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Nelle terre dello Sponz niente è normale, nemmeno i suoni
Sta tutto nel modo in cui si diffondono i suoni. Nel dormiveglia di oggi pomeriggio è stata la prima cosa che ho pensato. Salivano in camera i rumori delle stoviglie e del lavabo d’acciaio della cucina. E quel rumore era gentile, confortante. Deve essere come la questione dell’acqua, mi sono detto. Perché qui il pane ha quel sapore così diverso? E allora sta tutto nel modo in cui si diffondono i suoni, nell’armonia che riescono a mantenere, nell’equilibrio di cui si colorano. Deve essere nata così, da qualche parte nella testa di Vinicio Capossela, l’idea di inventarci qualcosa attorno a queste sensazioni. Ricordi d’infanzia, gli stessi che tra qualche anno avranno le mie figlie, e gli stessi che sto provando a recuperare io, immaginandomi a crescere qui, da queste parti. Deve essere nata così l’idea dello Sponz. Subito dopo ho ripensato alla serata di ieri. La prima serata calitrana di questo decennale. Il programma diceva inizio alle 20.30, ma ho imparato che qui allo Sponz l’orologio è un meccanismo fuori uso.
E alle 20.30, anzi anche prima, ero già in Piazza Giolitti, un po’ per curiosare, un po’ perché se c’è un orario scritto da qualche parte è sempre meglio fare finta sia vero. E’ stata l’occasione per salutare un po’ di persone che già conoscevo, e scambiare un po’ di idee con persone nuove. Dieci anni di Sponz Fest sono tanti. A me mancavano alcuni aneddoti sulla prima edizione, l’unica a cui sono mancato, e ieri è stata l’occasione per mettermi in pari. Poi tutto il resto è stato un girovagare, una cosa che normalmente avrei ritenuto inutile, ma ieri poteva starci, e l’ho fatto in abbondanza, con mia moglie che ogni tanto mi chiamava per sapere se avevo da sedermi. Camminando ho guardato la gente seduta ai tavoli a mangiare, i tecnici che si muovevano sotto palco, la fila che si era formata e che si rigenerava costantemente per avere un piatto di cannazze. Poi sono andato allo stand dei libri. Insieme agli altri avrebbe potuto esserci anche il mio, invece Sponz X per ora esiste solo in formato digitale, si pesca da Amazon e si legge su Kindle. E’ invece disponibile presso lo stand dello Sponz, e da fine agosto nelle librerie, il libro edito da Baldini e Castoldi, ‘Come li pacci’, libro che è stato presentato ieri sera tramite la voce di alcuni protagonisti dello Sponz che sono saliti sul palco.
Lo spettacolo è cominciato intorno alle 22.00. Insieme alla Banda della Posta e a Vinicio sono montati sul palco alcuni protagonisti di questi anni dieci anni di Sponz. Sono salito anche io, in virtù dei miei settanta articoli dedicati a questo festival dentro cui mi sono sempre trovato a mio agio, come ieri sera sul palco, di fronte a tanta gente che in questi anni deve avermi notato mentre prendevo appunti, oppure intervistavo qualcuno. In questi anni mi ha fatto sempre compagnia il pc su cui continuo a scrivere ancora oggi, lo porto sempre con me, e per ora non sembra avere nessuna intenzione di mettersi a riposo. Lo uso per scattare alcune istantanee, inquadrature di parole, come quel letto visto stamani, rinchiuso dentro una gabbia regolare, sistemato vicino agli uffici postali. Ieri lo avevo notato mentre lo stavano montando, non avevo capito cosa fosse. C’è un fotografo che scatta, e i passanti che si prestano allo scatto, standosene seduti sull’altra sponda del letto. ‘Visto da vicino nessuno è normale’, è il titolo dell’installazione che ho visto stamani. Il fotografo è Simone Cecchi, da alcuni anni è anche lui uno dei protagonisti dello Sponz. E nel nome della mostra che sta allestendo davanti alle Poste c’è una grande verità.
Foto credits: Simone Cecchetti
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