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Tutti poeti?
Con questa domanda Alberto Bertoni, docente di letteratura italiana contemporanea all’università di Bologna, apre un interessantissimo saggio dedicato alla poesia contemporanea (La poesia contemporanea, Il mulino 2012) in cui passa in disamina nomi e volti dell’attuale poesia, sottolineando la necessità, in primis didattica e subito dopo sociale, di (ri)considerare la valenza e i valori della versificazione che ci è contestuale. Bertoni, snobbando quella fazione di intellettuali che si battono per una superiorità sterile della poesia, rilegandola a sette autoreferenziali in lotta tra loro per l’affermazione di una poesia poetica, rivendica la necessità di uno scrivere in versi che sia intrecciato alla sua dimensione sociale, e quindi civile, e quindi, alle volte, anche politica: una poesia, insomma, che in quanto manifestazione eccelsa della lingua e dell’esperienza umana, non può e non deve sottrarsi alla realtà “in tutte le sue interconnessioni simboliche e oggettive, dialogiche e plurali.” Fatta imprescindibile questa connessione tra verso e reale, allora anche la poesia, come qualsiasi altro strumento espressivo, non può essere analizzata a prescindere dalla specificità comunicativa dei dispositivi e degli ambienti che la veicolano: l’ipermedialità e l’ipertestualità in cui siamo immersi non sono più qualcosa che, a scelta, è possibile ignorare o guardare con sufficienza, ma diventano parte integrante del messaggio stesso veicolato dal mezzo poetico, il quale, nella sua combinazione di parole, suoni e visione, ethos e pathos, viene riorganizzato offrendosi a re-interpretazioni che terranno conto di nuovi parametri, non meno valevoli di quelli più datati.
L’elemento tecnologico gioca un ruolo cruciale anche nella spiegazione relativa alla sproporzione, messa in luce con ironia da Bertoni, tra i numerosissimi scrittori di poesia e i suoi circoscritti lettori: mentre la lettura della poesia degli altri (maestri scomparsi e contemporanei, stranezze e particolarità poetiche, giovani promesse) dovrebbe essere conditio sine qua non per scrivere propri versi, sembra invece essere una pratica elitaria e poco diffusa.
Due anni fa, in occasione del Festival Internazionale di Poesia Europa in Versi, organizzato ogni anno dall’associazione culturale La Casa della Poesia di Como con cui collaboro, ho avuto modo di intervistare alcuni importanti poeti della scena italiana e straniera riguardo alla correlazione poesia/rete. La domanda, brachilogica, era la seguente: “La poesia sui Social Network, qualità o spazzatura?” Queste le risposte che mi erano state date.
UMBERTO FIORI
Su Internet, poesia vera e fuffa dilettantesca sembrano stare sullo stesso piano. La qualità è difficile da riconoscere: ci vuole attenzione e spirito critico, orecchio e cuore (questo, in verità, è un problema che riguarda oggi tutta l’arte e la cultura). La potenziale parità tra poesia autentica e poetanteria mediatica mi sembra una bella sfida. Oggi, chi scrive lo fa senza patenti culturali preconfezionate, senza garanzie, senza pregiudizi. Se le cose che uno ha da dire riguardano davvero tutti e ciascuno, se ci sono davvero, se sono vive, resteranno. Chi conta sull’effetto, sulla moda, sul gusto del momento, si perderà tra mille poetanti come lui (o lei). Del resto, è sempre stato così. Anche Leopardi, o Kafka, si sono dovuti confrontare con la mediocrità dominante. E non hanno vinto, né perso: hanno donato. Che il loro dono sia arrivato fino a noi testimonia che, per quanto l’attualità sia potente, alla lunga la poesia prevale. La melma può affascinare, ma alla fine noi tutti abbiamo bisogno di acqua.
FRANCO BUFFONI
Può esserci tutto e il contrario di tutto: l’offerta è immensa. Quella funzione di setaccio che fino a dieci anni fa era svolta dalle innumerevoli riviste cartacee, oggi è svolta dalla rete; ma con quanta più fatica e dispersione! Tuttavia, alla lunga, intelligenza e qualità finiscono ugualmente per imporsi: qualche nuovo nome di poeta bravo anche dalla rete ogni tanto fuoriesce.
MARIO SANTAGOSTINI
Non frequento molto i social. Una volta ho assistito a uno scambio di opinioni tra chi postava il verso di un grande autore contemporaneo e chi contro-postava i versi di un altro autore contemporaneo, decisamente e istituzionalmente meno grande. Poi è arrivato un terzo che sosteneva che il secondo autore era, a suo parere, più bravo. Poi un quarto che diceva il contrario. Così, di passaggio in passaggio, un grande autore è stato messo sullo stesso livello di uno infinitamente inferiore: azzerato o quasi. Questo è un esempio del social-tritacarne, secondo me: una democrazia dei lettori oscillante, fittizia e, per dire una parola che adesso usano tutti, liquida. Fondata non sulla lettura reale ma sul “secondo me”, sul “mi piace”, sul “io me lo sento così”. Il secondo aspetto brutto sta nel fatto che, attraverso i social, scattano forme di spontaneismo narcisistico e di autopromozione prepotente e incontrollabile. Chi impedisce a chi di etichettarsi come iniziatore di movimenti, scuole, tendenze e pescare subito chi lo riconosce tale? Chi impedisce a chi di fare del proselitismo? Nessuno. Certo, la storia della letteratura dovrebbe aggiustare le cose, ma con i social di mezzo ci mette più tempo. Se poi ci riesce davvero, cosa di cui comincio perfino a dubitare.
BASILIO LUONI
Non pratico le latrine dei social network: mi immagino che lì l’attività poetica si confonda un po’ troppo con la masturbazione: questa è di per sé attività altrettanto utile (o anche più utile) ma non è la stessa cosa.
MICHAEL HARLOW
Non posso dire gran che sulla poesia dei social media, principalmente perché ho scelto di auto-limitarmi l’accesso a questa straordinaria ondata di pubblicazioni tecnologiche. Per quanto ne sappia, mi pare una borsa piena di tante cose disparate, che talvolta includono poesia interessante e di qualità. Un certo numero di periodici e riviste che un tempo uscivano solo su carta stampata hanno fatto il loro ingresso nell’arena. Inoltre vi sono pubblicazioni e siti più recenti che si specializzano in poesia, per la maggior parte sperimentale, spesso mediocre. Danno solitamente ampio spazio a poeti giovani, per lo più inediti. L’accesso alla pubblicazione di poesie è quasi universalmente più facile che in passato, il che incoraggia la sperimentazione nella forma. Qui in Nuova Zelanda molti siti e blogs di poeti laureati ospitano poeti di grande talento, oltre a lavori di critica sulle arti. Ho notato che esiste un buon numero di siti che offrono accesso alla poesia del passato, oltre che del presente, spesso già pubblicata in riviste e antologie. D’altro canto, c’è una proliferazione di massa di “poeti da blog”, aspiranti poeti, poesie che vorrebbero essere tali e poeti che vorrebbero spacciarsi per tali, tutti in un bel miscuglio. Buona parte di tutto ciò è molto mediocre, poesia spazzatura. Mezzo-sangue del verso, poesie che cercano sinceramente la serietà e una varietà di altri scarabocchiati tentativi. Effusioni che riflettono una cultura narcisistica caratterizzata dalla ricerca della celebrità istantanea, auto-congratulazioni finalizzate a far sentir bene chi scrive, un gran guardarsi allo specchio e una notevole incapacità a distinguere i suoni quando si tratterebbe di far cantare un po’ la lingua. Beh… Quanto meno si cerca di essere democratici…
SAEID HOOSHANGI
Penso che sia troppo presto per giudicare lo stato della poesia sulla rete. Dovremo aspettare almeno una decina d’anni per vedere i risultati, a parte la capacità di diffondere la poesia nel mondo. Si dovrebbe anche tenere a mente che le nuove tecnologie stanno risolvendo alcuni bisogni come la difficoltà di accedere alla poesia in alcune zone del mondo e a certi testi in altre.
MILAN RICHTER
La poesia su Internet, Facebook e Twitter è prevalentemente spazzatura. Ognuno vuole mostrare ai suoi amici cosa ha scritto. E gli amici sono abbastanza gentili da non criticare. Ma di tanto in tanto anche i poeti principali pubblicano su Facebook una poesia o due tratta dal loro ultimo libro. Perché no? In questo modo, raggiungeranno un pubblico più numeroso.
MARKUS HEDIGER
Come ovunque c’è del più o meno buono. È vero che al giorno d’oggi chiunque può aprire un blog e pubblicare i suoi componimenti, ma ci sono dei siti internet che si dedicano esclusivamente alla poesia, che hanno una redazione che sceglie i poeti, lancia le loro poesie, scrive critiche sulle raccolte pubblicate. Penso in particolare al sito francese “Recours au poème”: http://www.recoursaupoeme.fr/. Insomma, io non vedo la fine della poesia, al contrario: la poesia è vigorosa, resistente, si rinnova e soprattutto è molto libera e indipendente perché la stampa ed anche il pubblico non l’hanno mai enfatizzata; la poesia si evolve altrove che sotto i riflettori che sono puntati sui romanzi, sullo spettacolo e sulle arti visive.
Mi pare evidente come il primo aspetto da evidenziare riguardi il forte dualismo presente già nella domanda e specchio di una visione sociale che tende a volerci del tutto apocalittici o del tutto integrati nei confronti della madre Rete e dei suoi figli minori. Senza qui riprendere i numerosissimi dibattiti esistenti attorno a questo tema, ribadisco soltanto che entrambe le prese di posizione in forma integralista sono fuorvianti rispetto a un’onesta comprensione del fenomeno.
Una visione mediana e scevra di determinismi di ogni sorta deve essere assunta anche nel considerare l’arte della poesia all’interno del mondo 3.0.
Diversi tra i poeti intervistati hanno messo in luce, infatti, che all’interno della Rete circolano sia prodotti di qualità che prodotti spazzatura, questi ultimi definiti efficacemente da Michael Harlow come “mezzo-sangue del verso”. La co-esistenza tra contenuti pregevoli e contenuti scadenti non è però lo scotto che bisogna pagare perché ci sia diffusione e propagazione di materiale, bensì è elemento strutturale del sistema stesso in cui tale diffusione avviene.
L’idea che la Rete svolga un filtraggio grossolano, se non addirittura nullo, sugli innumerevoli componimenti poetici dilaganti al suo interno è una verità pressoché indiscutibile: ma se volessimo affidarle questo compito dovremmo iniziare a porre una serie di limitazioni e, soprattutto, decidere chi sia degno e competente (corruzione a parte) nel stabilirle.
Sarebbe, forse, più utile che si affinassero e si differenziassero meglio per qualità e serietà i portali, i siti, i blog che di poesia si occupano per mestiere e che si pongono come obiettivo quello di tutelare, salvaguardare e diffondere il patrimonio poetico vecchio e nuovo e che non operano come singolo ma in veste di associazione, o fondazione, o circolo, o editore.
A coloro che, invece, a vario titolo o senza titolo, con narcisismo autoreferenziale o per amore poetico, in virtù della celebrazione del proprio sé o della Poesia altissima pubblicano e pubblicano versi nel Web non si deve dire nulla, per non compromettere quella libertà d’espressione che anche in Rete, in qualche modo, vogliamo far sopravvivere. Possiamo scegliere, questo sì, in base ai nostri gusti, alla nostra formazione, alla nostra cultura, al nostro umore, di non leggere, non segnalare, non farci influenzare o, al contrario, di leggere, diffondere, farci ispirare.
La critica e la cernita del materiale circolante in Rete continuerà a essere affidata al lettore, sia a quello che fonda il suo parere sul “secondo me” privo di parametri referenziali e incentrato solo sul proprio gusto e piacere momentaneo, sia a quello che, con più ampio respiro, sarà in grado di darne una valutazione non meno soggettiva, ma di certo più documentata ed esperta.
Non sbaglia però Umberto Fiori a ritenere che la qualità e la poesia degna di questo nome alla fine, comunque, prevalgano: “la melma può affascinare, ma alla fine noi tutti abbiamo bisogno di acqua”.
La buona poesia c’è, la bella poesia esiste, dentro e fuori la Rete che, pur con le sue problematiche e criticità, facilita indiscutibilmente la diffusione del materiale poetico e ne agevola l’accesso.
Da domani e fino a domenica il Festival Internazionale di Poesia Europa in Versi ritorna, come sempre nella cornice comasca, abbracciando il tema La Poesia & il Viaggio: sarà occasione per me di rivalutare la questione con i poeti ospiti di quest’anno e con gli slammers che daranno vita a un’avvincente gara a colpi di versi. Che lo si voglia ammettere o no la poesia è un linguaggio, oltre che un’arte e un modus vivendi, e come tale non può prescindere dai mutamenti a tutto tondo che la circondano e la impregnano, modificandola costantemente. Solo una valutazione attenta e costante dello scenario in cui è inserita, oltre che della Poesia stessa, consentirà di poter ancora esprimere, quando necessari, giudizi di valore e fare una cernita tra cosa è poesia e cosa non lo è.
Sta all’individuo sfruttare al meglio la Rete e andare oltre. Là, in quest’oltre, c’è sempre Poesia.
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