Acqua
Sponz AcQuà. Ho immaginato una fontana dove non c’era
Stamani ho immaginato una fontana dove non c’era. Ne ho immaginato lo sforzo dell’acqua. Il tentativo di risalire e di spaccare la pietra per uscirne fuori e scorrere giù. Tutto, qui, parla di questo sforzo, della tensione delle piante di vincere un inverno più lungo che altrove, e della loro ebbrezza quando la primavera e l’estate vivono il loro trionfo. Ho immaginato una fontana dove non c’era, stamani e ho sentito l’acqua che c’è in me, in ogni porzione del mio corpo, elemento fondamentale che arriva a tutte le cellule. Ho sentito che ce la possiamo fare, non ce l’abbiamo ancora fatta, ma ce la possiamo fare. E stamani, quando ho visto quella fontana dove non c’era, quando ho visto una mano che la disegnava sulle rocce che stavo guardando, ho pensato che questa fontana che ancora non esiste in questo momento è davvero l’unica cosa che conta. E il posto in cui ho immaginato questa cosa è un posto pieno di fontane, di ponti e di fontane. Di case colorate, regolari e piccole come quelle di un presepe. Qui ho il mio appuntamento fisso con madame estate, qui ho imparato che di fronte all’acqua non vince il più forte, ma chi sa organizzare meglio il mutuo soccorso, citando Samuel Taylor Coleridge, e, aggiungo io, che servono ponti per attraversare i fiumi della vita, ponti come questo piccolo grande evento che chiamiamo Sponz e che si svolge tra un prima e un dopo in cui la pietra da passare è questo virus e quanto di peggio esso ci ha lasciato.
Nella stessa misura in cui l’anno scorso ho sentito un senso di costrizione alla pancia pensando alla peste annunciata, quest’anno sento un sollievo all’idea dell’acqua che scende e attraversa i mondi che abitiamo, alle risorse naturali che ci salvano, a tutto quello che possiamo ancora salvare, e che se lo salveremo ci salverà. Un sollievo che mi dona anche il vento dell’est che soffia spesso da queste parti, aria che arriva a asciuga tutto, come dice sempre mia moglie, osservando in quanto poco tempo asciugano i panni sul terrazzo della nostra casa di vacanza. Qui arrivano influenze dai balcani, quelle buone, quelle che non scatenano i virus stile covid-19, e arriva questo soffio d’aria che dentro questo evento magicamente si incanala e viaggia diretto per tutti i paesi toccati quest’anno dalla festa: Calitri, Caposele, Torella dei Lombardi, Paestum, Eboli, Serre, Valva e Contursi Terme, tutti posti poco battuti dal turismo che ingrassa solo le tasche di alcuni, tutti posto che nonostante l’età conservano una loro perenne timidezza. Acquà, in un gioco di parole fatto suono significa ‘qui’. Avvicinateci il verbo che preferite e sarà completa la descrizione dell’azione. Sponz AcQuà, immergetevi, fatevi prendere, ammollatevi qui (come il baccalà), che l’unico modo di conoscere queste terre è scenderle in profondità, come i vicoli di Calitri, come si va giù dentro il mare.
Stamani ho immaginato una fontana dove non c’era. In un punto in cui c’erano solo mattoni ho visto spuntare una fonte. Ne usciva l’acqua che corre tutta qui sotto Mattoni come quelli del Castello Ruspoli di Torella dei Lombardi le cui prime tracce risalgono a un documento dell’anno 1151. Mattoni come quelli del basamento del sagrato della chiesa presso cui ho sostato la prima domenica che sono arrivato qui. Mattoni come quelli che sono fatti con l’argilla recuperata lungo il corso dei fiumi. Mattoni come quelli delle chiese e con cui si innalzano le chiese, quelle più alte, costruzioni ardite che sono specchio delle altezze cui può arrivare la mente dell’uomo. Stamani ho immaginato una fontana dove non c’era. Raccontava di una rinascita, di un luogo immaginario, in cui ognuno ha un punto esatto in cui stare e di quel punto, di quello spazio, si fa costruttore e guardiano Ho sentito un vento da oriente che mi solleticava la testa. Ho preso la matita e ho cominciato a disegnare E nel punto in cui posavo la matita riconciava il cerchio. L’acqua che scorre, i minerali che si fondono, l’argilla che si deposita, i mattoni con cui costruiamo i castelli, le chiese, le case, i negozi e le scuole. Stamani ho immaginato un mondo fatto di tante piccole belle eccezioni, di gente che finita la guerra usciva di casa e tornava a vivere come l’acqua che scorre, di sirene delle ambulanze che smettevano a un tratto di suonare lasciando il posto alle sirene della speranza, mi sono chiesto queste piccole belle eccezioni chi o cosa potessero essere, poi mi è arrivata la soluzione: siamo noi.
Il programma dell’evento è consultabile qui.
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