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Teatro di spazio, tempo e relazioni: intervista a Paola Donati – Teatro Due

16 Giugno 2019

Un teatro aperto tutto l’anno, che possa essere “casa” della cultura e delle relazioni per la città e, allo stesso tempo, polo attrattivo e qualificante per quanto riguarda lo studio, la formazione e la sperimentazione in campo artistico: questa la visione alla base del lavoro della Fondazione Teatro Due di Parma che quest’anno, ancora una volta, si presenta con una programmazione estiva varia ed estremamente curata.

Nella cornice classico-moderna dell’Arena Shakespeare, andranno in scena, dal 26 giugno al 26 luglio, grandi classici rivisitati come Antigone (per la regia di Gigi Dall’Aglio) e Prometeo incatenato (regia di Fulvio Pepe), pietre miliari del teatro contemporaneo come Mistero Buffo interpretato da Ugo Dighero, il grande spettacolo May B di Maguy Marin e poi ancora proiezioni, conferenze, incontri, fino al gran finale con Coscoletto o Il Lazzarone di Offenbach, in collaborazione con la Fondazione Arturo Toscanini e il Festival della Valle d’Itria. Abbiamo incontrato Paola Donati – direttrice del teatro – per una chiacchierata su questo programma, ma soprattutto sul senso di un percorso “vivo” 365 giorni l’anno.

Partiamo dal cartellone estivo: un programma che non ha nulla della “bassa stagione” propria di alcune rassegne estive. Da cosa nasce l’idea di lavorare tanto anche sulla proposta nei mesi “caldi”?

In realtà questo programma non nasce a sé, ma come parte integrante di un percorso annuale che ci vede impegnati per tenere aperto, vivo e fruibile il teatro il più possibile. La presenza di uno spazio come l’Arena Shakespeare, dove poter assistere a spettacoli all’aperto, sotto le stelle e in un contesto – pur moderno – così prossimo al teatro classico, ha sicuramente favorito la scelta di produzioni come Antigone o Prometeo incatenato, ma anche performance nelle quali diventa fondamentale il contatto con il pubblico, quella vicinanza che crea ponte, legame empatico e quindi comunità prima, durante e dopo la messa in scena. Si tratta di uno spazio che permette l’esaltazione della parola, che si fa relazione, e delle relazioni fra spettatori, che si trovano ad interagire in un contesto non convenzionale. Per questo, ovviamente, servono artisti di grande qualità, capaci di abitare questo spazio, ma anche un pubblico curioso e desideroso di mettersi in gioco con la loro stessa presenza.

Parole chiave quindi rete e relazioni…

Questo tutto l’anno, poi, per quanto riguarda la stagione estiva, il cartellone vive di relazioni e percorsi di lunga durata. La collaborazione con la Fondazione Arturo Toscanini, con ATIR Teatro Ringhiera, il lavoro pluriennale di Fulvio Pepe su Prometeo sono solo esempi di quell’impegno costante, di costruzione appunto, che non si improvvisa su un singolo evento o performance e che porta un teatro a creare una sua identità, a consolidarla, ad affermarsi come interlocutore culturale forte e punto di riferimento di una comunità e per altre città.

Tutto questo ha anche una grande funzione sociale…

Certamente. Le persone che assistono agli spettacoli non sono semplici spettatori. Vivono il teatro in tutte le sue sfaccettature: da quella culturale a quella conviviale. In questo luogo di ritrovo dove andare anche “in fiducia”, conoscendo la tipologia di proposta portata avanti da tutti coloro che in questa comunità lavorano, ciascuno può trovare il suo modo di vivere il teatro. Avviene durante la stagione, nelle varie sale (ciascuna con le sue caratteristiche in rapporto allo spettacolo e allo spettatore), così come nella caffetteria, avviene nella stagione estiva, dove la struttura ad anfiteatro riconduce – immediatamente – ad una dimensione di rito collettivo, di spazio sociale, politico, comunitario, proprio come nell’antichità. Questo senza voler sacralizzare la scena. Il teatro deve coinvolgere, colpire, muovere lo spettatore, ma – ecco – non ci limitiamo a fare intrattenimento o spettacolo fine a sé stesso. Il nostro è un lavoro di struttura.

Quindi chiunque si può approcciare a queste proposte?

Il teatro è fatto per parlare ad un pubblico, non per riferirsi a sé stesso. Il cartellone estivo parla a diversi mondi e, lo spettatore curioso, potrà esplorare anche generi (termine con cui non amo definire la realtà teatrale) e mondi molto differenti. Ripeto, è un lavoro di lungo corso, un modo d’intendere la vita di teatro in senso completo: dal costume alla scena, dall’attore a chi promuove gli spettacoli. Una vita insomma, ma rispecchia il senso di essere – più che rappresentare – un mondo, quello culturale, che deve riappropriarsi anche dell’urgenza di agire nei suoi vari contesti. Cito, non a caso, il titolo del nuovo film di Maguy Marin L’Urgence d’Agir che verrà proiettato al cinema Astra sempre all’interno della nostra rassegna. La cultura è urgenza, azione e questo speriamo possa apprezzare il pubblico, anche quello che trascorrerà con noi l’estate in città.

Informazioni sulla stagione estiva del Teatro Due

Ph. credits Michele Lamanna e Francesco Bianchi

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