Ambiente

Se Greta è un meme, siamo tutti meme e vogliamo un mondo migliore

27 Settembre 2019

Hanno fatto il giro di tutti i telegiornali e del web le immagini del ghiacciaio del Monte Bianco che sta per crollare. E queste immagini dicono che il ghiaccio si sbriciola, poi si scioglie, diventa acqua e forma dei rigagnoli che scendono a valle. E le misure che si stanno effettuando parlano di un milione di metri cubi di ghiaccio che potrebbero staccarsi e precipitare a valle. E nello stesso giorno di queste immagini arriva anche l’allarme dell’ONU sui ghiacci. “La perdita globale dei ghiacciai, la fusione del permafrost e il declino nella copertura della neve e nella estensione dei ghiacci artici sono destinati a continuare”. “L’aumento della temperatura dell’aria in superficie, con inevitabili conseguenze per straripamenti di fiumi e rischi locali”. E tutte le regioni del mondo con i ghiacciai più piccoli, come quelli che abbiamo in Europa Centrale, “sono destinate a perdere più dell’80% della loro attuale massa di ghiaccio nel 2100, e molti ghiacciai sono destinati a sparire comunque, indipendentemente dalle future emissioni”. L’allarme è stato lanciato dalla IPCC, il comitato scientifico delle Nazioni Unite che studia il cambiamento climatico.

Quelle immagini del Monte Bianco sembrano arrivare giusto per asseverare ancora di più, fosse necessario, il messaggio che si vuole lanciare oggi con questo nuovo sciopero per il clima di venerdì 27 settembre. E il cammino di questi scioperi ormai è noto, comincia dall’iniziativa di una ragazzina svedese che nel frattempo per la magia dei social è diventata un meme, una a cui i negazionisti del cambiamento climatico – Trump compreso – ormai danno addosso ogni giorno, quasi che le sua lotta cominci a toccare interessi costituiti che finora sembravano poter passare sopra tutto e tutti. Cercando in rete, sicuramente, troverete anche qualche tutorial o comunque l’opinione di chi spiega come Greta da tutto questo meccanismo ci guadagni, perché serve una macchina precisa per fare tutto quello che lei sta facendo. Il punto, però, è che lei adesso non è più da sola. Il punto è che quella sua piccola protesta iniziale di cartelli scritti a pennarello si è fatta notare e ha smosso in ciascuno di noi qualcosa, come quel ghiacciaio sul Monte Bianco che si è deciso di tenere sotto osservazione prima che si stacchi e vada verso valle.

E Greta generalmente non piace alla destra, e soprattutto ai giornali di destra, impegnati a costruire una narrazione che è sempre la stessa, fatta di dileggio e di argomentazioni che porta via il vento, come quelle secondo cui la crisi climatica non esiste. Ma la gente, d’altronde, è anche su questo che forma la proprio opinione, anche su siti pieni di inesattezze e spesso di notizie palesemente false. Però sono questi i canoni della democrazia del web e con essi dobbiamo cercare di lottare, cercando una distinzione nei toni e nelle argomentazioni. E allora diciamolo forte, perché Greta sta facendo qualcosa di sacrosanto, e anche ammesso fosse vero tutto il peggio possibile che la pubblicista di destra va dicendo, la battaglia che lei sta portando avanti resta sacrosanta per un semplice motivo, perché non stiamo parlando di una singola ragazzina che si muove alla ricerca di visibilità e di gloria, ma di un collettivo, di un gruppo di persone che ha assunto quella sua battaglia iniziale come la propria battaglia, su cui restare sintonizzati e scegliere delle strategie utili a scongiurare lo scenario peggiore contro cui stiamo lottando.

Nei confronti di Greta Thunberg posso provare una smisurata simpatia, ma non è tanto la sua figura a interessarmi, quanto ciò che lei rappresenta, perché nel momento in cui sostiene una lotta giusta rappresenta anche me e anche noi, e le mie figlie in particolare. I suoi haters possono sbeffeggiarla quanto vogliono, così facendo non ottengono altro risulato che rafforzare ciò che lei rappresenta e il suo messaggio. Tra i tanti messaggi comparsi sui social in questi giorni in merito alla Thunberg uno dei più azzeccati e intelligenti (quindi sacrosanti) è di @Dio e l’ho letto su Twitter. Dice esattamente quello che avrei voluto dire io se nel frattempo lui non mi avesse rubato la penna. Perché insultare è sempre sbagliato, ma insultare una ragazzina che si batte per una causa comune (e vi sfido a dimostrarmi che la sua causa non sia comune a tutti) è un atteggiamento che possono avere solo coloro che sono in mala fede e che vedono traballare il loro castello di affari e mediatico al suono delle sue parole.

E’ che a questa lotta non sembrano esserci alternative, nessuno si diverte a protestare, soprattutto avendo coscienza che la protesta a cui stiamo andando incontro non sarà di una volta e via, ma è qualcosa di duraturo, con cui avremmo a che fare per un periodo di tempo abbastanza lungo, e ciò a dire la verità non mi consola. Mi consolerebbe molto più sapere che tutto è a posto, e che da domani tutto sarà risolto, che non esistono livelli allarmanti di CO2 nell’atmosfera, e che non ci sono più temperature che nella media sono di molto superiori a quelle di qualche decennio fa. Ma no, non è così. E forse siamo anche fuori tempo massimo per rimediare. A quanto ho capito ciò con cui stiamo ragionando, questo fenomeno altrimenti detto ‘cambiamento climatico’, ha la stessa dinamica di una valanga che ormai si è messa in moto e le cui conseguenze sono già arrivate.

E nonostante ciò non conviene certo arrendersi all’evidenza, semmai conviene provare a seguire quella che potremmo definire una pura idealità, secondo cui un mondo migliore è possibile, e che ce la possiamo fare anche fuori tempo massimo, ma serve, ecco il punto su cui fare bene attenzione, uno sforzo sovrumano. Soprattutto non è assolutamente giusto chiudersi in casa e mandare avanti solo i giovani nelle manifestazioni di cui leggiamo sui giornali e che vediamo scorrere dalle finestre, perché la questione del cambiamento climatico va anche oltre il tema della lotta di classe e allo stesso tempo lo ricomprende, perché ridurre le emissioni significa anche riconsiderare l’intero sistema dei rapporti economici del sistema capitalistico in cui viviamo, e ciò significa ragionare anche del presente di noi adulti, di come spendiamo e come investiamo, di ciò che mangiamo e di tutti i tipi di rifiuti che quotidianamente generiamo, e non solo del futuro ambientale di questo pianeta che, ammettiamolo pure, non abbiamo saputo condurre, almeno finora, al meglio.

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