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Il Giardino delle Esperidi Festival: intervista a Michele Losi

11 Giugno 2023

Da venerdì 23 giugno a domenica 2 luglio torna ad animare i comuni di Colle Brianza, Olgiate Molgora, Ello, La Valletta Brianza, Sirtori, Valgreghentino, Olginate, Il Giardino delle Esperidi Festival.  Il progetto, giunto alla sua XIX edizione, è organizzato da Campsirago Residenza con la direzione artistica di Michele Losi e, anche quest’anno, si struttura attorno al rapporto fra arte e paesaggio, con opere di performing art, spettacoli site-specific, grandi titoli di prosa, performance itineranti e accessibili, spettacoli tout public e concerti.

Luoghi d’elezione per le rappresentazioni saranno ancora una volta i sentieri romanici dei territori coinvolti, antiche cascine, ville storiche, boschi e spazi verdi.  Fondato nel 2005, Il Giardino delle Esperidi è oggi uno dei più importanti festival nazionali di performing art nel paesaggio e affronta, attraverso lo spettacolo dal vivo, i grandi temi di attualità e i cambiamenti del Mondo di oggi, con un focus particolare sul tema ambientale.

Abbiamo parlato del programma di questa edizione e del pensiero che ne è stato alla base con il direttore artistico Michele Losi.

 

Il Giardino delle Esperidi torna dopo i complicati anni pandemici “dalla luna alla terra” e lo fa con tenacia, nonostante le difficoltà date dai tempi di finanziamento dei percorsi artistici teatrali che, purtroppo, ancora una volta in Italia non garantiscono il supporto di un investimento tutelante per le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo. Un tema di sostenibilità che, per restare nel contesto “habitat”, sarebbe bello affrontare anche in modo più diffuso. Per restare nel merito però ci piacerebbe sapere se, in questa edizione, esiste un particolare trait d’union che lega le varie performance proposte al pubblico…

Il Festival nasce, anche quest’anno da un marasma di suggestioni e spunti, nati dal confronto con le più interessanti realtà di performing art nazionali e internazionali. Al centro abbiamo messo ancora una volta la natura, come da vocazione del progetto, ma declinata con un’attenzione specifica al tema del suono e della luce, due aspetti su cui tutte le proposte presentate hanno voluto indagare.  Luce e suono sono infatti elementi essenziali del mondo naturale e tutte le rappresentazioni sono state collocate in uno spazio e in un orari specifico proprio per consentire di mettere al centro – come co protagonisti – questi due elementi. Alcuni spettacoli ad esempio avranno inizio esattamente all’alba (alle 5.36 del mattino), per consentire al pubblico di assistere al sorgere del sole e alla particolare variazione di luce che avviene in quel momento. Altri sono stati pensati per il tramonto, altri ancora attraversano – come in un viaggio – lo spazio a cavallo fra i vari momenti della giornata solare, durando diverse ore. Anche il suono assume il ruolo di protagonista in questo grande racconto corale, con la ripresa di suoni degli spazi naturali e urbani in performance di musica elettronica, o nell’esperienza unica del Jazz Cafè, che consentirà agli spettatori di riassaporare un suono di qualità altissima grazie alla riproposizione dell’allestimento dei celebri caffè giapponesi dedicati all’ascolto dei vinili.

Un modo per valorizzare l’ambiente, ma anche il tempo, il momento…

Esatto. Se per quanto riguarda la luce saranno proprio gli orari delle performance a sottolineare l’importanza della riappropriazione del giusto tempo, del momento esatto per la fruizione artistica, per il suono la sfida è quella del superamento di un consumo di bassa qualità, dettato dall’utilizzo di massa di mp3 e dei riproduttori mobili. Ci piacerebbe trasmettere l’importanza di una maggior consapevolezza della fruizione culturale, dell’attenzione e cura che va riservata a questo momento.

Per quanto riguarda gli spettacoli di prosa invece?

La prosa sarà come sempre protagonista del festival, con spettacoli non necessariamente di prima, ma di altissima qualità. Avremo spettacoli immersivi, azioni fuoriposto, spettacoli per l’infanzia. In particolare con Cucine, spettacolo di produzione francese, realizzeremo un’attività in situ, con la presenza degli artisti per 10 giorni prima della perfomance sul territorio, dove raccoglieranno foto, storie comuni, ricette, per poi restituire alla comunità – in una grande cena partecipativa, dove tutti potranno contribuire portando da mangiare – il lavoro svolto. Un modo corale per fare spettacolo e per riappropriarsi dello spazio e del tempo.

Un recupero tanto più necessario dopo gli anni pandemici…

L’idea è quella della piazza strapaese di Carmelo Bene, un luogo di recupero di storia e relazioni. Pensare ad esempio a questa cena, realizzata dalle persone che dovranno presentarsi con sei porzioni di cibo per gli altri come “biglietto”, significa ridare valore all’essenziale.

Un’esperienza che prevede un forte coinvolgimento del pubblico e una volontà da parte degli artisti di confrontarsi, mescolarsi, contaminarsi…

Esattamente. Il pubblico, che ogni anno arriva da tutta Italia, ma che è composto anche dai tanti residenti dei territori interessati che, una volta l’anno, sentono di far parte di un grande percorso artistico, è alla ricerca di una “grande abbuffata” di contenuti. Difficilmente si concentra su una sola performance o disciplina, ma curiosa, frequenta, esplora. Alcuni spettatori affrontano maratone di intere giornate e cercano proprio questo nel festival, oltre a un rapporto stretto e significativo col paesaggio. Lo stesso vale per gli artisti, che trovano spunti e connessioni. Molti progetti sono nati qui, in uno spazio che supera i compartimenti stagni e guarda, in modo generativo, ai nuovi paesaggi di domani.

 

Ph. Alvise Crovato

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