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È il sovvertimento delle gerarchie. Cronache dallo Sponz Fest, giorno uno
Rompete le righe. Oggi qui non succede niente, si comincia e ci si riposa. A fare un giro nello stanze dello Sponz Office si direbbe che l’atmosfera è frenetica, ma calma. Come se tutto fosse appena finito, quando invece tutto deve ancora cominciare, e quella lunga sfilata di nomi annunciati già da domani fosse già passata sotto l’arco di Zampaglione, sfilando via lungo il sentiero di rovi della Cupa. Per tornare a casa. E stasera di dovesse solo procedere a fare ordine e a tirare le fila del discorso. È il giorno dei curiosi, di coloro che alla fine di una settimana come quella che sta per finire, o per cominciare, restano ancora un po’ per bighellonare e guardarsi intorno, per inventarsi qualche gita e trovare qualche ristorante che metta un punto fermo sull’orizzonte mai sazio dell’appetito. È il sovvertimento delle gerarchie, e di due in particolare. Del centro sulla periferia, della città sulla campagna, del mondo civilizzato su quello rurale, dell’incolto sul coltivato. E dell’ordine del tempo. È il ritorno degli hippie, intesi come coloro che sono disposti a mettere in discussione tutto per dare un senso a tutto. È il trionfo di una nuova hippie generation che sta per ricominciare da capo con il lavoro e con lo studio, con il dolce far niente, con il mondo, con la pace e con la guerra, e che grande cavolata è sempre la guerra. Peccato che tutto questo stia per finire, peccato che sia proprio l’ultimo giorno. È tutto esaurito. Da Conza, ad Andretta, fino a Calitri, non si riesce a trovare un buco dove posare la capa. È l’ultimo giorno ma sembra il primo, il creatore riposa, ciò che ha fatto lo ha fatto bene, talmente bene che vorrebbe ricominciare da capo, e per scherzo magari ci riesce anche, e tutto potrebbe davvero ricominciare, come fosse il primo giorno.
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