Filosofia
Calvino e la limpidezza della complessità. Tra Palomar e Parisi
La figura di Italo Calvino è un unicum nella letteratura italiana. Il prossimo 15 ottobre ricorrono cento anni dalla sua nascita. Tale ricorrenza è sicuramente utile per capire meglio una delle sue lezioni fondamentali: quella della precisione nel linguaggio. In questo percorso è da segnalare il libro ‘Calvino e la limpidezza della complessità. Tra Palomar e Parisi’, di Gian Italo Bischi e Giovanni Darconza, recentemente edito da Aras Edizioni. I due autori sono entrambi accademici. Bischi è ordinario di Matematica Generale e Sistemi Dinamici a Urbino. Darconza insegna Cultura Spagnola e Letterature Comparate sempre a Urbino. A partire dalla convergenza di queste discipline il libro tenta qualcosa di inedito: accostare alla teoria complessità, per la quale Giorgio Parisi ha vinto il Nobel per la Fisica nel 2021, l’opera di Italo Calvino. Perché il tema della complessità è presente in moltissimi dei racconti di Calvino, pieni di analogie e intuizioni che arrivano proprio dal mondo della matematica e della fisica. E a questo tema ha indubbiamente dato un contributo importantissimo anche Giorgio Parisi. Nasce da questo aspetto l’idea di mettere le due penne a confronto. Alla fine, una volta chiuso il libro, una cosa è chiara: esiste una reciproca contaminazione tra letteratura e scienza. Con Calvino la cosa è lampante, come dimostra perfettamente questo saggio, con altri autori ci sarebbe da approfondire. Però, adesso, grazie al lavoro di Bischi e Darconza, un sentiero è tracciato e possono aprirsi nuovi spunti di approfondimento.
Cominciano dalla mia esperienza. Chi è Itala Calvino per me? Di lui non posso ammettere di avere letto tutto, però ho affrontato i suoi classici quando ero più piccolo. Sicuramente è una figura di letterato che mi ha sempre colpito per la limpidezza nell’uso delle parole e per l’immediatezza nell’articolazione della frase. ‘Calvino e la limpidezza della complessità’ ha l’indubbio pregio di mettere nero su bianco questo suo principale aspetto. E lo fa ponendo in relazione questa sua fondamentale caratteristica con alcune delle scoperte più importanti legate alla teoria della complessità. Deve esserci qualcosa di genetico. Infatti Calvino è figlio di due genitori che dedicheranno tutta la loro vita alla ricerca scientifica. Il padre è un esperto di floricoltura, e ottiene un incarico all’Università di Torino. La madre, invece, è stata la prima donna in Italia a ricoprire una cattedra di botanica generale a Pavia. Italo vive la sua infanzia tra queste due luci, si iscrive alla Facoltà di Agraria, passerà poi a Lettere, e otterrà una laurea in Letteratura con una tesi su Joseph Conrad. Più tardi, nelle sue Lezioni Americane, Calvino enuncerà la mia missione così: “scrivere significa render conto con la maggiore precisione possibile dell’aspetto sensibile delle cose”.
Calvino, come descrive bene il testo di Bischi e Darconza, iscrivendosi alla Facoltà di Lettere si allontana solo apparentemente dal mondo scientifico, quello ampiamente frequentato dai genitori e da alcuni suoi parenti stretti. Chimica e geologia, infatti, erano altre due branche del sapere presenti in famiglia. Conobbe la passione dei genitori per l’esattezza terminologica dei generi e delle specie. Per tutta la sua infanzia le sue giornate furono piene di piante, da frutto o da fiore, e questa presenza contribuì alla formazione di una mente in cui i saperi non erano mai separati, ma procedevano sempre insieme, fecondandosi a vicenda. E’ da queste prospettiva interdisciplinare che Italo Calvino, fin dagli esordi, ha guardato alla letteratura. Bischi e Darconza individuano un periodo esatto della vita dell’autore in cui l’avvicinamento alla scienza, e alla teoria della complessità, avviene con passo certo. Sono gli anni ’60. Italo Calvino comincia a credere che la letteratura possa intervenire sulla realtà modificandola. Sono anni pieni di libri e di racconti, in cui Calvino esplora, utilizzando la fantascienza, varie ipotesi scientifiche. Cammina sempre su un filo teso tra noto e ignoto Calvino, fino ad arrivare a Palomar (1983), testo in cui l’approccio alla teoria della complessità da parte sua è particolarmente evidente.
Il racconto intitolato ‘L’invasione degli storni’, contenuto in Palomar, comincia così: “C’è una cosa straordinaria da vedere a Roma in questa fine d’autunno ed è il cielo gremito di uccelli. Il terrazzo del signor Palomar è un buon posto d’osservazione, da cui lo sguardo spazia sopra i tetti per un’ampia cerchia d’orizzonte”. A questi fenomeni Giorgio Parisi ha dedicato molti scritti, raccolti, insieme ad altri studi, nel volume ‘In un volo di storni. La meraviglie dei sistemi complessi’ (2021). Il libro di Parisi si apre con questa descrizione: “E’ affascinante osservare il comportamento collettivo degli animali, siano essi stormi di uccelli, banchi di pesci o mandrie di mammiferi. Al tramonto vediamo gli stormi formare immagini fantasmagoriche, migliaia di macchioline nere danzanti che si stagliano su un cielo di colori cangianti”. E questo è solo uno dei vari accostamenti che propone il saggio di Bischi e Darconza. Il testo ne è ricco, ce ne sono alcune ricchi di dettagli. Evidenziano l’approccio epistemologico con cui Calvino, sicuramente da un certo punto della sua vita in poi, ha deciso di affrontare la scrittura. Una scrittura che diventa qualcosa di più. Allo stesso tempo viene da pensare che la ricchezza concettuale prodotta da Calvino nei suoi libri abbia influenzato l’opera di Giorgio Parisi, come se, a decenni distanza, si fossero trovati in una stessa stanza a discutete del contributo che le letteratura può fornire alla scienza.
Il saggio di Bischi e Darconza è un raro esempio di esattezza terminologica e lessicale. Nel loro testo non c’è una parola fuori posto. I concetti sono espressi con una chiarezza di evidente impatto calviniano. Leggendolo ho pensato più volte al prezioso contributo che la scienza può fornire alla letteratura. Per me, come ho già detto, Calvino è sempre stato un maestro nell’esattezza dell’uso del linguaggio. Di lui ho sempre sentito parlare in questi termini, è stata la sua missione, quella che si è dato come scrittore, e l’obiettivo è stato raggiunto. Leggendo il saggio di Bischi e Darconza, la parole da loro utilizzate, analizzando la loro capacità di sintesi nel costrutto, viene da pensare qualcosa di più non solo su Calvino, ma sulla lingua italiana. La nostra lingua, come tutte le altre, è in continua evoluzione. Leggere parole come quelle di Calvino, e di Parisi, di Bischi e Darconza rende immediatamente l’idea di quanto sia importante perfezionarsi nella scelta del linguaggio e nell’uso delle parole. All’utilizzo di un termine chiaro corrisponde una rappresentazione chiara di quello che si intende dire. E nel discorso non possono esserci fraintendimenti. Questo saggio, in questo senso, può da fare scuola. Allora cercatelo, leggetelo e vedrete se sono stato effettivamente chiaro nel mio discorso.
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