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Prigioniera di guerra: l’arte russa cancellata nel mondo
Come in ogni guerra, chi non c’entra nulla ne paga il prezzo più alto. Il conto delle vittime civili in Ucraina sale di giorno in giorno – le ultime stime parlano già di oltre 2000 caduti, non militari – e la costante resterà questa fino al termine degli scontri, il quale, al momento, pare piuttosto lontano.
Tra i coinvolti nelle schermaglie, ad ogni modo, non vi sono soltanto gli incolpevoli civili ucraini, bensì anche i loro omologhi russi. Un settore che sta particolarmente risentendo delle sanzioni occidentali è quello culturale. Concerti, balletti e altre esibizioni sono stati postposti indefinitamente come ritorsione verso il governo di Putin, sebbene lo zar centri ben poco con le iniziative culturali.
Tutti contro la guerra
Le risposte all’invasione russa dell’Ucraina sono state giustamente forti e severe, da pressoché ogni dove. Anche le sfere culturali e sportive hanno fatto sentire la propria voce. Gli artisti e le compagnie russe stanno risentendo eccome delle decisioni prese dal Cremlino.
I due principali eventi sportivi che il Paese doveva tenere nel 2022 – la finale di Champions League maschile di calcio e il Gran Premio di Russia di Formula 1 – sono stati cancellati. La EBU, European Broadcasting Union, organizzatrice della competizione canora Eurovision Song Contest (ESC) ha proibito alla Russia di presentare un proprio artista. La gara si terrà a Torino, dal momento che l’anno scorso vinsero i nostri Måneskin e – come tradizione – l’evento viene ospitato dal Paese del vincitore, il prossimo maggio.
La motivazione della EBU è condivisibile: “L’evento vuole promuovere la comprensione e lo scambio tra le nazioni e la presenza della Russia incrinerebbe questo principio alla luce degli sviluppi della crisi in Ucraina.” E c’è dell’altro. Uno dei vanti russi nel mondo, il balletto, corre seriamente il rischio di vedersi depennare ogni evento dalla propria agenda per il 2022. La prima vittima illustre è il rinomato Bolshoi.
L’Europa chiude le porte alla cultura russa
Dall’Inghilterra alla Germania, numerosi Paesi europei stanno chiudendo le porte in faccia agli eventi culturali tenuti da compagnie russe. La Royal Opera House di Londra ha cancellato il ricco cartellone estivo del Bolshoi, che avrebbe dovuto tenere 21 spettacoli nella capitale britannica tra luglio e agosto.
La stessa decisione è stata presa dal meno noto Grand Theatre di Wolverhampton che aveva in programma alcune esibizioni del Balletto Statale Russo di Siberia. Il tour della compagnia sarebbe poi proseguito a Northampton, anche qui però, la direzione artistica del Royal and Derngate ha cancellato gli spettacoli. La comunità ucraina locale ha fatto molte pressioni affinché tali performance venissero annullate.
A Dublino, l’Helix Theatre ha cancellato dalla programmazione Il lago dei Cigni del Royal Moscow Ballet in solidarietà con il popolo ucraino. Decisioni simili sono state prese anche da parte degli operatori della concertistica. Valery Gergiev, direttore in capo dell’Orchestra Filarmonica di Monaco e amico di Putin, si trova ora senza lavoro. Gergiev si è rifiutato di condannare pubblicamente le azioni di Putin come gli era stato chiesto di fare.
Numerosi concerti di artisti anche molto amati previsti in Russia sono stati cancellati, l’annullamento delle date di Green Day, Franz Ferdinand e Louis Tomlinson è già stato confermato.
Autodenunce e cinematografia
Il padiglione russo che gli artisti Alexandra Sukhareva e Kirill Savchenkov stavano preparando, assieme al curatore Raimundas Malašauskas, per la prossima Biennale di Venezia, sarà sicuramente molto diverso da come pianificato. Tutti i tre principali interpreti di quello spazio artistico, infatti, hanno dichiarato che non parteciperanno alla manifestazione scrivendo, in un comunicato congiunto:
“Non c’è spazio per l’arte mentre i civili muoiono a causa delle bombe, mentre il popolo ucraino è costretto a vivere sottoterra nei rifugi e i protestanti russi vengono silenziati dal loro stesso governo.”
Gli organizzatori dello spazio russo alla Biennale hanno confermato, attraverso Instagram, che il padiglione statale a Venezia resterà chiuso in seguito a questa decisione del curatore e degli allestitori.
Il Victoria and Albert Museum di Londra ha messo in stand-by l’apertura della sua mostra dedicata a Peter Carl Fabergé in quanto molte delle sue inestimabili uova provengono proprio da musei russi, i quali le avrebbero prestate – com’è prassi nel mondo dell’arte – all’istituzione organizzatrice in vista della mostra.
I principali nomi del mondo della cinematografia, seguendo l’esempio dato dagli artisti musicali, hanno deciso di punire la Russia impedendo l’uscita nei cinema del Paese di alcuni titoli, anche piuttosto attesi, in worldwide release durante questo periodo. Disney, Sony e Warner Bros hanno già deciso che non distribuiranno le loro pellicole in Russia, impedendo la visione di The Batman, Morbius e Turning Red nel Paese. L’Academy cinematografica ucraina ha proposto un boicottaggio internazionale del cinema russo, oltre all’esclusione d’ufficio di ogni pellicola proveniente dal Paese nei festival e nelle rassegne cinematografiche tenute all’estero. Alla proposta non sono seguite decisioni ufficiali di alcun tipo.
L’efficacia di una simile ritorsione
In tutta franchezza, è lecito dubitare dell’efficacia di questa ritorsione. Nessuna di queste misure sembra poter minare, in qualche modo, l’equilibrio del potere in un Paese dove il popolo non detiene praticamente nulla, dal momento che sono lo zar e i suoi oligarchi a prendere le decisioni. Con i più abbienti che hanno più bisogno di Putin di quanto lui ne abbia di loro, per continuare a portare avanti l’eccesso di sfarzo che è la vita che conducono.
Difficilmente il presidente russo potrà essere disturbato dal fatto di non poter vedere Batman al cinema o della mancata esibizione dei Green Day a Mosca e San Pietroburgo, è il suo popolo che paga. C’è chi appoggia queste decisioni dicendo che è dal popolo che deve partire una nuova ventata politica, che cacci il novello zar e lo sostituisca con un presidente più democratico. Non ci è però dato sapere se questo sia effettivamente possibile.
La struttura di potere che Putin ha costruito negli anni è un ingranaggio oliato alla perfezione, capace di farlo sempre cadere in piedi. Auspichiamo che le dure sanzioni imposte al Paese creino davvero quella scintilla che stiamo attendendo ma non possiamo esserne certi. Intanto, settori come quello culturale pagano un prezzo molto caro.
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