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Populismi contro? Allora ritiriamo fuori la nostra sana ideologia
I cattolici lo fanno già, quando i marxisti avranno il coraggio di fregiarsi ancora della loro bandiera?
Il dibattito sull’ultimo Volume dedicato ad Alcide De Gasperi, scritto da Lucio D’Ubaldo già senatore nella XVI Legislatura e uomo chiave, con altri pochi, dei rapporti tra l’anima cattolica e la politica del palazzo, non era la semplice presentazione editoriale su una figura simbolo della Rinascita post-bellica italiana. E’ sembrata molto di più. Non solo e non tanto per l’atmosfera in cui si è svolto il Convegno, uno dei più prestigiosi Palazzi, affacciato su Piazza del Gesù. Un’atmosfera di richiamo al tempo che fu, certo, ma anche un richiamo ai valori del passato. Il parterre era quello delle grandi occasioni, con qualche ritorno ma anche con molte proiezioni nel futuro.
Alcide De Gasperi uomo che rappresenta i valori fondanti europei, l’uomo della politica sociale del cattolicesimo impegnato in politica, l’Uomo del Centro inteso quale “ condivisione dei principi del governo possibile”.
E’ questa la matrice che rende coeso il Centro, non come semplice convergenza di interessi politici ma come condivisione di valori. La realtà di oggi impone la necessità di un ritorno non certo alla vecchia Balena Bianca ma il ritorno alla riaffermazione condivisa di quei valori di politica sociale che De Gasperi non ha mai imposto ma cercato di proporre convincendo. L’esatto opposto dell’Uomo solo al comando. Condivisione, convincimento e lealtà ai principi anche economici di un’Europa degli Stati che purtroppo è stato forse l’unico teorema degasperiano a fallire. Le mancate analogie con alcuni leader o presunti tali d’oggi sono evidenti: un uomo già anziano, con il vestito imprestato per le grandi occasioni, un uomo lontano dai clamori mediatici, un uomo che non ha mai alzato la voce ma diceva con fermezza le cose in cui credeva. Il Nadir rispetto allo Zenit di oggi.
Nel dibattito tutti hanno espresso assonanza nel chiamare in causa come avversario non già il comunismo, non più il socialismo ma il populismo al quale bisognerebbe contrapporre la politica popolare e sociale di De Gasperi. Oggi la visione populista ha una dogma: la revisione e demonizzazione della organizzazione partitica su base ideologica. La classica ripartizione delle ideologie, ossia del pensiero socialista, comunista e cattolico in politica, è stata abiurata da tutta la politica italiana, appare demodè, fuori di luogo e di prospettiva. Infatti oggi è il populismo a occupare quello spazio ideologico, che ha avuto contraccolpi pesanti con il 1989 e il 1992. Ma non questo, e non certo per gli errori del socialismo reale o per le nefandezze delle tangenti, si deve abiurare e colpevolizzare una storia politica che ha fatto grande il paese.
Quando Roderigo di Castiglia scrisse sull’Unità che “… avrebbe acquistato della scarpe chiodate per prendere a calci il Signor De Gasperi…” segnava un momento politico di lotta che veniva da Yalta. Ma il percorso verso la collaborazione con la sinistra fu intuita da De Gasperi e sviluppata da Moro. Il segnale della tenace opposizione alle destre per le Amministrative romane del 1952, la crisi con il Vaticano che afflisse De Gasperi, cattolico convinto, fu segnale condizionante la politica di apertura alle forze sociali ed anche ideologiche che lo stesso De Gasperi sentiva di non potere evitare.
In fondo sono i propri valori distintivi, quelli ideologici che oggi ci mancano: ai cattolici mancano i valori condivisi di De Gasperi e Moro, ai socialisti mancano quelli di Pertini, Nenni e Togliatti.
Che si debba recuperare il concetto dei valori fondanti la civile convivenza sociale è indubbio, ma lo è altrettanto il recupero ideologico che è d’identità, qualificativo e non solo simbolico.
Appare desueto parlare dunque di ideologie, sia pure rivisitate e riportate ai giorni nostri? Per nulla!
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