Filosofia
Brevi note su Adorno
Adorno scrive che la scrittura di Handel non è mai interessante.
Un beethoveniano come lui disprezzerebbe l’idolo musicale di Beethoven? O il suo Beethoven è solo una parte di Beethoven? L’incomprensione della Missa Solemnis me lo farebbe supporre.
Adorno illustra bene il limite di certa avanguardia sia filosofica sia musicale (le due cose sono intrecciate): questo limite è dato dall’ipostasi di un procedimento artistico a procedimento artistico tout court. Il che non è solo ignorare la storia, ma, paradossalmente, per uno che si vanta dialettico, ignorare proprio la dialettica delle forme artistiche in ogni tempo.
E ciò non solo da oggi.
All’interno di quell’immensa sperimentazione poetica che fu il fiorire dei poeti alessandrini coesistono sia l’elogio callimacheo del frammento sia l’intento utopistico di un Apollonio Rodio che reinventa il poema epico. La contraddizione è solo apparente. Nell’ambito della poesia latina lo dimostrerà la coesistenza di Orazio e Virgilio.
Sinfonia di Luciano Berio ne tentava, nel secolo scorso, utopisticamente, anch’essa la sintesi. Ma ciò significava, anche, scavalcare i muri di Adorno. L’arte, del resto, è sempre uno scavalcare i muri, mai un innalzarne.
Scrivo le presenti note ascoltando Dixit Dominus, di Handel.
C’è un corollario al post precedente, riguardo allo “scavalcamento” di Adorno.
L’altro bersaglio storico di Adorno, insieme a Handel, è Gluck. E qui si rivela la struttura di base della sua incomprensione. Gluck, come Handel, è soprattutto un drammaturgo, ma in modo più esclusivo. E ad Adorno sfuggono le coordinate formali del teatro, perché non s’inseriscono facilmente nell’idea di una musica assoluta. Non a caso di Beethoven gli riescono problematiche le partiture del Fidelio e della Missa Solemnis, e questa sua incomprensione del teatro si fa addirittura esemplare nel saggio su Wagner.
Il limite di partenza è sempre lo stesso: l’ipostasi di una sola forma innalzata a modello di tutte le forme. Ma né la musica né la poesia né la pittura né alcuna arte ha mai innalzato una singola forma a modello di tutte le forme. Qui si tocca la massima distanza del pensiero fondamentalmente ideologico e solo programmaticamente dialettico di Adorno dal pensiero realmente dialettico, prima di Hegel, ma soprattutto di Nietzsche e, in fondo, anche di Kirkegaard. che pure Adorno ammirava, sia pure con mille riserve.
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