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Il treno, la poesia, la resistenza. Cronache dallo Sponz Fest, giorno sei
Ore 24.30, mi faccio coraggio e mi metto in fila. Grotta Lo Priore, via Berrilli 75, Calitri. Qui si degusta vino della dell’azienda De Santis di Montemiletto, ma soprattutto in un antro della grotta c’è Vincenzo Costantino Cinasky che scrive poesie personali ed io ne voglio una per me. Sembra che tutto nasca da tre parole che tu gli puoi dire o che comunque lui sarebbe in grado di desumere da una breve conversazione. Io penso alle mie tre parole, parto da ossi, chiacchiere e chitarre, andranno bene plurali o singolari immagino, per arrivare a corde, chiacchiere e chitarre. Prima di me ci sono sette persone, considerato che ogni persona resta nell’antro almeno dieci minuti, significa che dovrò aspettare almeno un’ora buona buona. “Un aglianico per favore”, magari le tre parole poi mi vengono anche meglio. E ripenso alle cose che ho visto nel corso della giornata.
Quello che colpisce dello Sponz Fest è la moltitudine e la simultaneità. Si dovrebbe avere il dono dell’ubiquità per riuscire a vedere tutto quello che succede in una di queste giornate, per riuscire a collegare tra loro tutti i puntini che ci sono e provare a vederne il disegno generale. Forse bisognerebbe volarci sopra, riuscire a vedere le cose dall’alto. E poi essere nottambuli, avere l’orologio biologico spostato nella parte sonno verso le ore del mattino e avere un gusto raffinato per la poesia, per i rimandi e le citazioni, per le culture popolari e la cultura popolare. Sono tutte doti che io posseggo solo in parte, e questo a volte mi fa sentire quasi estraneo a tutto questo, insomma una sorta di vorrei ma non posso.
Ore 24.50, attacco bottone con il titolare dell’azienda De Santis, parliamo dei vini toscani e dei vini campani, di Vinicio e del castello di Montemiletto, della poesia che Cinasky gli ha appena consegnato e di quelle che dovrà ancora fare. Intanto arrivano altre due signore, si accadano e adesso in fila per una poesia siamo in otto in tutto, io ho ancora cinque persone avanti. Continuo a confermarmi quelle tre parole, penso sia stata quella situazione in cui mi sono venuto a trovare a partire dalle 24.30 ad avermele suggerite, la cantina dove mi trovo la galeotta. Provo anche a variarle, ma poi torno sempre su quelle. Il posto è bellissimo ed aspettare diventa quasi un piacere.
Oggi è tornato il treno, per tre giorni la linea Avellino-Rocchetta torna a ruggire e c’è un treno storico della Fondazioni Treni Storici di FS su cui si può montare e farsi tutta la tratta. Anche lì sono montato e vedendo passare Vinicio e tre mariachi mi sono messo dietro loro, volevo andare nel vagono dove si suonava, vedere che aspetto abbia un treno su cui ci sono delle persone che cantano e ballano, perché normalmente i treni sono sempre molto più noiosi. Su questo stesso treno ero già stato anche l’anno scorso e le riflessioni che ho fatto sono le stesse. Rivedere passare dalla stazione di Calitri-Pescopagano il treno, sentire il suo fischio quando arriva, vederne il controllore ed il macchinista è assistere ad un miracolo, a qualcosa di inedito che testimonia quanto sia la volontà della gente a volte a muovere le cose. E dietro questo miracolo ci sono sì le istituzioni, ma soprattutto ci sono persone e associazioni.
Ore 01.15, Cinasky esce dall’antro per fumare una sigaretta, dopo 5 minuti si riprende, me ne mancano quattro di persone, quattro di poesie, l’aglianico intanto è arrivato a metà bicchiere. Faccio alcune foto della cantina, se prima potevo accusare un po’ di sono, adesso sono perfettamente sveglio, di parole potrei dirne anche venti, ma resto sulle mie tre. Penso che quello che mi interessa è vedere questo poeta all’opera, vedere come possa collegare tre parole in qualcosa di coerente e di artistico, ho anche io qualche piccola vena poetica, qualcosa sottopelle che vorrei ravvivare, magari vederlo mentre verga con la mano quelle righe mi serve piuttosto che la poesia in se, piuttosto che il risultato finale in se.
Di Marc Ribot devo ammettere di sapere poco, ho capito che è diventato uno degli attivisti anti-Trump più attivi che ci siano. A Trump, nel concerto il Piazza della Repubblica, dedica anche un pezzo in spagnolo in cui gliene manda a dire varie. Io ad uno come Trump non lascerei nemmeno le chiavi del lucchetto della bicicletta. La resistenza, anche quella puramente ideale, è una gran cosa, figuriamoci quella accompagnata da azioni concrete. Quelli di Green Peace, per esempio, sono dei ganzi. Come chitarrista forse mi aspettavo di più, ma nell’insieme mi ha convinto. E’ significativo che sia stato invitato in questa edizione dedicata ai mondi al contrario, ai mondi al rovescio. All’utopia, insomma. E’ iconico che ci sia, che sia qui. Quando sta per finire la sua esibizione faccio una prima puntata alla grotta di Cinasky, troppa gente in fila, tornerò dopo.
Ore 2.00, ne resta solo una di persona davanti a me. Finalmente! Cinasky esce e dice che per stasera basta, farà solo un’ultima poesia, sono già tre ore che scrive. Evidentemente tocca alla ragazza che mi precede, io posso andare, niente tre parole, niente poesia. Mentre esco rassegnato, e più leggero, penso che non dovevo protestare, e non ho protestato. Che non dovevo insistere, e non ho insistito. Le poesie non si cavano dalla penna per forza. Io non le voglio cavare dalla penna così. Né dalla mia, né da quella di altri. La giornata ha già dato quello che poteva dare: il treno, l’idea della poesia, la resistenza, la pizza, i caffè, l’aglianico, la famiglia, le mie bimbe, gli amici. Se cerchi la poesia e ti guardi intorno qui, ma nella vita in genere, ne puoi trovare in abbondanza, basta saper attendere. E perseverare, in questa forma di resistenza che conviene saper apprendere.
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