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Dante 2021

11 Marzo 2021

Quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e si moltiplicano, nell’intero Paese, le iniziative dedicate al sommo poeta della letteratura italiana.

La principale tra queste iniziative si tiene nella sua Firenze e si chiama semplicemente Dante 700. Si tratta di una serie di eventi che accompagneranno la città per l’intero anno, tutti dedicati a Dante. In Italia ci sono tanti altri municipi che hanno pianificato iniziative simili per celebrare la ricorrenza.

Ma ha davvero senso dare ancora tutta importanza all’Alighieri nel 2021?

L’immortale Commedia

La domanda è volutamente retorica. Naturalmente ha ancora senso leggere Dante, come lo avrà per sempre vista la magnitudine della sua opera prima: la Divina Commedia, pietra angolare e colonna non solo della letteratura ma di quella che è la cultura italiana a tutto tondo, nonché componente insostituibile della cultura umanistica europea e, dunque, mondiale, dal momento che negli anni della sua uscita buona parte del mondo come lo conosciamo oggi era ancora largamente sconosciuta. La Commedia non ha fatto il suo tempo e, probabilmente, non lo farà mai. Le motivazioni ce le spiegava l’insegnante e saggista Claudio Giunta già nel 2015.

I motivi elencati da Giunta per continuare, con la stessa forza di sempre, a leggere la Divina Commedia sono tutti rintracciabili nel suo articolo. È a mio avviso importante riportarne alcuni anche qui, prima di proseguire.

Innanzitutto, naturalmente il testo è scritto in versi. Davvero al giorno d’oggi vogliamo leggere un simile volume integralmente organizzato secondo le regole della poesia? Le rime vanno bene per una canzone o un breve testo, non certo per un libro composto da 100 canti. Come sosteneva Edgar Allan Poe, una poesia deve essere lunga non più di una pagina, in quanto devo leggere la raccolta tutta assieme, senza alcuna interruzione temporale. Molti contemporanei sono d’accordo con questa affermazione e potrebbero essere scoraggiati dal dover affrontare l’intera Commedia, così lontana dai gusti letterari di oggi. Sbaglierebbero, naturalmente, perché quando hai a che fare con un racconto così strabiliante, la forma non è poi così importante. Cambiamo punto di vista, apprezziamo che Dante abbia scelto di utilizzare con maestria, nel suo capolavoro, tutte ciò che, de facto, rende la poesia poesia.

In secondo luogo troviamo la distanza tra la visione del mondo di Dante e quella di noi uomini del 2021. Nulla o quasi è rimasto come nel ‘300. L’idea stessa di quell’esistenza è oggi enormemente superata. Tanto le riflessioni sui massimi sistemi quanto la quotidianità della vita sono lontanissime, distanti anni luce, dato il progresso tecnico e tecnologico e tutto ciò che esso ha comportato negli ultimi decenni. La celeberrima selva oscura con cui si apre la narrazione è qualcosa che molti abitanti delle metropoli di oggi fanno fatica ad immaginarsi, non avendo neppure mai visto un bosco che possa davvero definirsi tale. Lo stesso verbo smarrire, associato dal sommo alla retta via, ha un significato diversissimo oggi rispetto a 700 anni fa. Non avevano navigatori sul proprio smartphone, i coevi di Dante. Come non parlare poi della fede. Nel mondo dantesco Dio non era messo in dubbio, la sua esistenza e il rapporto privilegiato che Egli aveva con l’umanità erano una certezza per chiunque, praticamente. Nel nostro tempo, la fede è vissuta con molto più distacco, anche da chi si definisce un credente. Dunque che ci azzecchiamo noi oggi con la Divina Commedia? Non più di quanto lo facciamo con ogni libro scritto nell’antichità, nel medioevo o comunque secoli addietro. Veramente dobbiamo porre una data di scadenza alla letteratura? Sta al lettore immergersi all’interno della vicenda narrata, indipendentemente dall’epoca in cui essa sia ambientata. Ciò vale tanto per le storie realiste che s’impongono dal ‘700 in avanti quanto per i testi che le hanno precedute.

Foto di Artiom Vallat per Unsplash

Il principale ostacolo alla lettura del volume, però, potrebbe essere un terzo, che richiama soltanto in parte quanto abbiamo appena visto. Oltre a raccontare incontri, persone e situazioni così lontane da noi, la Divina Commedia è infatti anche piuttosto difficile da leggere, e non solo a causa della sua struttura in versi. Per riuscire a comprendere quel di cui si parli infatti occorrono un buon commento o un’enciclopedia – cartacea o virtuale – davvero completa. Molti dei rimandi che Dante fa, ad esempio, alla mitologia classica, sono infatti roba vecchia anche per i suoi contemporanei. Proprio per questa ragione già da pochi anni dopo il decesso dell’autore si cominciarono a comporre eruditissimi commenti, sul solco di quelli che venivano già dedicati alla Bibbia o ai classici aristotelici, non certo a opere scritte nell’ultimo ventennio. Nelle terzine della Commedia troviamo rimandi a fatti di cronaca locale o alla vita privata dello stesso autore che difficilmente potevano essere chiari a chiunque non lo conoscesse o non bazzicasse la Toscana dell’epoca. Dante lo fa con leggerezza, come se tutti ne fossero edotti o, più semplicemente, non gli preoccupa affatto di farsi capire. Le moltissime cose di cui il sommo parla nel testo possono essere slegate, disunite e, dunque, estremamente confusionarie. A scuola spesso questo non si dice, per evitare di spaventare gli studenti. Per apprezzare la Commedia, bisogna fare un pò di fatica.

Una grande opera d’arte

Aldilà dei ragionamenti scritti or ora – e dei numerosi altri che Giunta e tanti suoi colleghi potrebbero aggiungere alla mia selezione – ci sono motivi lampanti per cui la Divina Commedia resta ancora uno di quei classici immortali, senza tempo. Secondo Marco Grimaldi, l’autore di Dante, nostro contemporaneo, ci troviamo di fronte ad una opera d’arte perfettaIl mondo creato da Dante, per quanto indubitabilmente fantastico, è infatti del tutto verosimile oltre che coerente nel suo funzionamento. Tanto che a leggerlo ci si scorge del realismo. La lingua di Dante è ancora, fondamentalmente, la nostra lingua e la sua visione, così credibile, finisce per essere ritenuta la fondazione della nostra letteratura, di tutto quello che abbiamo saputo produrre in seguito.

Non esageriamo nel distanziare Dante da noi uomini di oggi. Le nostre emozioni e sensazioni sono ancora le stesse descritte nel suo testo. Il sistema di idee interno al quale Dante colloca la maggior parte di quei personaggi con cui si intrattiene nell’Inferno è molto lontano dalla forma mentis del nostro millennio – e su questo siamo d’accordo – ma chi di noi può dirsi non coinvolto dal canto di Paolo e Francesca? L’irrazionalità dell’amore e l’impossibilità di resistere al desiderio non sono presentissimi anche nella nostra epoca?

Emozioni, natura, storia, idee; Dante è capace di farci vedere tutte queste cose come se davvero le avesse incontrate vagando nell’aldilà al fianco di Virgilio prima e della sua amata Beatrice poi.

Petrarca disse che la Divina Commedia è la storia dell’umanità intera poiché tutti i futuri lettori avrebbero potuto ritrovare nel suo viaggio la storia del loro peregrinare. Difficile dargli torto. Forse davvero Dante riuscì a prevedere come il suo testo avrebbe causato un meccanismo di riconoscimento nei posteri, come suggerisce Grimaldi. O forse non lo fece affatto. Comunque sia andata resta difficile negarne il genio e trascurare la potenza del suo testo. Ieri come oggi come tra 100 anni.

La statua di Dante in Piazza Santa Croce, a Firenze. Foto di Daniela Ramirez Manosalva da Pixabay.
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