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Lollapalooza virtuale, com’è andato il festival
La realtà alternativa dovuta al nuovo coronavirus ha messo in crisi numerosi festival musicali. Ultima – ma soltanto in ordine di tempo – a dover soccombere all’emergenza è stata la celebre Notte della Taranta salentina. Eppure, mentre nel nostro Paese assistiamo a tanti lamenti e poca intraprendenza, oltreoceano hanno trovato un buon modo di tutelare uno dei principali festival musicali degli Stati Uniti.
Il Lolla non deve morire
Il Lollapalooza è un celebre festival musicale statunitense che si tiene ogni anno a Chicago. La prima edizione si svolse nel 1991, in formato itinerante nel Nord America, nel corso di più serate, com’è tradizione per l’evento. Lo ideò Perry Farrell, cantante dei Jane’s Addiction e dei Porno for Pyros. Farrell voleva fare qualcosa di storico per l’ultimo tour dei Jane’s Addiction, prossimi allo scioglimento, dunque decise di mettere in piedi una sorta di festival, richiamando numerosi artisti che avrebbero accompagnato la formazione nelle tappe di quel tour 1991.
Il termine Lollapalooza deriva da un espressione che il cantante sentì durante un episodio dei Tre Marmittoni (The Three Stooges), un trio comico piuttosto noto nell’America degli anni ’30. La parola era utilizzata per sottolineare qualcosa di insolito, inaspettato e inusuale, e colpì molto Farrell che battezzò così il suo festival.
Nella prima metà degli anni ’90 il festival ebbe un successo clamoroso. Esso fece da vera e propria passerella di lancio per esponenti di spicco del genere grunge, di cui il Lolla si erse a Mecca mondiale. Le esibizioni di Nirvana e Smashing Pumpkins erano la colonna sonora del lavoro di tatuatori e piercer che popolavano il festival con i loro stand. Come spesso accade, però, il grunge passò presto dall’essere un genere underground a diventare mainstream su MTV e si perse interesse per il Lolla. Nel 1998 non si trovarono gruppi desiderosi di essere headliners e lo stesso Farrell, profondamente deluso, abbandonò l’organizzazione per dar vita ad un nuovo festival: ENIT.
Il Lolla non si organizzò affatto nel 1998 e chiunque lo dava per morto e sepolto.
La rinascita e i tempi moderni
Nel 2003, però, i Jane’s Addiction decisero di fare un reunion tour e Perry Farrell lo ripensò come aveva fatto per il primo Lollapalooza. Quel tour fu un flop clamoroso. Molte delle 30 date programmate furono lasciate semivuote, vuoi per l’alto prezzo dei biglietti d’ingresso vuoi per la massiccia pubblicità da parte delle major discografiche, odiate come la peste bubbonica dal pubblico grunge e sospettate di aver aggravato la depressione di Kurt Cobain, uccidendone l’ispirazione e mettendolo su quella strada che si concluse con una fucilata (naturalmente, vi furono numerose concause). Visti i precedenti, anche nel 2004 il Lolla si prese un anno sabbatico forzato.
Si fece allora avanti la società d’intrattenimento Capital Sports & Entertainment, la quale rilevò da Farrell tutti i diritti del festival e gli diede la sua forma moderna: due serate a fine luglio, a Chicago, presso il Grant Park. Furono invitati interpreti di ogni genere e si contarono oltre 70 esibizioni. Il successo fu buono e da allora il seguito del Lolla è sempre cresciuto.
La sfida del virtuale
Nonostante le difficoltà del periodo, si è deciso di tenere il festival anche in questo 2020. La forma è stata nuova: una diretta streaming sul canale dedicato di YouTube. O meglio, 4 dirette, una per ogni serata del festival. Alle (poche) esibizioni in diretta sono state aggiunte vecchie performance registrate e alcuni spot sull’importanza del voto e dell’uguaglianza razziale, tutto in musica naturalmente.
A qualcuno probabilmente sarà sembrato poco più di una macchina di propaganda per Black Lives Matter, dato che tutti i partecipanti – di colore e non – si sono apertamente schierati con i manifestanti che mentre le esibizioni andavano in onda marciavano lungo Downtown Chicago per denunciare il razzismo della società americana. Qualcuno forse non avrà apprezzato troppo i ricordi a voce alta di Perry Farrell, che ha condotto – se così si può dire – le dirette da casa sua, con accanto la moglie; in effetti l’ex frontman dei Jane’s Addiction è parso davvero stucchevole nel voler sempre e comunque enfatizzare il passato della manifestazione. Più che un cantante – conduttore sembrava quella nonna nostalgica che ti dice quanto tutto fosse meglio, ai suoi tempi. Qualcuno poi avrà storto la bocca di fronte ad un evento che si schierava apertamente con i manifestanti per l’uguaglianza razziale ma aveva un cartellone e uno staff per la maggior parte bianchi. Particolarmente stridente, poi, sarà sembrato ai più attenti il dover prendere atto di come una delle città con la scena musicale più vibrante del mondo abbia dato così poco spazio ad artisti indigeni.
Eppure, sfido chiunque abbia assistito a dire che non si sia trattato di un grande evento. Alcuni momenti musicali sono stati memorabili (chiedere a chiunque abbia visto H.E.R., Kaina, DC Fontaine o Monsieur Perine, non a chi abbia assistito soltanto alla performance registrata di Paul McCartney) e hanno ampiamente compensato l’eccessiva brevità di altri spezzoni (veramente solo 10 minuti per Ellie Goulding e Kehlani?) Probabilmente vi saranno state differenze dovute al medium dal quale si assisteva allo show, a quanto mi riguarda, però, tramite pc le condizioni audio e video erano eccezionali se consideriamo che si trattava, in gran parte, di pezzi montati ed assemblati in anni e con strumenti anche molto diversi tra loro. Chiunque abbia avuto a disposizione uno strumento in grado di consentirgli la visione a 1080 pixel poteva benissimo spegnere la luce, mettersi comodo ed essere abbastanza ottimista relativamente al – probabile – futuro dei festival musicali. In aggiunta a ciò, una full immersion di quattro giorni nei diritti civili, è sempre encomiabile, seppure giunti all’ultima diretta, quella di domenica, gli spot per l’uguaglianza cominciavano anche ad annoiare. E comunque, non si può certo battere il prezzo di un ingresso gratuito.
In definitiva, Lolla2020 è stato un esempio di come si possa fare di necessità virtù e portare la grande musica live nelle case di tutto il mondo. Naturalmente gli odori, i sapori, gli spintoni, l’insolazione e il contatto fisico di un vero festival non possono trasmettersi da uno schermo retroilluminato; per tutto il resto, però, questo Lollapalooza non ha certo disatteso le aspettative.
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