Filosofia

Quando l’intellettuale (di sinistra) perde il senso del ridicolo

1 Novembre 2014

L’intellettuale radicalmente antioccidentalista, anticapitalista, progressista, proletarista, dissidentista, e tutti gli altri vari anti- e -ista, è un prodotto che si porta sempre. Lo indossi d’inverno e d’estate, durante le grandi crisi economiche e nei momenti di boom, nelle ondate di grande ottimismo e negli tsunami di pessimismo cosmico. Lui è sempre lì, come il Prodi di Guzzanti che aspetta il treno indipendemente dalla pioggia o dal vento o dal sole abbagliante. Un uomo per tutte le stagioni. Sull’intellettuale organico e allo stesso tempo dissidente puoi sempre contare. È l’unico prodotto di quella che lui chiamerebbe “industria culturale” che è sempre in voga.

A tale proposito, piena di fascino teorico e antropologico è la grande diatriba tra Valentina Nappi (pornostar) e Diego Fusaro (filosofo). Valentina ha scritto per Micromega un insolito elogio del capitalismo. È bastato tanto poco per far insorgere l’accigliato Fusaro che, vedendo la parola elogio associata a quella di capitalismo, non ci hai visto più e si è scagliato, in un altro articolo, contro le posizioni della povera Valentina rea di aver detto qualcosa di  buono sul capitalismo e quindi da redimere immediatamente con parole a mezza via tra quelle di un giudice moralizzatore e di un mullah ultraconservatore.

Se da una parte il giovane filosofo gramscian-marxiano  diceva di ignorare “finanche il nome” di Valentina, lasciando trapelare sullo sfondo l’idea del più insopportabile “lei non sa chi sono io”, dall’altra si scagliava contro il di lei mestiere (pornodiva) con pudichi e un po’ sciocchini giochi di parole chiamandola “quest’amante della “nuda” verità”. Ma l’apice della sua arringa à la Savonarola contro Valentina la troviamo quando Fusaro sparacchia i suoi dardi avvelenati, per l’ennesima ritrita volta, contro l’industria dello spettacolo che, secondo il di lui parere, stravolge i corpi di donna, addirittura li sveste (qui secondo il caro Fusaro non esisterebbe più nessun libero arbitrio ma solo la tentacolare macchina del capitale che asserve corpi e menti) offrendoli in pasto al consumatore anch’esso schiavizzato e manipolato dal solito capitale. E se da un lato ci sono corpi di donna a essere svestiti, dall’altro lato, sempre secondo il nostro, l’industria dello spettacolo (ma in realtà si tratta sempre dello sporco e vile capitale che pur sempre sterco del demonio è) riveste i corpi di uomini con abiti addirittura griffati. Orrore e trionfo dell’apparenza! Che tempi signora mia, che tempi!

Un cortocircuito letale tra ideologismo d’antan, moralismo, passatismo, utopismo e tutti altri -ismi vari e della peggior serie. Ogni tanto, e mi faccio serioso come il Fusaro, un minimo di senso del ridicolo sarebbe d’oro.

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