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Incanti e riti magici al Teatro della Contraddizione
Al Teatro della Contraddizione, come recitava uno dei loro migliori e più pazzi format (Milano Calling), “potrebbe succedere che…”.
Potrebbe succedere che si apra per un giorno solo, il 30 maggio, e che nella via privata della Braida, diventata foyer a cielo aperto, una quarantina di persone aspettino trepidanti l’inizio dello spettacolo, emozionate come al primo giorno di scuola, anche se, quasi quasi, se venissero a scoprire che non c’è nessuno spettacolo, che lo spettacolo è solo ritrovarsi lì in via della Braida, penserebbero che i soldi del biglietto siano bene spesi. Nessuno sa veramente cosa sta andando a vedere, basta essere lì. Questa già è una magia.
Ma siccome alla Contraddizione potrebbe succedere qualsiasi cosa, qualcosa succede ed è meglio di quello che ci si sarebbe aspettato, più magico, più denso, più folle.
A piccoli gruppi si entra dal retro e si prende posto su sedie o tavolini ben distanziati e almeno i primi gruppi si chiedono cosa mai potrebbe accadergli per aver corso il rischio di fare da avanguardia. Niente di grave, potranno semplicemente scegliersi i posti per primi.
Quando tutti sono seduti, una piccola processione di chitarra, percussione e sassofono e voci porge il benvenuto e la coreografa Maria Carpaneto ammaestra il pubblico senza aprir bocca, insegnando la breve sequenza “Seasons March” di Pina Bausch. Poi se ne vanno.
Segue “3 alone, 10 together, 2 with you in my mind”, una performance di Gabriella Maiorino, che per tre minuti entra in scena e col corpo “lavora sul niente” da sola, per 10 minuti discute col pubblico di quel niente e della brevità di quei tre minuti e infine per 2 minuti torna a lavorare sola ma con in testa i feedback e le parole degli spettatori.
Poi arriva la sorpresa. Due danzatrici danno vita a una rielaborazione di “Kunikuli”, spettacolo breve nato nel 2010 fra Belgio e Olanda: “una coreografia estremamente fisica, semplice nel suo impatto e complessa nel suo vocabolario fisico, che ponesse sulla scena la concretezza e la forza di impatto dell’energia esplosiva femminile”. La coreografia è di Gabriella Maiorino, la musica che “ci stordisce e ci incalza” di Giovanni Cavalconi. In scena ci sono Francesca Mazzoni ed Elisa Quadrani, i loro movimenti sincronici, speculari o in dialogo stregano e ipnotizzano, l’intensità dei loro gesti e gli sguardi che spuntano dai cappucci delle felpe spostano l’aria e l’energia. Incantare vuol dire, secondo Treccanti “Privare qualcuno della coscienza o della volontà per mezzo di arti o formule magiche”. Le due danzatrici incantano. E sarà perché il pubblico è digiuno di quest’intensità da troppo tempo che si ubriaca più facilmente, ma si esce felici e sconvolti per la pausa nel foyer a cielo aperto (con fatica, perché nessuno vuole più lasciare il teatro).
Non è finita, c’è ancora spazio per essere sorpresi. È il momento del “Ballo InSubordinato, azione musicale a cura del gruppo Blu Klein”. Mentre si rientra stanno già suonando Sympathique di Pink Martini, riescono a mettere allegria anche con Odio l’estate e soprattutto, non potendocisi mettere a ballare, ci si trova a seguire la musica solo con una mano, con un piede, con le spalle o con la testa come in un corso di teatro ma con più leggerezza e sempre più stupiti, increduli e inebriati ci si abbandona al concerto.
In qualche modo ci si ritrova a un certo punto a seguire Maria Carpaneto ripetendo a ritmo di musica la sequenza di Pina Bausch, in fila, fuori dal teatro, intorno all’isolato, e fra percussioni chitarre e sassofoni qualcuno si è scordato le scarpe, cammina o ciondola o balla seguendo questi incantatori di serpenti o pifferai magici che ci hanno vinti e potrebbero portarci ovunque.
Per quanto Marco Linzi, il regista e direttore artistico della Contraddizione, sia stato affascinato in questi mesi dalle potenzialità dell’incontro fra teatro e schermo, e in particolare del live-streaming, i suoi incantatori di serpenti (e lui stesso) ieri sera hanno avuto la meglio. Sono tutti felici, storditi e riconoscenti, fuori dal teatro. Come del resto è successo molte altre volte, anche senza bisogno di un anno e mezzo di pandemia alle spalle, dopo serate particolarmente inebrianti come i Milano Calling o Kultura Kitschen le passeggiate teatrali di ExPolis.
Speriamo di rivederli a ottobre, intanto ci siamo ricordati che quando non è intrattenimento il teatro si trasforma nella migliore versione di sé, il rito magico.
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