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Sandro Bonvissuto: Dopo Calvino la letteratura è periferica e basta
La piccola inchiesta attorno all’eredità letteraria di Italo Calvino tra i narratori italiani contemporanei prosegue con un’intervista a Sandro Bonvissuto che nel 2012 ha esordito da Einaudi con Dentro rivelando una voce nuova e radicale con una narrazione dura e densa. Romano, Sandro Bonvisuto lavora ormai da qualche anno in una trattoria alla Balduina dove è anche possibile incontrarlo tutte le sere.
Qui l’intervista a Gianluigi Ricuperati, qui a Vanni Santoni, qui a Chiara Valerio, Nicola Lagioia, Francesco Pacifico, Rossella Milone, Giovanni Montanaro
Quale l’eredità più preziosa lasciata alla letteratura italiana e anche a disposizione dei narratori italiani da Italo Calvino?
L’eredità più importante consegnata alla letteratura italiana da Italo Calvino consiste nel fatto di essere stato uno che è riuscito a lasciare un’eredità, cosa oggi molto ostica da imitare. Per quello che riguarda i suoi libri, Calvino regala tante idee, come l’accesso alla dimensione del fantastico ad esempio, o il perpetuo punto di vista del narratore, elementi che restano a disposizione di noi scrittori, ma non è bene che i bambini giochino con gli attrezzi dei grandi, rischiano di farsi male.
Dove la scrittura di Calvino ha più saputo incidere nella società italiana?
Credo che sia riuscito ad incidere nella società parlando ad ognuno dei singoli componenti della società stessa; mi spiego: per me la lettura di Calvino è e resta ancora un’esperienza profondamente individuale, rivolta pedagogicamente ai soggetti che poi formano la società. Credo che abbia agito sulla collettività per interposta persona, attraverso i lettori.
Quale lascito di Italo Calvino risulta oggi invece un fardello insostenibile dagli scrittori e in generale a quale peso costringe un intellettuale che è stato così determinante nella vita culturale italiana e internazionale?
Ma guarda la figura e la storia di Calvino costituiscono un grosso ammonimento per gli editori come per gli scrittori contemporanei, ammonimento ignorato purtroppo in modo sistematico da ambo le parti; oggi che tutto è mercato gli editori non educano più il popolo dei lettori, non evangelizzano letterariamente il paese, e gli scrittori per parte loro sembra che abbiano perso ogni ambizione all’immortalità, soggiogati dal fascino nefasto del pret-a-porter
La letteratura è oggi davvero totalmente periferica al dibattitto publbico? O dopo Calvino c’è ancora possibilità di costruire un percorso letterario identitario e reputazionale?
La letteratura è totalmente periferica non solo al dibattito pubblico, ma anche a quello privato, quindi è periferica e basta. Detto questo credo che nulla vieti ad uno scrittore di costruirsi ancora oggi un percorso reputazionale, ma un buon libro o due purtroppo non fanno un percorso.
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