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Miss Italia e l’orrore della violenza quotidiana
Tutte belle come il sole, per carità!
Ma a vedere Miss Italia in onda su La7 c’era da mettersi le mani nei capelli. Che la manifestazione fosse un epifenomeno da modernariato, un pezzo di antichità recente da considerare con affetto e con tenerezza, era da tempo chiaro a tutti.
E invece si ostinano a organizzarla, a farla, a “aggiornarla”, a mandarla in onda. E c’è chi si ostina a partecipare. Nell’epoca del MeToo, della finalmente condivisa coscienza femminile e femminista, nell’epoca dei femminicidi sistematici, vedere tanto scempio non è più tollerabile. Sia chiaro: non sono uno stinco di santo, sono comunque uomo e cresciuto in una Italia clericale, borghese, patriarcale. Ma la mamma comunista e il papà socialista qualche traccia l’hanno lasciata: e oggi possiamo guardare con sgomento simile mercato di corpi.
Donne chiamate a numero: “la quarantanove è bella”, giudicate allegramente sulla base di tette e culi da un giuria di uomini (solo una donna, Maria Grazia Cucinotta che afferma serafica: «le donne devono essere valtate dagli uomini»).
Una conduttrice, Diletta qualcosa, brava e bella, che si arrampica sugli specchi: «siamo stati criticati perché facciamo sfilare le donne in bikini, ma le donne sono libere di vestirsi come vogliono». Eccola, la “coreografia” (le virgolette sono d’obbligo) in bikini: mosse panterate, labbra prominenti, glutei in bella mostra.
Loro, le fanciulle – tutte belle come il sole, per carità! Ma perché partecipano? – sono uguali. La riga in mezzo, i capelli che scendono come tende a limitare il volto: l’unica con i capelli corti si notava – ed è stata eliminata.
«Come era Miss Italia 2017?» chiede Diletta qualcosa, brava e bella. Risponde l’organizzatrice Patrizia Mirigliani «Stupenda, perché precisa come tutte le nordiche» e vai con il luogo comune. Nordiche precise, in un concorso dove, quelle rarissime volte in cui le aspiranti Miss possono parlare, vibrano accenti, cadenze, dialetti di una Italia aggrappata alla provincia. Tutte romantiche, vorrebbero andare in vacanza a Parigi e dicono “Ti voglio bene” alla mamma.
Pupo, autorevole membro della giuria, dice che «la bellezza si deve mostrare» tra gli applausi del pubblico. Replica Andrea Scanzi, autorevole membro della giuria: «quando guardo una donna, la prima cosa che guardo è il cervello!», e giù pazze risate e nemmeno un po’ di vergogna. Chissà che ne pensano le sue colleghe in redazione. Poi gli Autori – la maiuscola è d’obbligo – si inventano un gioco “d’attualità”: date tre notizie, scoprire la fake news. Ficata. Prima di capire come dovrebbe funzionare il gioco servono quattro turni. E nessuno indovina. Tra l’altro c’è una notizia «troppo forte», come dice Pupo: si “inventano” una storia dal Guardian, di un uomo che uccide la moglie che russa la notte soffocandola con vermi da pesca. «Mbè, n’po’ strano è», commenta arguta la Miss. E giù le pazze risate.
«La dura legge di Miss Italia: tante ci provano» sentenzia consapevole il presentatore Francesco qualcosa. Intanto si procede con l’eliminazione. Si elimina allegramente: quella brutta, quella meno affascinante si può eliminare. È il mercato, baby. C’è tempo per un ricordo commosso di Fabrizio Frizzi, un gigante del passato a queste latitudini, e poi per un giochino di domanda e risposta. Anche qui gli Autori danno il meglio: due “miss”, culo contro culo – è un duello, dice il presentatore Francesco qualcosa – devono rispondere a un fuoco di fila di domande. Questioni serie: le tabelline. 4×8? Qualcuna non ce la fa. Ma non c’è un attimo di respiro: “mare o montagna?”, “ballerine o tacco 12”? sono alcune delle domande epocali. Ma ci sono anche domande culturali: il libro appena letto? Ovviamente Il piccolo principe.
Poi le giovanette, tutte belle come il sole, sfilano in abito da sposa (e ci mancherebbe. “è il giorno più bello della mia vita”). Intanto un appesantito ex Pooh presenta un libro in cui spiega come la moglie l’ha convinto a sposarsi, «le donne sono subdole» commenta Francesco qualcosa. Le aspiranti Miss si fanno guardare ancheggiando, gli autorevoli giurati litigano, le luci da discotecaccia anni Ottanta pennellano, una giuria “social” composta da due impomatati (tali Pentelas qualcosa, «abbiamo bei capelli» afferma uno dei due) commenta come procede l’hastag di turno. Il televoto: ma chi è che si mette a votare da casa?
Arriva la musica: un tal Pequeno qualcosa, canta un incomprensibile hip-hop mentre due ballerine, brave e belle, si sculacciano.
Eliminando eliminando, ci si avvicina al grande momento. Quelle salutano con le unghie smaltate e una lacrimuccia. Le altre stringono i pugni in segno di speranza e incoraggiamento. Ho spento la tv.
Qui sta la banalità della violenza quotidiana, qui si cela il perbenismo, il bigottismo, lo sfruttamento, la presunta superiorità del maschile, la vergogna della “donna a pezzi”, un tanto a curva. Qui sta la prospettiva da debellare: la povertà culturale che relega le aspirazioni a un mostrarsi come oggetto. Non c’è più ironia che tenga, non è più tempo di dire “che vuoi? è una serata divertente”. Ma che, davvero? non ci si potrebbe, lo dico sommessamente, ribellare a queste pagliacciate anziché darle per ineluttabili o per folkloriche kermesse popolari?
Per la cronaca, ha vinto una ricciolona, bella come il sole, si chiama Carlotta Maggiorana. Ne parlano tutti i giornali. Se le andrà bene, come alla miss 2017, farà una apparizione in qualche fiction.
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