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La Giunti editore regala cultura a Mesagne: al via “Giallo e nero di Puglia”

27 Novembre 2022
Parte dalla città pugliese la prima edizione del concorso letterario nazionale del genere giallo per esordienti, organizzato dalla grande casa editrice di Firenze, in cerca di nuovi talenti. Superospiti della inaugurazione il direttore editoriale di Giunti, Antonio Franchini, re degli editor italiani e Jacopo De Michelis, autore del romanzo “La Stazione”, con quasi 50 mila copie vendute in pochi mesi, che ha riscritto i canoni di un comparto della narrativa sempre più completo. Li abbiamo intervistati per i lettori de “Gli Stati Generali”

 

 

Mesagne(Br)- Nella cornice del Teatro Comunale di Mesagne, città fervente a pochi chilometri da Brindisi, già candidata finalista a Capitale della Cultura 2024, è stato inaugurato “Giallo e Nero di Puglia“, il primo concorso letterario nazionale del genere giallo per esordienti, organizzato dalla Giunti editore, tra le eccellenze del panorama culturale e librario italiano e, che vede la collaborazione con il Comune della Città di Mesagne, Apulia Film Commission, il Consiglio Regionale Pugliese (ieri presente nella persona del Presidente del Consiglio Regionale, l’Avvocato Loredana Capone), Teatro Pubblico Pugliese e Castrum Medianum (Distretto Urbano del Commercio). Dando il via a questo Festival Letterario, finalmente, chi ha nel cassetto uno scritto inedito che attenga al genere giallo, noir, thriller o mystery, potrà cimentarsi nel suo sogno di farlo valutare da una delle più importanti case editrici italiane della storia. I manoscritti dovranno essere inviati via email a info@gialloenerodipuglia.it, entro il 31 maggio 2023. Poi, entro il 31 ottobre 2023, verranno indicati i finalisti e la cerimonia di premiazione si terrà a Mesagne, nell’ultima settimana di novembre 2023. Il testo che sarà giudicato vincitore del concorso sarà pubblicato a cura di Giunti Editore.

Il regolamento completo del concorso è consultabile direttamente sul sito internet della Giunti . La serata di presentazione della pregevole rassegna editoriale, ha visto la presenza di due superospiti d’eccezione, protagonisti assoluti del panorama letterario nazionale: il re degli editor, Antonio Franchini, Direttore editoriale della Giunti, e Jacopo De Michelis, una delle voci più autorevoli del settore, anch’egli editor per la casa editrice Marsilio che, per l’occasione, ha presentato il suo romanzo “La Stazione“, pubblicato da Giunti e che, in pochi mesi, ha venduto quasi 50 mila copie. Considerato una vera e propria rivoluzione del giallo, a detta dei più grandi critici letterari del momento, in quanto esaustivo di più generi narrativi  e capace di ridisegnare i confini di quella che era ritenuta, impropriamente, una sorta di letteratura minore.

La scelta di far partire il progetto dalla enorme valenza sociale e culturale, proprio da Mesagne, dal cuore della Puglia, meta di vacanzieri da tutto il mondo che ne apprezzano non solo lo splendore paesaggistico e marittimo, ma anche e soprattutto, la storia, le tradizioni e la caparbietà nel difenderle dalle deturpazioni materialistiche dei giorni nostri, attiene sicuramente alla autenticità delle persone che la abitano, alla voglia di condividere opportunità e bellezza con la comunità cittadina di cui, ognuno, può diventare parte integrante. Ad aver creduto fortemente nel progetto, ideato e realizzato con la Giunti Editore, Mesagne lo deve a Regina Cesta, moderatrice impeccabile dell’evento, testimonianza concreta e luminosa di un agire femminile deciso, culturalmente consapevole, ed assertivo civicamente, e ad un libraio di professione, Lorenzo Centonze che, mosso da una passione viscerale per quei piccoli scrigni magici che sono i libri, si è speso alacremente per instaurare una collaborazione di questo calibro con i vertici operativi della Giunti.

Della situazione dell’editoria italiana, abbiamo parlato per “Gli Stati Generali”, con il più grande scopritore di talenti letterari italiani, il Direttore Editoriale della Giunti, Antonio Franchini.

 

Dottor Franchini, in quale tappa intermedia dell’editoria italiana ci troviamo? La cosiddetta “Età dell’oro” di cui parla nel suo ultimo libro “Leggere, Possedere, Vendere, Bruciare”, pubblicato per Marsilio editore, è già passata o possiamo nutrire ancora la speranza di riviverne una?

 

“La mia affermazione ha una connotazione un po’ ironica. Ognuno tende a far coincidere, fatalmente, la cosiddetta età dell’oro, con alcuni dei momenti più significativi della propria vita lavorativa. Per esempio, se ho svolto la professione di ingegnere negli anni ’50, sarò portato a dire che le migliori opere ingegneristiche sono state realizzate in quel periodo e che, quindi, la successiva evoluzione della materia, magari sarà stata una sorta di degenerazione dell’ingegneria. Credo che sia un modo di pensare comune in qualunque settore. Quello che è vero, però, è che l’editoria degli anni “00”, ha prodotto dei super bestsellers. Ora la domanda è, ma la qualità del bestseller, si identifica con l’epoca in cui viene pubblicato? Evidentemente no. Detto questo, i libri che vendono molto, per chi ha lavorato una vita nel mondo dell’editoria, rappresentano delle occasioni interessanti per riflettere, dal momento che un libro non si vende mai perché gli è stata fatta più pubblicità, o perché è più facile da leggere di un altro, come si crede comunemente. Posto che, ogni libro segua un percorso proprio, un testo che si vende, prevede necessariamente che si parta dal basso. Cioè: il ritmo dell’estate, è il ritmo dell’estate, perché tutti lo sentono, attiene al sentire come condizione passiva, anche mentre cammino per strada sento qualcosa. Per acquistare un libro, il lettore deve entrare in libreria, sceglierlo, perché ha toccato qualche corda della sua curiosità e del suo sentire. Per cui, per chi lavora in questo mondo, pubblicare un libro importante, è sempre una esperienza meravigliosa, nel momento in cui si abbia la percezione di stare pubblicando un titolo destinato a farsi ricordare nella storia della letteratura. Altre volte, accade anche che un libro pubblicato, venda moltissime copie, oltre ogni aspettativa, e ci si ritrovi ad interrogarsi sulla ragione misteriosa di talune preferenze, ma è pur sempre interessante chiedersi il perché”.

 

Quali sono i tratti distintivi del lettore di oggi, avendo a disposizione una moltitudine di strumenti tecnologici che gli permettono di accedere con celerità ai nuovi titoli pubblicati? Esiste ancora il lettore seriale focalizzato esclusivamente su un unico genere, oppure è possibile suscitare il suo interesse allargando la visione di insieme nella scelta dei libri?

 

L’atto della lettura è spregiudicatezza e voglia di non fermarsi alla prima impressione. Cioè il lettore deve essere curioso, interessato. Questo non significa che la sua curiosità verrà poi appagata, bisogna mettere in conto anche il fallimento. La lettura è un piacere non facile, però è un piacere. Richiede addestramento, lo si può svolgere a tanti livelli. Non è detto che il livello più basso porti automaticamente al livello più alto, nel senso che uno può leggere letteratura di intrattenimento per tutta la vita, senza essere mai sfiorato dal desiderio di conoscere i classici. Succede più facilmente, invece, che un lettore che è abituato a leggere testi di filosofia, poemi, possa essere attratto da qualcosa di più immediato, di più comunicativo. Per esempio i gialli di estremo interesse, erano stati già sdoganati negli anni ’30 e ’40, con i testi di Andrè Gide; che Raymond Chandler fosse un grande scrittore, era stato già acquisito ai tempi. Quindi, la spregiudicatezza sta anche nell’autoeducazione del lettore. Una volta presa la malattia, poi deve autoregolarsi, c’è chi passa da un genere all’altro e chi resta fermo sui suoi generi preferiti e non si sposta, ma va bene anche così“.

 

Quindi, il genere giallo è stato rivalutato ufficialmente, e l’inaugurazione del Festival Giallo e Nero di Puglia ne è l’esempio, il primo concorso letterario nazionale per esordienti di questo tipo di narrativa.

 

Oggi il giallo, non è più solo, appunto, romanzo di intrattenimento, ma è capace di contenere diversi generi connessi tra loro. Proprio come abbiamo pensato nell’ideare “Giallo e Nero di Puglia”. Non abbiamo voluto distinguere in maniera rigida, il genere giallo, dal noir, mystery, thriller, per lasciare libero l’aspirante scrittore.

Era da tempo che volevo realizzare un concorso per esordienti, io stesso mi ritrovo ai piani nobili dell’editoria, provenendo da un concorso letterario, che mi ha proiettato in questo mondo, dove ormai lavoro da una vita.

La lettura vive di un connubio importante ed inscindibile, che poi è anche un interrogativo: se sia piacere e intrattenimento o formazione? Giunti editore, ha rivolto da sempre la sua attenzione alle dimensioni delle librerie meno dispersive e più “intime”, con i suoi 150 punti vendita diffusi in tutta Italia, dove è possibile orientarsi sui libri da acquistare e leggere in modo più capillare. E, da qualche tempo, la nostra realtà si sta stabilendo anche nelle grandi città”.

 

 

 

A “Giallo e Nero di Puglia” presentato il romanzo “La Stazione” di Jacopo De Michelis, pubblicato da Giunti. Abbiamo intervistato l’autore del libro, considerato rivoluzionario nel suo genere e con quasi 50 mila copie vendute già nei primi mesi

 

 

 

 

 

“La Stazione”, Giunti Editore, che vede l’esordio come scrittore di Jacopo De Michelis, uno dei più autorevoli editor del settore italiano, mixa in maniera esplosiva il genere thriller con il romanzo d’avventura, cesellando bene anche la casa dei sentimenti che ogni storia deve includere e celebrare, per divenire animata .Un esperimento scrittorio che ridefinisce la narrativa gialla, rivoluzionandola, a detta dei più grandi critici letterari di oggi, estendendo con plasticità i confini di un genere che non si prestava più, da diverso tempo, ad essere etichettato come letteratura minore o leggera. Gli innesti innovativi che, De Michelis, apporta tra le pagine delle vicende raccontate, obbligano il lettore a compiere percorsi di introspezione, mai tediosi, e di stringere una sorta di “amicizia immaginaria” ma molto densa emotivamente con gli aspetti più inquieti e controversi dei protagonisti, nei quali ci si può immedesimare comodamente, pur essendone agli antipodi, nella realtà. Una coraggiosa e salvifica potenza narrativa, che divide la storia in tre sezioni fondanti, le quali risponderebbero tranquillamente anche agli strati vari dell’esistenza di ciascuno di noi: un “Sopra”, un “Sotto” ed un “Sottosopra”. Ossia, la superfice delle cose, la dimensione sotterranea dove si annida l’umanità invisibile, disperata e dimenticata, come quella che abita la Stazione Centrale di Milano, carica di milioni di storie di gente che l’ha attraversata con il suo bagaglio di affanni quotidiani, di dolore (e di sentimenti che spesso possiedono il vortice dell’indefinito e che è impossibile fermare). Ed un “Sottosopra”, corrispondente ai segni che ci si porta addosso dopo essersi imbattuti in esperienze profondamente trasformatrici fatte di sollecitazioni empatiche impossibili da rifuggire.

Il personaggio tratteggiato dalla penna sapiente dell’autore, è Riccardo Mezzanotte, giovane ispettore dal passato tormentato, appena trasferito presso la Sezione di Polizia ferroviaria della Stazione Centrale. Poco incline al rispetto di gerarchie e regolamenti e con una tendenza innata ad attirare a sé, situazioni complicate. L’uomo si ritroverà ad indagare su un caso snobbato dai colleghi: quello del ritrovamento per tutta la stazione, di cadaveri di animali mutilati barbaramente. Nelle more delle indagini, tutt’altro che lineari per scoprire chi sia il responsabile, il suo cammino si incrocerà con quello di Laura Cordero, vent’anni, bella e ricca, con un segreto che custodisce gelosamente e che non le consente di parlarne con nessuno. Una sorta di maledizione, che lei chiama “dono”, ma che le procura molta angoscia e sofferenza. Studia medicina e presta volontariato presso una associazione assistenziale per gli emarginati della “Centrale”. La giovane è alla ricerca di due bambini che ha visto più volte aggirarsi nei pressi di quel luogo, la sera, da soli ed in condizioni di abbandono. I misteri che ciascuno porta con sé in quel concatenarsi di eventi inquietanti, confluiscono in un groviglio ancora più profondo, che affonda le sue radici nel passato. Un passato, mai troppo lontano, come spesso vogliamo credere.

A dominare la scena, nella sua imponenza monumentale, vi è il terzo protagonista, la Stazione Centrale di Milano, che possiede una anima vera e propria, grazie ad una connotazione quasi personificata che le attribuisce l’autore. Una miriade di enigmi irrisolti, che la sua struttura regale trasuda, con una mappa sotterranea labirintica, per lo più, dimenticata e degradata, dove il dolore e la disperazione, come quella del famoso “binario della morte”, il numero 21, continua a risuonare nel pianto di chi ha patito ingiustamente una sorte tragica, come nel caso della deportazioni naziste durante la Seconda Guerra Mondiale. Un’ apnea necessaria negli abissi dell’umanità, cui è chiamato Riccardo Mezzanotte, detto “Cardo” che, all’atto della riemersione gli avrà cambiato totalmente la visione delle cose ed il modo di rapportarsi con esse. Uno specchio che riflette ombre che, faticosamente, vengono riossigenate, lasciando fluire i sentimenti come rigeneratori di luce, tra cui l’Amore, capace di lenire come un balsamo, alcune cicatrici quasi esiziali lasciate in eredità dalla Storia del mondo, e dalla nostra storia personale, come quella che leggiamo in un libro che ci rapisce dall’inizio alla fine.

 

 

Quanto le è rimasto sottopelle di Riccardo Mezzanotte, quanto c’è di autobiografico nel personaggio?

 

Quando si ultima un libro, lo si vede stampato, avviene una sorta di separazione dai personaggi, ma in qualche modo, il personaggio rimane dentro, come una sorta di “amico immaginario”, non essendo per nulla autobiografico, ma, da quando il libro è stato pubblicato, mi è capitato di pensare, in alcune situazioni, a come si sarebbe comportato Riccardo Mezzanotte, con il suo modo di essere. Io non tiro di boxe, non ascolto la sua musica, siamo molto distanti come carattere, anche se, quando si scrive, si mette sempre qualcosa di sé. Ho dovuto documentarmi moltissimo negli otto lunghi anni di gestazione, per tipizzare personaggi e luoghi e, quando è venuto alla luce, con la pubblicazione, è stata una sorta di liberazione, perché la storia mi ronzava in testa da tanto tempo”.

 

 

Come mai un editor della Marsilio, viene pubblicato da un altro editore, nel suo caso, Giunti?

 

“Volevo una casa editrice che scegliesse il libro, ed evidentemente, non sarebbe stato possibile per l’editore per cui lavoro, perché ci sarebbe stato un conflitto di interessi. Da quando ho partorito la storia, a quando è diventata un libro, c’è voluto un bel po’ di tempo, perché come si può immaginare, il mestiere dell’editor è molto impegnativo, assorbe tanto tempo ed energie, anche se lo si svolge per pura passione ed il più delle volte, purtroppo, ci si ritrova a “cassare” le aspirazioni letterarie dei testi che si leggono”.

 

“La Stazione”, avrà un seguito? Rivedremo l’ispettore Cardo Mezzanotte in azione?

 

“Sto pensando di scrivere tutt’altra storia, ma non è detto che, in futuro, non la riprenda…”.

 

Scrive Jacopo De Michelis, nei ringraziamenti finali posti nelle ultime pagine del libro: “Quando si scrive si è soli. A volte, mi viene da dire, terribilmente soli“. Eppure diviene un passaggio obbligato che la creatività impone, che non preserva dal travaglio di scrivere e cancellare e riscrivere ancora, quando si compie lo scatto ulteriore  della condivisione dei propri pensieri impressi su di un foglio o su di una tastiera. Per citare Anna Maria Ortese, uno degli autori a cui si è ispirato De Michelis nella caratterizzazione della dimensione sotterranea della Stazione Centrale: “Scrivere è cercare la calma e qualche volta trovarla. É tornare a casa. Chi scrive e legge realmente, cioè solo per sé, rientra a casa. Sta bene“.

Leggere “La Stazione” di Jacopo De Michelis, significa sentirsi a casa.

 

 

 

 

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