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Finiva un mese fa lo Sponz Fest 2019, non distruggete la biblioteca di Babele

25 Settembre 2019

Ieri leggevo un articolo, su un racconto di Borges. Descriveva quel marchingegno di fantasia che è ‘La biblioteca di Babele’, uno dei racconti contenuti nella sua raccolta Finzioni. Un pezzo visionario in cui, in pochi passaggi, Borges riesce a descrivere perfettamente un luogo che contiene tutto, e in cui ogni stanza rimanda tramite una scala elicoidale alle altre sale della biblioteca, un posto pieno di libri tutti uguali, tutti della stessa misura, tutti frutto del medesimo concetto di serialità. Un posto pieno di mistero, fuori dal quale esiste solo l’insondabile. Mi è venuto facile accostare tutto ciò che appare in questo racconto all’esperienza dello Sponz Fest concluso giusto un mese fa e trovare tra queste due dimensioni alcune analogie che pescano in particolare nella mia esperienza personale legata a questo evento. Sono congetture che riporto, in parte, nella stessa forma in cui Borges le ha redatte descrivendo, appunto, la biblioteca di Babele. E sono spunti di riflessione nati sulla scorta della paura che questa possa esser davvero l’ultima edizione dello Sponz.

Primo: lo Sponz esiste ab aeterno, perché è qualcosa di fortemente organico rispetto al territorio su cui insiste. E’ un evento che non finisce e non può finire, e come tutti gli anni c’è la grandiosa difficoltà, almeno per me, di raccontare la domenica finale dello Sponz, evento che sembra sempre chiudersi con il concertone del sabato di Vinicio, ma che eloicoidalmente la domenica dopo la festa nel vallone cupo sale a un livello superiore, aprendo nuove sale di cui si riesce a percepire per il momento solo l’odore.

Secondo: il numero dei giorni dello Sponz è sette, e meno di così non potrebbe essere. C’è in questo un richiamo forte alla singolarità del quotidiano e alla rotazione delle stagioni, all’alternarsi delle cose nella creazione, alla ferialità e alla festività. C’è un mondo immaginato, il mondo per come potrebbe essere, dentro le giornate dello Sponz, e questa è una delle migliori provocazioni che abbia mai visto. C’è una natura informe e caotica nella nostra esistenza di uomini, e lo Sponz è attuazione e specchio coerente di questo stato di realtà.

Terzo: lo Sponz, come tutto ciò che ci circonda, è sostanzialmente impenetrabile. Noi tutti abbiamo la superstiziosa e vana abitudine di ricercare sempre un senso nelle cose, in quello che facciamo e in ciò che vediamo, ma spesso dobbiamo ammettere che tale operazione di ricerca può non essere univoca, ovvero a un oggetto che si da alla nostra osservazione possono corrispondere più significati. Ecco, posso garantire che lo Sponz è esattamente lo specchio dentro cui si riflette quella realtà multiforme dentro cui siamo immersi.

Quarto: la legge fondamentale dello Sponz è la dissipazione. E’ evidente che nel corso di ogni Sponz, e delle varie edizioni di esso, non vi sono due sole giornate identiche, due sole albe identiche. Lo Sponz, quindi, è un evento totale, e in quanto totale inenarrabile per la vastità dei contenuti e delle prospettive che apre. E’ come un gioco degli specchi a cui i canoni della cronaca giornalistica mal si adattano. E’ uno stato di immersione che difficilmente può essere raccontato per parole e immagini, ed è qualcosa che difficilmente potrebbe rappresentare persino la migliore macchina cinematografica.

Quinto: lo Sponz è una creatura dalla natura labirintica. Avrete capito che questo evento assume molta della sua struttura dalle caratteristiche di Calitri, il paese in cui sono state ambientate tutte le edizioni. Un paese dall’architettura cuneiforme, fatta di vicoli e stradette, passaggi e scalette, un posto in cui si può continuare a girare senza trovare mai una fine e allo stesso tempo senza poterne sancire l’inizio. Un luogo che è mistero e poesia al tempo stesso. Un posto che trae molte delle sue usanze dai tempi della vita contadina, una specie di infinita biblioteca di Babele, in cui il significato delle cose ripone nella speranza della stagione presente, ma soprattutto di quella che verrà, e in cui la socialità si nutre di tavole e bicchieri sempre da consumare insieme, un mondo il cui il cibo condiviso è rito fondante. Un posto in cui la relazione assume contorni diversi da ogni altrove, e in cui merita rimanere, come la biblioteca di Babele.

Quindi non distruggete, per favore, la biblioteca di Babele.

Foto credits: Giuseppe Di Maio

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