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Il calcio arabo, figlio della sportocrazia americana
Cristiano Ronaldo va a giocare nel deserto, in una lega che, nel suo complesso, non vale la somma di Milan ed Inter, con un numero di spettatori paragonabili al campionato ungherese, con l’unico sfogo internazionale di giocare una coppa continentale contro i campioni dell’Uzbekistan, della Cina, del Giappone e dell’Afghanistan – una coppa asiatica da cui scappano le squadre di paesi come Israele, l’Armenia, l’Azerbaijan e la Georgia.
Cosa vogliono ottenere gli arabi? Una ventina d’anni fa anche i cinesi hanno tentato di far crescere il loro campionato comprando tecnici e calciatori famosi dall’Europa, ed il risultato è stato lo stesso del primo vecchio campionato USA con Pelé e Chinaglia: la bancarotta. La differenza è che in Arabia un quarto della Lega araba appartiene allo Stato (con i problemi di pastette che vi lascio immaginare), che il mercato di spettatori nazionale (anche in prospettiva) è del tutto irrilevante: il campionato dell’Arabia Saudita è concepito come un campionato di vecchie glorie che, per gli spettatori dell’occidente, permettano a Ronaldo ed altri di giocare in modo efficiente, in una coreografia imponente, quasi fino a 50 anni.
Questo vuol dire che si tratta di un’operazione politica di una teocrazia che, usando i miliardi del petrolio, cerca di guadagnare l’attenzione positiva della gente dell’occidente – perché ha imparato che gli spettatori del wrestling americano risiedono per il 62% all’estero e che il mercato europeo, per il football americano, è diventato talmente importante, da convincere la Lega a giocare alcune delle partite più importanti di ogni stagione in Inghilterra o in Germania. Economicamente l’Europa non è più centrale, ma culturalmente continua ad esserlo.
Questo campionato delle “mille e una notte” nasce perché le altre strategie in campo sportivo si dimostrano inefficienti: i paesi del Golfo pagano miliardi per ospitare le finali di coppa nazionale di paesi come la Francia e l’Italia, ma la percezione pubblica di ciò è bassissima. Le monarchie del Golfo posseggono i club più forti d’Europa, ma il pubblico se ne frega, il PSG è la squadra dei parigini, ed il campanilismo inglese è ancora più accentuato. I mondiali nel Qatar sono stati un autogol pubblicitario, portare la Formula Uno, il ciclismo e persino l’hockey su ghiaccio non ha spostato nulla, se non montagne di soldi.
Il campionato arabo con Cristiano Ronaldo nasce, perché le teocrazie arabe hanno bussato a nuove porte: quelle di coloro che, in tutto il mondo, decidono cosa vada trasmesso in TV e cosa invece sprofondi nell’oblio. Hanno chiesto l’aiuto di IMG Endeavor. Una cosa che accade senza che il pubblico ne abbia la percezione: ogni giorno, da un quarto di secolo, negli uffici di una società quasi sconosciuta, chiamata IMG, si decidono le sorti dello sport mondiale: il padel diventa disciplina olimpica e la boxe invece ne resta esclusa. IMG decide tutto, perché ha l’esclusiva del marketing sulle olimpiadi, sul calcio internazionale e sulla distribuzione televisiva di oltre 2000 eventi sportivi di rilevanza mondiale e di oltre il doppio di competizioni di interesse nazionale.
IMG, parte del gruppo multinazionale americano Endeavor, decide che il motociclismo, in cui gareggiano oramai quasi solo italiani e spagnoli, continui ad andare in TV. Rappresenta i diritti di migliaia di sportivi delle più disparate discipline, curandone gli interessi al di là dei procuratori – non si cura solo di far loro guadagnare molto, ma anche di costruire intorno a loro una competizione che ne esalti il valore mediatico – una strada indicata oltre mezzo secolo fa dal wrestling e che, inarrestabile, si sta estendendo a tutte le altre discipline: basta vedere l’effetto di Leo Messi sul campionato di calcio americano. L’Inter Miami di David Beckham è ultima in classifica, poi arriva Messi, trotterellando, senza che chicchessia si azzardi a dargli una spallata per portargli via il pallone – e segna almeno due gol a partita.
IMG si arrabbia perché non le lasciano fare la superlega europea? Ed allora spostiamo la montagna a Maometto: portiamo i migliori giocatori del mondo a giocare in Arabia Saudita. Perché, ogni tanto, IMG si innamora di un progetto, basandosi su un unico criterio: una disciplina, per quanto strana, quanti spettatori muove? Quale è la sua spettacolarità se teletrasmessa? Quanti sponsors garantisce? Non mi fraintendete: non sono qui a difendere la gloria della lotta greco-romana, capisco benissimo l’appeal del kick-box; la Formula Uno elettrica mi innervosisce (a causa del rumore) ma è noiosa esattamente quanto quella con i turbo di Verstappen e Hamilton.
Qui siamo di fronte all’ennesimo cambio strutturale profondo di ciò che avevamo considerato bello ed immutabile: la popolazione mondiale segue ciò che percepisce affine – ed all’inizio questo era la squadra locale, non importa se forte o debole. Poi siamo passati a generazioni che tifano per chi vince (e quindi deve continuare a vincere a qualunque costo, come dimostrano le regole finanziarie della UEFA e della FIFA che proteggono i club ricchi contro quelli più deboli. Ora stiamo passando alle partite apertamente pilotate – come il wrestling. La scommessa di IMG e della monarchia saudita è che una lega folle di vecchietti, in cui Cristiano Ronaldo faccia gol anche dopo l’andropausa sia appetibile, verrà comprata dalle TV di tutto il mondo, ed avrà fan di club che oggi fanno ridere e che non si scontreranno mai con quelli dei campionati veri.
È un esperimento. Come molti degli esperimenti degli amici di Elon Musk – già, perché il fondatore e capo di Endeavor, Ari Emmanuel, è anche uno dei suoi amici più fidati. Se, come credo, improvvisamente vedremo youtube pullulare di gol d’Arabia e le TV private offrirne le partite in diretta, allora sapremo che avevo previsto il giusto.
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