è bene ricordarlo, tutti ci confrontiamo per la prima volta, è un evento complesso e di difficile gestione, dal momento che non interessa solo l’aspetto medico del problema, ma coinvolge diversi ambiti interdipendenti all’interno di un sistema. Il green pass è solo l’ultimo controverso argomento al centro di un acceso dibattito che non è solo politico, ma anche economico, sociale, giuridico, scientifico. Un dibattito in cui è diventato impossibile rintracciare i pensieri dietro le parole e distinguere le informazioni dalle opinioni, i fatti dalle interpretazioni. L’eccesso di notizie minuto per minuto, insieme ad una serie di errori a livello comunicativo hanno contribuito a generare confusione e incertezza, alimentando una serie di paure legittime.

Dobbiamo riconoscere che questa pandemia ha fatto emergere in maniera definitiva soprattutto la nostra incapacità di formarci un pensiero adeguato della complessità. Di contro, siamo diventati abilissimi a rimbalzare da una notizia all’altra – notizie che spesso sono a loro volta un groviglio di dati tecnici misti a un linguaggio più “popolare” – estrapolandone le parti che ci fanno più comodo (quando non ci limitiamo al solo titolo) perché sembrano dare ragione a ciò in cui vogliamo credere, però poi pretendiamo che tutto combaci perfettamente, come le tessere di un puzzle. Vogliamo che scienza, politica, economia, medicina e giurisprudenza si armonizzino in un’unica voce facendo tornare magicamente i conti. Un desiderio irrealizzabile e quindi frustrante. Quando nel dibattito è entrata anche la filosofia, questo ci ha fatto ben sperare, perché da sempre il suo compito è quello di gestire la complessità, che non andrebbe spezzettata, né semplificata dividendo bene e male, giusto e sbagliato, bianco e nero. Ma in quel dibattito in realtà non è entrata la filosofia. Sono invece entrate le personali opinioni di questo o quel filosofo che hanno lasciato indietro lo sguardo capace di leggere la complessità di una pandemia, prima di tradurla in parole, e così facendo hanno prestato il fianco a facili equivalenze, come quella tra green pass e dittatura, o più in generale ci hanno privati di una buona occasione per nutrire di senso critico le nostre idee facendoci sposare di pancia quelle degli altri.

La tua storia parla di paura e libertà di scelta, e di come quest’ultima ti sia negata a causa del green pass. Proviamo allora a guardare più da vicino questi aspetti.

La paura, per quanto scatenata da eventi esterni percepiti come minacciosi, è sempre un vissuto soggettivo. Ma caratteristica della paura, quando non viene elaborata attraverso un dialogo insieme interiore ed esteriore, è anche quella di mutare, cambiando il suo oggetto. E’ successo così con il virus prima, e con la soluzione al virus poi, per quanto paradossale possa sembrare. Abbiamo spostato la paura del Covid, e quindi di contagiarci e morire, sui vaccini che potrebbero non essere sicuri per via degli effetti collaterali anche a lungo termine. Le stesse proteste sul green pass non sono altro che una nuova forma di paura, laddove, come dici, sentendoci obbligati a vaccinarci (se vogliamo lavorare, andare al cinema o viaggiare, per esempio), ci sentiamo obbligati a confrontarci con le nostre paure. Ed è proprio qui che la paura incontra il concetto di libertà: non ci sentiamo più liberi di aver paura, di decidere di quella paura con i nostri tempi. Ma perché questa paura che non ci fa uscire dal bozzolo in cui comunque ci imprigiona mentre ci sentiamo protetti, improvvisamente diventa desiderio di libertà, e proprio di quella libertà da cui vogliamo farci portare in giro, tra la gente, nei luoghi dove l’ipocondria, non a caso, ci direbbe di stare alla larga?

La paura al tempo della pandemia può arrivare a renderci egoisti facendoci credere di essere altruisti, perché cerca giustificazione e senso se diventa la paura di tutti. Si tratta di una somma di singoli egoismi che non può dare come risultato l’altruismo, anche se mi ripeto, magari andando a manifestare contro il governo e contro la dittatura sanitaria, che non mi sto occupando solo di me (e della mia paura), ma della paura di tanti.

Con la libertà abbiamo un altro problema: nella nostra mente ce la rappresentiamo come assenza di vincoli. Ma la libertà non esiste al di fuori del vivere insieme, e quindi non può pensarsi priva di limiti, dove i limiti non sono catene da spezzare ma garanzia per una convivenza che riduca i rischi.

La libertà di scelta che oggi alcuni di noi si vedono negata ha poi questo di singolare: è sempre riferita all’azione, a ciò che possiamo o non possiamo fare, ai posti in cui possiamo o non possiamo andare, e mai al pensiero. Il punto è: il nostro pensiero in merito a vaccini e green pass si è formato in maniera accurata, sulla base della verifica delle fonti, o ha preferito seguire la condivisione superficiale dei post acchiappa click sui social? C’è stato davvero un senso critico nell’analisi dei fatti (che non è criticare quello che dicono gli altri) o ci si è limitati a ricalcare il pensiero del miglior offerente in rapporto ai costi/benefici personali? Quando ci informiamo, cerchiamo notizie che confermino ciò che già pensiamo o ci mettiamo alla prova con idee diverse dalle nostre? La libertà di pensiero, che fino a prova contraria non ci è negata da nessun decreto, è la sola via per la libertà di scelta, proprio quella che senti ti sia negata in rapporto alla tua paura. E se parliamo di libertà di scelta non possiamo non scomodare il filosofo che della scelta ha tracciato uno dei ritratti più veritieri che esistano. Per Kierkegaard scegliere è ciò che ci rende allo stesso tempo liberi e prigionieri, perché ci mette di fronte a un ventaglio di possibilità che però ci possono condurre al successo così come al fallimento. E finché non scegliamo non possiamo sapere se la nostra è la scelta giusta. Sottrarsi alla scelta è impossibile, perché anche quando la rimandiamo, cercando di prendere tempo, come hai fatto tu con la decisione di vaccinarti o no, in realtà abbiamo già scelto: abbiamo scelto di non scegliere. Trovarci in quello che oggi anche Kierkegaard forse chiamerebbe loop ci provoca angoscia, che, a differenza della paura, non ha un oggetto preciso – non è paura del vaccino né di contagiarsi – ma è quel generico e indefinito stato di incertezza sul futuro, il non sapere se quello che sceglieremo potrà metterci al sicuro. Ti suona familiare? Non è forse quell’angoscia che viviamo da quando è iniziata l’emergenza sanitaria?

Ogni scelta contiene la libertà, nel senso che non si dà senza libertà, ma anche perché è proprio scegliendo in un modo e non nell’altro che restringiamo il campo d’azione di quella stessa libertà. Potrebbe sembrare un controsenso di libertà, ma è invece così che, grazie alle nostre scelte, ci riconosciamo come soggetti morali – e perciò sociali – e alla fine liberi, dal momento che le scelte dicono tanto di noi: quelle fatte, non fatte o quelle rimandate. Essere favorevoli o contrari al certificato verde e/o ai vaccini è una scelta, e di fatto una scelta libera, non essendoci, in questo caso, un obbligo vaccinale. Una libera scelta che presuppone un pensiero libero: sta a noi decidere se vogliamo credere che si tratti di complotto, di uno strumento discriminatorio o di un tentativo – disperato e imperfetto sicuramente – di uscire da una pandemia cercando di invogliare le persone a vaccinarsi e di contenere la diffusione di un virus senza affossare del tutto l’economia, considerando che viviamo una emergenza sanitaria al tempo dell’iperconnessione, non solo virtuale ma anche reale. Un pensiero libero rende capaci di usare il senso critico su ciò che non si condivide così come su ciò che si condivide, che è altra cosa dal dividere il mondo in buoni e cattivi.

Finché il nostro pensiero sarà prigioniero della paura, invece di farcene prendere coscienza per poterla così affrontare, allora sì sentiremo di non essere liberi, ma non certo perché la libertà ci è negata fuori di noi. Fuori di noi possiamo esistere se di quella paura smettiamo di farci scudo e giustificazione sentendoci sollevati da responsabilità e doveri, che sono ciò che ci rende esseri sociali, appartenenti ad una comunità di persone di cui non possiamo non tener conto.

E’ quando ci è sottratta la possibilità di scegliere che la nostra libertà è negata, e la democrazia è in pericolo. Dietro la rabbia contro i vaccini, i lockdown, i green pass, c’è un desiderio perennemente infranto a causa di una pandemia che non sembra voler finire; e c’è una nostalgia del passato che vuole diventare speranza per un presente diverso da vivere in un posto migliore. La distopia esistenziale che viviamo non ha spento però in alcuni di noi il desiderio di un “buon luogo” a cui tornare in un futuro magari non troppo lontano. Forse non proprio come quello immaginato da Tommaso Moro, non l’isola della felicità e del benessere, ma qualcosa che le si avvicini. Tuttavia, anche sull’isola di Utopia, laddove se ne fosse presentata la necessità, il singolo era chiamato a sacrificare i suoi bisogni personali a favore del bene comune. Ancora una volta benessere e felicità, per quanto possiamo viverli sulla nostra pelle, non esistono se non in relazione alla pelle degli altri. E certo, Moro aveva ragione su una cosa: pensare che questo concetto sia condiviso da tutti è ancora utopia.

 

 

Dici di sentirti costretta a vaccinarti, ma di fatto sei libera di non farlo. E’ una scelta e, in entrambi i casi, diventi responsabile delle conseguenze che ne verranno. Non è che la tua rabbia e il tuo desiderio implicito di sottrarti alla scelta, qualunque essa sia, hanno a che fare con questa responsabilità? Ma, se come dice Kierkegaard, anche non scegliere è una scelta, la responsabilità diventa l’unico obbligo a cui non possiamo sottrarci. Considerare questo cambierebbe qualcosa nel tuo modo di leggere questa situazione?

Maria Luisa Petruccelli

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