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Umile, versatile, consapevole: ecco l’intelligenza che serve per il futuro
Di fronte alle grandi sfide ambientali, economiche, tecnologiche e sociali che attendono l’Italia e l’Europa nei prossimi decenni, serviranno nuove intelligenze. E “Nuove intelligenze per il futuro” è stato il titolo del secondo appuntamento “Aspettando il Brains Day”, tenutosi a Vicenza il 29 marzo. Preceduto da un’entusiasmante tavola rotonda con giovani startupper, designer e scienziati da Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Toscana, l’evento ha visto dialogare quattro intelligenze diverse tra loro, ma tutte di grandissimo spessore: Silvia Marchesan, docente associata di chimica organica e responsabile del Super Structures Labs dell’Università di Trieste; Paolo Traverso, direttore del Centro ICT FBK ed esperto di Intelligenza Artificiale; Sergio Mutto Accordi, profondo conoscitore dell’universo delle piante, e già ordinario di patologia vegetale dell’Università di Padova; Beppe Cantele, editore e studioso di storia del libro e della stampa, nonché avvocato specializzato in proprietà intellettuale.
Al centro della conversazione l’intelligenza, in tutte le sue declinazioni. L’intelligenza logico-matematica e l’intelligenza linguistica, l’intelligenza interpersonale e l’intelligenza intrapersonale. L’intelligenza naturalistica, che l’umanità deve coltivare di più, se vuole davvero contrastare il riscaldamento globale, e tutelare una biosfera in forte stress. L’intelligenza dei poeti e degli artisti, che al pari dei ricercatori di frontiera, sono spesso gli unici a vedere lungo, e a saper cogliere la complessità di un mondo profondamente interconnesso, a molteplici livelli. L’intelligenza degli alberi, esempio straordinario di resilienza e sostenibilità. L’intelligenza artificiale (IA), la grande frontiera tecno-scientifica del futuro.
E proprio sul grande potenziale dell’IA si è soffermato Paolo Traverso, che ha auspicato anche una maggior consapevolezza, necessaria per costruire un’intelligenza artificiale per il bene. «Dobbiamo lavorare tutti – ingegneri, programmatori, ma anche filosofi, giuristi, uomini di lettere, sociologi, economisti – a un’IA che sia davvero al servizio dell’umanità. Non a caso quando l’IA è nata, in posti come Stanford oltre mezzo secolo fa, gli studenti andavano a lezione dai padri di questa disciplina, e poi correvano nell’edificio accanto dove si insegnava filosofia. L’IA del futuro non sarà solo tecnologia, non potrà esserlo». A riguardo Silvia Marchesan ha osservato che «certo, l’IA può spaventare, ma come diceva Marie Curie “nella vita nulla va temuto, tutto è da comprendere”. Naturalmente al grande pubblico, e anche a chi come la sottoscritta non è una specialista di informatica, l’IA va spiegata, ci servono gli strumenti per imparare a usarla al meglio». Insomma, a quando un manuale di intelligenza artificiale per principianti?
Ma come coltivare l’intelligenza degli esseri umani? Per Marchesan ( v. intervista su Stati Generali) è fondamentale valorizzare la diversità: «Con persone di abilità, cultura e background diversi si riesce ad avanzare meglio, insieme. Serve anche l’immaginazione: nella ricerca essa aiuta a cercare una strada propria, e a fare davvero un passo avanti, e quindi utilizzare al meglio le (poche) risorse disponibili». Fondamentale è poi la scuola: «in base alla mia esperienza posso dire che la passione degli insegnanti è essenziale: io mi sono appassionata alla scienza perché ho avuto degli insegnanti con tantissima passione che mi hanno fatto innamorare della chimica, della biologia…»
Beppe Cantele ha enfatizzato l’importanza della contaminazione. «Credo che le discipline, tutte le discipline, debbano contaminarsi in continuazione, perché ciascuno può imparare dall’altro, e la contaminazione ti permette di vedere le cose da prospettive diverse. La scienza giuridica, per esempio, non esisterebbe senza il contributo dell’umanesimo, della psicologia, della cultura storico-giuridica. Ce lo ha insegnato Piero Calamandrei, che in proposito ha scritto delle pagine meravigliose».
Serve poi l’intelligenza di longue durée che – ha sottolineato il saggista Gabriele Catania, curatore dell’evento e moderatore – è il solo antidoto contro il “presentismo” di corto respiro della nostra epoca. E se Mutto Accordi (v. qui l’intervista) ha sottolineato l’importanza della biodiversità in natura, Cantele ha sottolineato il ruolo cruciale, per una società, della bibliodiversità. «Uno degli obiettivi che mi pongo, e che si pone Ronzani Editore, è far sopravvivere la “bibliodiversità”. E con questo concetto intendo la conservazione delle capacità artistiche, manuali, artigianali e tecniche che possono produrre un dato prodotto. E questa è una cosa che l’intelligenza artificiale non sostituirà mai: il lavoro manuale intorno a un oggetto».
Né potrà mai sostituire il ruolo degli alberi. Anche se gli esseri umani ancora non capiscono quanto essi siano cruciali. «Fino a tre miliardi e mezzo di anni fa avevamo un mondo che andava a idrogeno. Poi è apparso un cianobatterio grande meno di mezzo micron, che ha cominciato a fare la fotosintesi clorofilliana e a mettere ossigeno. E l’ossigeno, che ha una straordinaria capacità di legarsi con altri elementi, cosa ha fatto? Ha iniziato a ossigenare il mondo, e poi ad ossigenare l’aria. Dando origine al mondo che noi conosciamo. Lo stesso discorso vale per gli alberi. Danno ossigeno, danno vita, sono i veri signori del mondo. Dobbiamo ancora capirlo». Anche per questo servirà intelligenza.
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