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Cristicchi: “Vi presento il mio Narrastorie, un pronto soccorso spirituale”
Dal 19 al 25 agosto ad Arcidosso (GR) torna Narrastorie, il “Festival del Racconto di strada” ideato da Simone Cristicchi, realizzato dal Comune, dalla Pro Loco e dal Centro Commerciale Naturale di Arcidosso con l’organizzazione generale di Cristina Piedimonte. Giunto alla sua quarta edizione, il festival toscano si apre quest’anno ai temi dello spirito, al senso del sacro e della filosofia, con una ricca offerta di eventi – in molti casi a ingresso gratuito – che spaziano dagli spettacoli serali agli incontri “spirituali e filosofici” del pomeriggio, fino ai laboratori tematici e ai concerti per bambini, per un’esperienza inclusiva e aperta a un pubblico di tutte le età. Proprio sui temi dello spirito e del sacro abbiamo intervistato Simone Cristicchi che ci ha raccontato una serie di cose molto interessanti sul futuro che ci aspetta.
Il tuo Festival Narrastorie si pone un obiettivo ambizioso: ristabilire un equilibrio tra spirito e materia, perché secondo te è importante lavorare oggi su una cosa di questo tipo?
I grandi mistici di tutti i tempi sostengono che l’evoluzione dell’uomo si raggiunge solo attraverso il perfetto equilibrio tra Spirito e Materia, che vuol dire essere nel mondo materiale, e nello stesso tempo sentire di appartenere all’invisibile, all’eterno: operare “nel” mondo, ma non essere “del” mondo. Il mistico arcidossino David Lazzaretti tradusse questo concetto nella realizzazione della “Società delle Famiglie Cristiane”: una tentativo di costruire un paradiso in terra, che miseramente fallì per i soliti problemi legati all’invidia e all’egoismo dell’essere umano. Oggi più che mai, si percepisce la spinta di forze contrarie al Bene, che rendono necessaria una riflessione profonda sull’uomo, un desiderio di discernimento che porti a ristabilire un nuovo ordine di priorità. Si tratta quindi di riscoprire una radice comune, in grado di farci sentire parte di un progetto più vasto, e interroghi l’interiorità a partire dalle domande fondamentali dell’esistenza. Cosa siamo diventati? Chi siamo veramente e in che cosa ci stiamo trasformando? Ma soprattutto, a chi stiamo delegando la nostra realizzazione? Credo che prima di affrontare questi temi cruciali sia necessario innanzitutto tornare a dei ritmi più lenti, far tacere il frastuono che abbiamo dentro e fuori di noi, ritrovare spazi di silenzio, isole di pensiero che permettano di ricominciare. In questo senso, la quarta edizione di Narrastorie intende essere un laboratorio, un “Pronto Soccorso Filosofico” e spirituale, dove dare voce alle domande di una nuova umanità in cammino.
I punti cardine delle vita di ogni uomo sono felicità, dolore, bellezza, giusta concezione della vita e della morte, cosa ti ha portato a elaborare una riflessione su queste cose, riflessione che ritroviamo anche nelle tua canzoni e comunque nella tua opera?
Sono molto cambiato, grazie ad alcune esperienze personali e a certi incontri straordinari che mi hanno aperto strade inesplorate. Ora è tempo di restituire tutto quello che ho ricevuto, e lo faccio in forme diverse, con un grande rispetto per chi crede in me e scommette nelle mie idee. Negli ultimi anni del mio percorso, ho avuto sempre maggiore consapevolezza del mio ruolo, e di quanto l’Arte possa contribuire a smuovere le acque, a toccare i cuori e le coscienze. Sento moltissimo la responsabilità del microfono, strumento diabolico e nello stesso tempo potentissimo, attraverso il quale veicolare messaggi importanti. Ho capito che oggi i grandi numeri non valgono niente, e che se voglio spargere dei semi di bellezza non è necessario scalare classifiche, ma puntare a qualcosa di più profondo e durevole. Da qui nasce la voglia di condividere con gli altri, di creare una rete di persone sulla stessa lunghezza d’onda, di “contarci” – nel senso di capire quanti siamo, e contare uno sull’altro. Quando senti di essere a un crocevia personale e globale di grande cambiamento, affrontare i temi fondamentali dell’esistere, è qualcosa che viene naturale. Di cos’altro vogliamo parlare?
Hai scelto come contesto per il tuo Festival Arcidosso, un paese vicino all’Amiata, che conta poco più di 4.000 abitanti, perché proprio lì?
Il Sindaco di Arcidosso Jacopo Marini, quattro anni fa mi propose di portare una mia proposta culturale , dandomi carta bianca per una settimana. Frequentavo il territorio amiatino da tempo, avendo lavorato con il Coro dei Minatori di Santa Fiora, e realizzato uno spettacolo e un romanzo sulla figura del mistico David Lazzaretti. Così, abbiamo trasformato Arcidosso in un’”isola di racconti”, un approdo per cercatori di bellezza, un veliero che naviga controcorrente. La rocca aldobrandesca, il borgo antico, la pieve di Lamula, la cascata d’acqua d’alto e il parco faunistico sono luoghi di grande suggestione per gli spettacoli del festival, per lo più a ingresso gratuito. Ho pensato il festival anche per i bambini, che diventano protagonisti di tutti i pomeriggi, con laboratori e spettacoli a loro dedicati, grazie alla Liberia Il Soffiasogni e l’Associazione Culturale Chissàdove. Con gli anni, il pubblico ha imparato a fidarsi, gli artisti – da Marco Paolini a Paolo Rossi, Moni Ovadia, Ascanio Celestini, Mogol – aderiscono con entusiasmo al progetto, e noi sentiamo di realizzare insieme qualcosa di necessario e importante.
Nel programma che propone il Festival sono molti gli spunti derivanti dalla religione cristiana, in particolare con la presenza della Fraternità di Romena e con il richiamo all’esperienza di Don Lorenzo Milani: in un periodo di forte disorientamento collettivo cosa può insegnarci il messaggio cristiano e la buona novella evangelica?
Gli insegnamenti di Gesù di Nazareth non sono per i cristiani, ma per il genere umano. Così come le intuizioni del Buddha, spogliate dell’incenso e della devozione religiosa, hanno un germe di universalità che tutti possono cogliere. Il messaggio rivoluzionario del cristianesimo credo sia “prendersi cura”: di noi stessi, del prossimo e dell’ambiente. Ma per prendersi cura, prima bisogna conoscersi, entrare in noi stessi, purificarci da ciò che inquina la nostra anima. In un secondo tempo, tornare nel mondo. Mi piace la parola “attenzione”, che vuol dire sia non lasciarsi addormentare, restare vigili, che uscire fuori dalla prigione del proprio ego, guardare fuori da sè. Nel Dhammapada c’è questa frase: “Gli attenti non muoiono mai. I disattenti sono come già morti.” A Narrastorie puntiamo molto su questo tema dell’attenzione, come atto pacifico di ribellione a un mondo che ci vuole addormentati e più gestibili. Ma per essere attenti, il primo passo è rallentare, camminare a piedi.
Tra le tante cose che saranno proposte dal 19 al 25 agosto c’è anche la processione della Madonna dell’Incoronata, che senso continuano a avere secondo te queste forme di partecipazione collettiva a livello religioso?
Le statistiche ci informano che le chiese sono sempre più vuote, eppure il momento di preghiera individuale è in crescita. Da questi dati si evince che esiste una sete di spiritualità realizzata e praticata, più che rappresentata in una liturgia stanca e priva di comunicativa. Eppure, “Il futuro ha un sapore antico”, diceva Carlo Levi. La processione ha un’atmosfera magica in grado di attrarre anche i non credenti. È una cartolina di un passato che non c’è più, ma che mantiene la sua credibilità, perché resta uno dei rarissimi momenti in cui la comunità si ritrova, un momento sacro e in un certo senso “teatrale”. Queste forme di liturgia, ormai resistono solo nei piccoli centri, nei paesi. In questo senso, Narrastorie si sposa benissimo con questa espressione di religiosità popolare, capace di mantenere viva una tradizione antichissima.
Quello che proponi è come fosse un evento-caleidoscopio in cui si indaga la natura dell’uomo nella contemporaneità che viviamo, alcuni addirittura parlano di antropocene per indicare questa nuova era geologica in cui l’uomo è il dominus incontrastato della natura: provi a descriverci l’uomo che abbiamo davanti, ma soprattutto ci piacerebbe sapere se la sua storia, quella dell’uomo, avrà un lieto fine?
In un certo senso, stiamo attraversando il deserto. Tutto sembra procedere con estrema velocità, ma siamo fermi sullo stesso punto. Abbiamo il mondo a portata di mano, ma non sappiamo cosa farcene. Dietro di noi c’è una forma di mondo al collasso, che non funziona più; e i segnali di cortocircuito ci arrivano non solo dalla cronaca, ma dall’economia, dalla sociologia, dall’antropologia, dalla psicologia, dalla crisi delle religioni. La parola “catastrofe” viene utilizzata come sinonimo di distruzione, invece significa “cambiare direzione” “rovesciare”. L’apocalisse è il luogo della presa di coscienza, ma anche il momento della spinta per andare oltre. Nel momento in cui tutto sembra perduto, quando le certezze crollano, sono convinto che l’uomo andrà a cercarsi la sua coordinata originaria, riscoprendo la sua capacità di vivere in sintonia con l’universo. Per questo credo che dopo questa fase di grande smarrimento, ci sarà un ritorno all’essenza delle cose. Torneremo a guardarci negli occhi. Torneranno i ragazzi fuggiti all’estero in cerca di futuro. Torneranno a ripopolare i paesi abbandonati, e a ridare vita a luoghi fantasma. C’è un’enorme patrimonio di bellezza a cui si può attingere, per sentirci parte di una comunità reale e non più virtuale. In questo senso, il teatro riesce ancora ad interrogarci e a riunirci come comunità, può essere davvero una sorta di riabilitazione, una prospettiva diversa da cui osservare il mondo con occhi nuovi.
IL PROGRAMMA
Si comincia il 19 agosto con la parola potente di Don Luigi Verdi e il suo invito a tornare umani: un gradito ritorno per l’ideatore della Fraternità di Romena, dal 1991 nell’omonima pieve di Pratovecchio (AR), un punto d’incontro per chiunque cerchi uno spazio semplice e accogliente dove rientrare in contatto con se stessi e, se vuole, con Dio, e di riscoprire il valore e la ricchezza delle relazioni attraverso corsi, incontri, momenti di preghiera e di festa.
In serata si prosegue con Mogol: il grande poeta della canzone incontrerà Simone Cristicchi in un’intervista esclusiva, raccontandosi al pubblico attraverso le canzoni memorabili e gli artisti che hanno segnato la storia della musica italiana. Ad accompagnarli Riccardo Ciaramellari al pianoforte e Giuseppe Tortora al violoncello.
Il 20 agosto sotto la scenografica Cascata dell’Acqua d’Alto, l’attore Luigi D’Elia narrerà la straordinaria rivoluzione di Don Lorenzo Milani con “Cammelli a Barbiana”, uno spettacolo che ne analizza la figura dal punto di vista dell’uomo, del sacerdote, dell’insegnante nonché dell’appassionato esploratore di montagne, ripercorrendo l’esperienza educativa e spirituale intrapresa dal prete toscano fra il 1954 e il 1967 a Barbiana – frazione di Vicchio (FI) – e sintetizzata splendidamente nel motto “I care”.
La sera invece Valentina Lodovini, attrice contesa dal piccolo e grande schermo, sarà protagonista di “Tutta casa, letto e chiesa”, storico testo di Franca Rame e Dario Fo e straordinario manifesto sulla condizione della donna. Un copione ironico e incredibilmente attuale con cui l’attrice sta riscuotendo il plauso di pubblico e critica.
Il pomeriggio del 21 agosto Pino Doden introdurrà il pubblico alla “Via dello Zen” con una lezione sul sentiero spirituale di matrice buddhista, mentre in serata Moni Ovadia, attore e narratore, avrà “Carta Bianca” per intrattenere il pubblico con riflessioni, letture e storielle. A seguire ci sarà il primo dei due appuntamenti di Narranotte: nella corte del Castello l’attore Ariele Vincenti, formatosi alla prestigiosa scuola del Teatro Azione di Roma, presenterà il suo nuovo spettacolo “Il Baule del Tempo”.
Il giorno successivo, il 22 agosto, Marco Guzzi proporrà una riflessione sul tema della gioia, alla luce dell’esperienza del movimento culturale “Darsi Pace”, che si esprime attraverso Gruppi di liberazione interiore in cui la fede cristiana viene rilanciata come esperienza concreta e costante di nuova nascita. Seguirà poi Andrea Rivera, geniale esponente del Teatro-Canzone à la Gaber, che proporrà i suoi monologhi dal sapore tragicomico. Nella fascia di Narranotte, infine, lo scrittore di viaggi Alberto Cancian guiderà il pubblico nei meandri più profondi dell’Amazzonia con “The Journey of Joy – Il viaggio della felicità”.
Il 23 agosto Guidalberto Bormolini indagherà “L’ingresso nel mistero” e su come la meditazione cristiana possa aiutare a vivere a fondo anche il momento cruciale del passaggio a un’altra vita.
Subito dopo, la Banda La Castigliana e la Corale sarda di Buddusò accompagneranno la tradizionale processione della Madonna dell’Incoronata, a cui seguirà uno spettacolo pirotecnico.
Narrastorie è anche un’indagine sull’anima del territorio che lo ospita: con la scrittrice e ricercatrice grossetana Claudia Cinquemani sabato 24 agosto la Maremma sarà oggetto di un viaggio affascinante all’interno delle sue leggende, mentre la passeggiata mattutina con racconti di Mario Malinverno farà scoprire le bellezze naturali che circondano Arcidosso.
La serata sarà affidata a una delle voci più intense della musica italiana: Arisa, vincitrice del Festival di Sanremo 2014, che rivisiterà il suo repertorio in un concerto esclusivo per voce e pianoforte, accompagnata dal M° Giuseppe Barbera.
L’ultima mattina del festival, domenica 25 agosto, comincerà con la prima edizione della corsa ciclistica il “Giro della Farfalla” mentre la seconda parte della mattinata avrà come protagonisti i cani, con un laboratorio per bambini a cura dell’educatore cinofilo Gianni Casciano e una sfilata canina al Parco del Pero. Altra protagonista della giornata sarà la Corale di Buddusò che animerà la Messa delle 11.30 e la Rassegna di Corali a Piazza Indipendenza delle 16.30, per chiudere la giornata e il festival con un concerto dopo la cena sarda organizzata dall’Associazione Aldobrandesca delle 19.30.
(Creditis foto: Ambra Vernuccio)
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