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I fratelli rosselli, dioscuri della resistenza clandestina

16 Giugno 2024

I primi di giugno segnano il crinale meteorologico e astronomico che nessuno immaginerebbe mai di ricordare segnato dalla crudeltà e lordato di sangue. Il 10 giugno 2024 si è tinto di un passato che, dopo cento anni, resta torvo per l’assassinio di Giacomo Matteotti. Il socialista che è in me piange il giovane avvocato di Fratta del Polesine, ucciso brutalmente, ancor peggio trattato come corpo spoglio gettato in un cespuglio di Riano Romano. Ma sempre il socialista che è in me, ricorda un altro 9 giugno quando, a Bagnoles-de-l’Orne, in Bassa Normandia due fratelli furono brutalmente accoltellati in terra straniera. Carlo e Nello Rosselli hanno posto le basi del secondo Risorgimento italiano, basi politiche, filosofiche, sociali, umane e morali della Resistenza. La coincidenza del 9 giugno ci permette di ricordarli, abbinandoli, come pochissimi hanno fatto, in una triade di martiri che solo pochi anni dopo sarebbero stati raggiunti da tanti altri martiri caduti per mano nemica sulle Montagne della Resistenza.

Ma c’è dell’altro. Carlo è spesso identificato come uno dei due Dioscuri del socialismo italiano, l’altro Nello, fratello più piccolo, è forse meno noto. Nacquero in un contesto di intellettuali della sinistra ebraica, la madre era una Pincherle, zia di Alberto Moravia. Vissero in un humus  fiorentino fertile e forse tra i primi focolai antifascisti dell’epoca, l’altro era Torino con gli scritti del precocissimo Piero Gobetti. In quel contesto si sviluppò il rapporto con Gaetano Salvemini, il gigante del Socialismo riformista, il quale da uomo del Sud- nacque a Molfetta nel 1873-, tendeva ad una politica ancillare alla soluzione delle tristi condizioni del meridione di cui si fece interprete ben prima dei movimenti operai di Giuseppe Di Vittorio e della rivoluzione culturale del Codice di Camaldoli che Pasquale Saraceno applicò poi nel dopoguerra con i primi provvedimenti economici al Sud.

Scrive Nicola Tranfaglia “…il lavoro giovanile di Rosselli – che aveva alle spalle, fra l’altro, l’occupazione delle fabbriche – appare segnato da varie tensioni: l’interesse diviso fra aspetti teorici e questioni contemporanee, l’accettazione della lotta di classe e un certo fondo elitista, la predilezione per un sindacalismo riformista sul modello britannico e il fascino del sindacalismo rivoluzionario, Sidney e Beatrice Webb e Georges Sorel (e tuttavia distante dai miti di questi, lo sciopero generale e le minoranze trainanti), ma anche Ivanoe Bonomi ed Eduard Bernstein. Poco Marx, per Carlo, favorevole ad alleanze di classe, e insoddisfatto da una visione determinista del processo politico e da una interpretazione materialistica della storia. Era già evidente nel suo esordio scientifico «quella che sarà una costante del temperamento politico di Rosselli, la volontà cioè di conciliare in una nuova sintesi idee e motivi provenienti da concezioni politiche differenti» (Tranfaglia, 2010, p. 55).

L’amicizia, il rispetto, certo reciproco, non impedirono a Salvemini osservazioni critiche sul concetto che il Rosselli formulò di “socialismo liberale”, per anni definito ossimoro non accettabile in quei tempi roventi di lotte socialiste, operaie e contadine che non potevano non antagonizzare un fascismo erede dell’appassito e forse decrepito liberalismo di facciata risorgimentale ormai appassita e fatto anche di misture corruttive e impresentabili figuri.

Ma Rosselli, con il concerto del fratello e la sua appassionata mano sulla spalla, fece di più. Identificò nella possibile convergenza politica antifascista delle classi, il metodo che diventasse arma da usare contro la dittatura. Quasi che pensasse che malgrado l’ossimoro, l’unico antagonista non potesse che essere, quasi antidoto, un liberalismo sociale, solidale, socialista. Il dibattito si inscrive poi nelle vicende del 1921, da Livorno fino all’uscita dei riformisti turatiani e la formazione del PSU. A Torino Rosselli incontra Piero Gobetti il quale intravedeva un lungo periodo buio di tirannide da radere al suolo, non per lenta erosione ma per lotta diretta, anche cruenta e senza prigionieri, mentre Carlo pensava a una risposta al tiranno nell’immediato. Il delitto Matteotti nel 1924 colpisce duramente anche il nostro ventitreenne che aderisce al PSU e, all’inizio del 1925 insieme a Nello e a Salvemini dà vita al foglio clandestino Non mollare, poi chiuso dagli squadristi.

Dopo aver favorito l’espatrio di Turati, dopo il confino a Lipari e Ustica, ripara in Francia e, assieme a Lussu, Salvemini, Alberto Tarchiani costituisce il movimento Giustizia e libertà (GL), organizzazione dalla connaturata scelta repubblicana e da una prospettiva insurrezionale, quindi non così accomodante. Ma i contrasti con Salvemini ne dettarono l’allontanamento di questi quando si profilò uno schema antifascista largo, dalla Concentrazione all’apertura ai comunisti.

La rottura con un passato moderato e forse incerto si nota da un passaggio di una lettera a Salvemini, che risale al febbraio 1936, nello scenario etiopico e della successiva proclamazione dell’Impero. «Noi siamo i fuorilegge, i traditori della patria fascista e anche della vecchia patria tout court» (Fra le righe, 2009, p. 269). Quell’anno John Maynard Keynes dà alle stampe la “Teoria Generale” con la sua svolta in tema di macroeconomia e ripudio dell’ancoramento alla moneta aurea, con il ruolo dell’investimento pubblico quale strumento di lotta al fallimento del monopolio e queste idee vengono recepite a Londra, in un suo viaggio, dallo stesso Rosselli. Lo raggiunge poi in Francia Nello e il 9 giugno vengono sopraffatti da un agguato di cagoulards, affiliati della “Cagoule”, gruppo eversivo della destra francese, verosimilmente assoldati dal fascismo italiano, come avvenuto per Matteotti, quasi una replica di quell’assassinio. Questa volta sono due, colpiti a morte con arma da fuoco, con una volontarietà spietata e predeterminata.

Non è solo la ricorrenza del 9 giugno a farci ricordare i Rosselli, quanto la loro appartenenza ad una famiglia ebraica “classe eletta” di alto rilievo morale e intellettuale, la loro ricerca costante della filosofia politica, dell’etica della governance, della ricerca di ogni possibile spunto per riaffermare i concetti di Giustizia senza la quale non vi è Libertà, come Piero Calamandrei scrisse in una sua mai dimenticata opera. L’intellettualità scientifica al servizio della politica. Matteotti è in ottima compagnia!

Biblio

Moretti M. Carlo Rosselli. Treccani 2017

Per i carteggi: Dall’esilio. Lettere alla moglie 1929-1937, a cura di C. Casacci, Firenze 1997; I Rosselli. Epistolario familiare 1914-1937, a cura di Z. Ciuffoletti, Milano 1997; e il fondamentale Fra le righe. Carteggio fra C. R. e Gaetano Salvemini, a cura di E. Signori, Milano 2009.

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